“Fernweh”: l’arte come nostalgia di un altrove ideale

Casa degli Artisti ospita il secondo atto del progetto "Fernweh" tra Milano e Berlino

Fernweh
Roberto Casti ARIA (composizione II) a_ph. Tiziano Ercoli e Riccardo Giancola

La Casa degli Artisti di Milano, fulcro di residenza, produzione e fruizione artistica, prosegue il suo percorso come luogo interdisciplinare aperto al dialogo tra arte e società. Con un approccio internazionale, la Casa intende connettere la creatività alla sfera pubblica e al contesto urbano, riaffermando la sua identità di bene comune.

È in questo spazio che si colloca il secondo atto di “Fernweh”, progetto espositivo che esplora il tema della fuga e della ricerca di un rifugio, concetti centrali nella contemporaneità urbana.

L’ispirazione letteraria: Joyce, Stendhal e il desiderio di evasione

Il titolo “Fernweh”, parola tedesca intraducibile che unisce “lontano” (fern) e “nostalgia” (weh), richiama il vuoto esistenziale generato dalla routine quotidiana e il desiderio di un altrove ideale. Friedrich Andreoni e Roberto Casti, i due artisti protagonisti, riflettono su questi temi ispirandosi alle atmosfere paralizzanti dei “Dubliners” di James Joyce e al privilegio immaginato da Stendhal: la capacità di essere trasportati, anche solo con l’immaginazione, in un luogo distante.

Dopo il debutto a Berlino nello spazio indipendente KA32, la mostra approda a Milano con nuove opere e installazioni che indagano il desiderio di evadere dalla frenesia metropolitana verso una dimensione personale e intima, reale o immateriale.

Le opere: un dialogo tra tecnologia e spiritualità

Friedrich Andreoni
Friedrich Andreoni. Photo Eugene I-Peng Tang

Friedrich Andreoni esplora il perpetuo e il metamorfico attraverso opere che evocano movimento, attesa e trasformazione. Tra le sue installazioni:

  • In mostra è presente anche I’m ready (2022), una ricetrasmittente radio, utilizzata dalle forze di sicurezza negli Stati Uniti, collocata a terra come fosse abbandonata. Il dispositivo riproduce in loop la registrazione audio di un musicista che pronuncia la frase “I’m ready” prima di iniziare a registrare un brano. La frase è diventata ormai un elemento distintivo nel gergo comune grazie alla cultura cinematografica e pop americana. Nei film, nelle serie TV e nei video musicali, questa espressione incarna un momento di tensione o di preparazione, spesso carico di aspettative. Ha assunto una valenza archetipica, rappresentando il passaggio simbolico tra l’attesa e l’azione, tra il potenziale e la realizzazione. L’espressione inglese, stigmatizzata, solleva la domanda: pronto per cosa? Un’aspettativa continua.
  • Segue l’opera Untitled (2022), tre fusioni in alluminio di piccole antenne chiamate in gergo “a pinna”, originariamente progettate per le automobili. Queste forme eleganti e aerodinamiche, generalmente utilizzate per la ricezione del segnale, vengono rimosse dal loro contesto funzionale e immaginate come oggetti scultorei. Installate in una disposizione minimalista, le fusioni evocano un senso di movimento e precisione tecnologica, mettendo in risalto la loro forma organica, simile a una pinna.
  • Conclude la serie di Andreoni Untitled (2024), la fusione in bronzo di una tipica antenna a frusta, flessibile e lunga, utilizzata nei convogli militari per comunicazioni radio a medio e lungo raggio. Quando il veicolo è in stazionamento, l’antenna viene sollevata in posizione verticale per massimizzare la capacità di trasmissione e ricezione del segnale radio. Durante il movimento del veicolo, invece, l’antenna viene inclinata e fissata con un cavo o un supporto elastico ancorato alla parte anteriore del mezzo. Andreoni fonde l’antenna nell’attimo di tensione, momento che protegge il dispositivo da possibili danni causati da vibrazioni e urti. Ne risulta una linea nello spazio, che ricorda quasi una scritta ma anche un ponte o l’inizio di un arco, quest’ultimo elemento caratterizzante della ricerca dell’artista.
Roberto Casti. Fernweh – /ˈfɛɾnˌveː/ – II Atto

Roberto Casti, invece, indaga i margini delle connessioni tra interno ed esterno, micro e macro, individuo e collettivo.

  • Nella serie Aleph (2023 – on going), iniziata durante il primo capitolo di Fernweh a Berlino. Per la realizzazione di queste opere, l’artista ha collezionato registrazioni sue o appartenenti ad amici provenienti da città lontane tra loro. Andando poi a modificarle e rallentarle fino a creare dei tappeti sonori ambient in cui ogni dato spaziale e temporale viene schermato. Le tracce sono solitamente riprodotte attraverso dei display che l’artista definisce non-oggetti, dei dispositivi che abitano i margini di qualsiasi ambiente domestico o commerciale. Utilizzando scatole di derivazione, tubi di scarico o dell’acqua e condotti per l’aerazione, strumenti funzionali che solitamente servono a nascondere dei “passaggi”, siano essi di energia, di aria o di informazioni. Servirsi di questi dispositivi come casse di risonanza anomale, l’artista mette in evidenza ciò che abita ai margini degli spazi quotidiani, re-interpretando le connessioni che legano l’interno abitativo all’esterno, il micro al macro, l’individuo al pianeta in cui vive. In stretta relazione con lo spazio di Casa degli Artisti, Roberto Casti proporrà una nuova versione di Aleph collaborando con Maya Aghniadis, musicista di origine Libanese che vive ad Atene, in Grecia. L’opera funge da cassa di risonanza per una composizione realizzata rallentando alcune registrazioni effettuate in Libano.
  • Della stessa serie fa parte anche l’installazione performativa Aleph (Milano-Berlino-Lisbona-Milano). Quest’ultima è una macchina da scrivere. Il pubblico può utilizzarla per contribuire a una lista di domande – iniziata in occasione della mostra di Berlino e poi continuata durante la residenza artistica Hangar a Lisbona – che riflettono sulla propria posizione nel mondo e nel proprio tempo storico. Il testo/opera in continua espansione è un dispositivo di consapevolezza spazio-temporale. Un tentativo di immedesimazione impossibile che sposta però l’attenzione dall’individuale al collettivo, presumendo un ribaltamento della propria condizione esistenziale legata alla sfera personale. Durante l’opening è prevista una performance/reading del testo.
  • Accompagnano i lavori appartenenti alla serie ARIA (2024 – on going) partiture caotiche realizzate attraverso una veloce traduzione in segno grafico del suono proveniente dall’esterno dello studio dell’artista. Roberto Casti scandisce con una grafite il tempo e i movimenti spaziali su tela o tessuto e, nel caso dei tendaggi, avviene una seconda e lenta lavorazione in cui i segni vengono ricamati. Il risultato è un apparente monocromo bianco che rivela la complessità dei suoi elementi compositivi solamente da vicino, ricordando un attimo di improvvisa rivelazione. Come quando si intravede il pulviscolo danzare in controluce accanto a una finestra.

Una riflessione sul presente

La curatela di Caterina Angelucci e Andrea Elia Zanini guida il pubblico in un viaggio attraverso installazioni, sculture e performance che pongono al centro il tema della paralisi e della fuga. “Fernweh” è un invito a interrogarsi sul nostro rapporto con il mondo, con la città e con noi stessi, cercando spazi di evasione che possano diventare rifugi per la mente e per l’anima.

La mostra è aperta al pubblico presso la Casa degli Artisti di Milano e rappresenta un’occasione unica per scoprire due visioni artistiche complementari che dialogano con il nostro tempo e con il desiderio universale di un altrove.

 

Casa degli Artisti

Milano, corso Garibaldi 89A/- via Tommaso da Cazzaniga

www.casadegliartisti.org   –   info@casadegliartisti.org

Opening

giovedì 23 gennaio h. 18.00