Il giovane non parla e sono molti misteri attorno alla vicenda
Fermato sabato scorso il responsabile del lancio di bottiglie molotov contro il consolato statunitense di Firenze, verificatosi nella notte del 1° febbraio. Si tratta di Dani Hakam Taleb Moh’d, 22 anni, cittadino italiano di padre palestinese con cittadinanza giordana e madre palestinese della Cisgiordania. Gli inquirenti hanno trovato il giubbotto nero e gli altri indumenti che indossava la notte dell’attentato, come ripreso dalle telecamere di sorveglianza della zona. Nel cellulare del giovane è stato trovato anche il video di rivendicazione, di cui sarebbe l’autore, che venerdì 2 febbraio è stato inviato, tra gli altri destinatari, in via telematica alla sede Rai del Tg della Toscana, al programma “Report” e al quotidiano online Firenzetoday. Due profili Facebook a nome “Dani Moh’d” ma privi di contenuto a parte un paio di foto e un canale Telegram denominato “The whole world is Hamas”, aperto il 1° febbraio, con poco più di una ventina di iscritti e dove sono presenti tre post in tutto, tra cui quello del video di rivendicazione e un paio di messaggi propagandistici dal linguaggio un po’ insolito.
Il modus operandi dell’attentatore, il lancio di molotov, non rispecchia propriamente le modalità del terrorismo di matrice islamista ed è invece perfettamente in linea con azioni violente di gruppi dell’estrema sinistra. Ciò non toglie che dal 7 ottobre in poi, durante le manifestazioni contro le operazioni militari israeliane a Gaza, estrema sinistra e reti palestinesi sono comparse fianco a fianco, non bisogna dunque sorprendersi su possibili analogie. Secondo quanto riferito da Repubblica, nel decreto di fermo viene citato il “sospetto di legami con una rete di fiancheggiatori di Hamas”. Dunque, il dubbio c’è.E’ possibile che l’arrestato abbia fatto tutto da solo? Se le immagini dell’attacco propendono per questa direzione, ben poco si sa sugli elementi che hanno portato Moh’d a radicalizzarsi. I messaggi pubblicati sul canale Telegram appaiono per modalità e linguaggio, come opera di un soggetto non inserito strutturalmente in Hamas. Non sembra certo un filmato confezionato dall’organizzazione terrorista palestinese. Il linguaggio utilizzato include una retorica classica della propaganda terroristica islamista e di estrema sinistra come le accuse di terrorismo al governo israeliano e a chi lo sostiene e il termine “resistenza” per indicare l’attività di Hamas.
Un elemento chiave è capire il percorso, magari anche brevissimo, che ha portato alla radicalizzazione di Moh’d e conseguentemente all’azione. È bene ricordare che sono numerosi i casi di soggetti radicalizzatisi in tempi ridotti e poi attivatisi, soprattutto in ambito ISIS. Il concetto del cosiddetto “lupo solitario” è in generale ben poco credibile perché approfondimenti su molti profili inizialmente definiti come tali hanno poi invece mostrato la presenza di interazioni con altri soggetti. La retorica utilizzata può indicare delle direzioni ed anche l’utilizzo di molotov, come già detto, è un elemento interessante. Insomma, è bene approfondire l’aspetto radicalizzante e i contatti del soggetto tratto in arresto per avere un quadro più chiaro del caso. Non bisogna poi sottovalutare a prescindere dal caso di Moh’d, l’eventualità di un possibile meccanismo di “franchising del terrorismo” come già avvenuto con l’ISIS. Nel canale Telegram creato da Moh’d si afferma “Non siamo Hamas ma siamo con Hamas…” Questo è un segnale inquietante in quanto presenta l’eventualità che individui o gruppi non appartenenti a Hamas possano attivarsi in proprio per colpire obiettivi ritenuti “nemici” e poi rivendicare in nome della causa di Hamas. E’ bene ricordare che subito dopo la reazione militare israeliana all’eccidio del 7 ottobre 2023, Hamas aveva annunciato in più occasioni il “venerdì della collera mondiale”. Non si può dunque escludere che vi siano soggetti o gruppi pronti ad attivarsi in nome o a fianco di Hamas, senza farne parte.
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