Formula 1, Grosjean riemerge dal rogo del Bahrain

Il pilota francese è uscito illeso dal pauroso incidente che l'ha visto coinvolto nel primo giro sul tracciato del Sakhir. Fondamentale è stato il dispositivo di sicurezza chiamato halo

Te li immagini invincibili, ma poi arrivano gare come quella del Bahrain a riportarti alla realtà. Attimi di paura e un primo giro da brividi a ricordarti quanto sia labile il confine tra questo sport e la tragedia. E ora per Romain Grosjean è più chiaro che mai. Dopo un contatto con Daniil Kvyat, il francese è uscito di pista andando a impattare contro le barriere di curva 3. Da lì un’esplosione terribile, si è temuto il peggio. La regia ha staccato le immagini dal luogo dell’incidente per qualche minuto, per poi inquadrare solo successivamente Grosjean illeso nella vettura del personale medico. Per tutti un sospiro di sollievo.

La dinamica dell’incidente

Allo scattare del Gran Premio del Bahrain, mentre i piloti davanti sono riusciti a sfilare senza problemi, la Haas di Grosjean è rimasta coinvolta nel “dribbling” delle retrovie. Il francese, non trovando spazio sulla sinistra, ha sterzato improvvisamente nella direzione opposta, toccando con la posteriore destra l’Alpha Tauri di Kvyat. E’ schizzato a una velocità di 221 km/h contro il guard rail. La sua  VF-20 si è letteralmente spezzata in due, all’altezza del serbatoio. Inevitabile l’esplosione, con il retrotreno rimasto nella via di fuga e la parte anteriore incastrata nella barriera. Impeccabile la lucidità e la velocità di reazione di Romain che è riuscito a liberarsi dalle lamiere dopo 28 secondi tra le fiamme. Così come è stato provvidenziale l’intervento immediato di Alan Van der Merwe, ex pilota e uomo della medical car, che insieme al personale FIA ha aiutato il francese a riemergere tempestivamente da quel rogo spaventoso. Un ruolo fondamentale in questa storia hanno anche avuto i dispositivi di sicurezza, tra tutti l’halo, il sistema HANS, la cellula di sopravvivenza e la tuta ignifuga.

Che cosa è l’halo

Negli ultimi anni la FIA si è spesa molto a favore dei dispositivi di sicurezza per ridurre al minimo i rischi in cui incorre un pilota in caso di incidente. Argomento di grande discussione è da tempo l’halo, un sistema di protezione per la testa dei piloti nell’abitacolo delle monoposto, introdotto ufficialmente dalla Federazione Internazionale nel 2018. E’ composto da una staffa in titanio che si congiunge in tre punti al telaio della vettura. Questo dispositivo ad aureola ha protetto e salvato la vita a Romain Grosjean, facendogli letteralmente da scudo alla testa, che altrimenti sarebbe andata a impattare contro la barriera. Ed è chiaro che, in assenza di questa soluzione, oggi avremmo raccontato una storia ben diversa.

Il pensiero a Jules Bianchi

Quando si parla di halo il pensiero porta inevitabilmente alla mente il ricordo di Jules Bianchi. Era il GP di Suzuka 2014, quando Jules rimase coinvolto in un terribile incidente. Perse il controllo della sua Marussia e andò a impattare contro una gru, che si trovava a bordo pista per rimuovere la vettura di Adrian Sutil incidentata nei giri precedenti. Morì il 17 luglio 2015, dopo 9 mesi di coma. La scomparsa della giovane promessa della Ferrari Driver Academy pose le basi per perfezionare ulteriormente il livello di sicurezza in pista e sulle vetture e portò all’introduzione del cupolino come strumento di protezione per limitare il più possibile le conseguenze che un impatto violento sul casco può avere. Una rivoluzione che scatenò non poche critiche, tra tutti la voce più pesante fu quella di Niki Lauda che affermò che l’halo avrebbe snaturato completamente il DNA della Formula 1. Polemiche a parte di chi, nel mondo della F1, tende a glorificare il rischio, l’incidente del Bahrain dovrebbe mettere un punto definitivo sulla diatriba halo. O così si spera!