Non è soltanto la salute dei cittadini europei a essere minacciata dall’inquinamento atmosferico, ma anche quella dei monumenti e degli altri beni culturali a esso esposti. Lo dimostra uno studio dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) su tre siti patrimonio dell’Unesco: la Reggia di Caserta, la cattedrale di San Doimo a Spalato (Croazia) e la Residenza di Wurzburg (Germania).
Azione aggressiva da biossidi di azoto e particolato sottile Pm10
Secondo il report Enea “A subire i danni maggiori è la Reggia di Caserta dove abbiamo calcolato per ogni anno una velocità di corrosione delle superfici superiore al valore target fissato per il 2050 (6,4 micron l’anno), valore che non deve essere superato se si vuole preservare lo stato di salute della storica residenza reale, meta ogni anno di 700mila visitatori”. L’analisi è di Teresa La Torretta, ricercatrice del Laboratorio Enea di Inquinamento atmosferico e coautrice del rapporto insieme al collega Pasquale Spezzano. La centralina di misurazione dell’inquinamento dell’aria nei pressi della Reggia di Caserta ha mostrato valori di biossidi di azoto e di particolato sottile Pm10 elevati e costanti, mantenendosi poco sopra i 20 microgrammi per metro cubo.
La località geografica fattore determinante
Occorre dire che le condizioni meteo-climatiche locali (temperatura, piovosità, umidità relativa) dei tre diversi siti rappresentano un fattore importante nel determinare le differenze nell’aggressività degli inquinanti e, di conseguenza, nel grado di corrosione delle superfici lapidee. Aggiunge infatti La Torretta: “Il Palazzo Reale a Caserta è situato nel cuore della città e per questo è particolarmente esposto all’inquinamento atmosferico causato dall’industria, dal riscaldamento e dal trasporto su strada, anche se non mancano fonti naturali lontane dalla città come l’aerosol marino e la sabbia del Sahara che provocano un innalzamento del particolato PM10 soprattutto nel sud Europa”. Di fatto, le emissioni di ossidi di azoto a Caserta (2779,26 tonnellate nel 2019, principali fonti di emissione sono l’industria e il trasporto su strada) sono all’incirca il triplo rispetto a Wurzburg (868,82 tonnellate, principale emettitore il trasporto su strada) e quasi il doppio rispetto a Spalato (1532,18 tonnellate, principale emettitore l’industria).
L’inquinamento atmosferico cambia, ma non scompare
E se da un lato dobbiamo dire che, in via generale, il degrado del patrimonio culturale dovuto all’inquinamento atmosferico negli ultimi 20-30 anni è notevolmente diminuito grazie al calo dell’effetto corrosivo dell’acidificazione delle piogge e degli inquinanti atmosferici come il biossido di zolfo, non altrettanto possiamo dire per altri agenti inquinanti. Infatti, conferma La Torretta, gli inquinanti citati per primi sono drasticamente diminuiti (anche se negli ultimi anni la riduzione si è stabilizzata), mentre “le concentrazioni di biossido di azoto (NO2) e di particolato PM10 non sono diminuite nella stessa misura, contribuendo al degrado dei monumenti e a un aumento dei costi di restauro e manutenzione”. Lo studio realizzato da Enea rientra nell’ambito dell’iniziativa “International Cooperative Programme on Effects of Air Pollution on Materials, including Historic and Cultural Monuments (ICP Materials)” della Convenzione Unece adottata nel 1979, sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lungo raggio (Air Convention).
Intervenire, per il bene dei monumenti e degli esseri umani
I rimedi? Nulla di rivoluzionario in realtà, ma da attuare in fretta: “Tra le principali misure adottabili, sarebbe sicuramente opportuno mettere in atto politiche di riduzione del traffico cittadino puntando su trasporto pubblico, car-sharing e veicoli a basse emissioni”, conclude infatti la ricercatrice Enea.
Come detto all’inizio, oltre a causare il degrado dei monumenti l’inquinamento dell’aria danneggia la salute umana: il report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente lo definisce infatti il più grande rischio ambientale per la salute in Europa, causa di malattie cardiovascolari e respiratorie che riducono le aspettative di vita e, nei casi peggiori, di decessi prevenibili. Nonostante i costanti miglioramenti, i superamenti degli standard di qualità dell’aria sono comuni in tutta l’Ue, con concentrazioni ben al di sopra delle ultime raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
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