Storicamente, i cicli associati a El Niño sono correlati a pressioni inflazionistiche maggiori, in quanto un cambio climatico può avere effetti su raccolti, agricoltura ed energia elettrica; a questo si aggiunge la certezza di stare vivendo un periodo in cui inflazione globale è già elevata.
In particolare, la preoccupazione principale degli scienziati oggi è l’incertezza rispetto alle modalità in cui El Niño interagirà con le condizioni preesistenti del cambiamento climatico.
Il modo in cui un’azienda valuta questo fenomeno può costituire un indicatore delle modalità di gestione dei rischi fisici ed economici connessi al cambiamento climatico, i cui eventi estremi sono in atto già in molte parti del mondo e sono destinati a peggiorare in futuro.
El Niño è il termine che indica il verificarsi di temperature superficiali del mare insolitamente calde nell’Oceano Pacifico, che possono causare lo spostamento delle correnti a getto atmosferiche, alterando i modelli meteorologici globali. Gli effetti di questi spostamenti si manifestano in modo diverso a seconda delle aree geografiche. Gli anni in cui si è verificato il fenomeno conosciuto come “El Niño” sono correlati a una maggiore frequenza di disastri naturali; difatti, alcuni dei peggiori disastri climatici del mondo si sono verificati proprio in corrispondenza dei picchi dei cicli di El Niño. Ad esempio, il ciclo del 2015-2016, considerato il più intenso dal 1950, ha scatenato fenomeni metereologici estremi: dalla grave siccità che ha colpito l’Asia meridionale e sudorientale alle intense precipitazioni nel Pacifico. L’evento ha colpito 60 milioni di persone e almeno 40 Paesi sono stati colpiti da inondazioni, siccità, tempeste, incendi e malattie, secondo le Nazioni Unite.
Le variazioni di temperatura generate dagli eventi correlati ai cicli di El Niño variano da deboli, con effetti moderati, a molto forti. È difficile prevedere l’intensità di questi fenomeni, sebbene sia necessario, in quanto eventi più estremi causano con maggiore probabilità conseguenze economiche gravi. Finora, l’agenzia metereologica statunitense, la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), ipotizza una probabilità del 56% che si verifichi un El Niño potente e un’alta possibilità che le condizioni generate da questo fenomeno si protraggano fino all’inverno del 2023/2024.
Prezzi delle materie prime e inflazione: quali sono gli effetti de El Niño?
Uno studio del 2015 condotto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) mostra, a livello macro, che le temperatura più elevate e la siccità innescate da un ciclo de El Niño generano un aumento dei prezzi delle materie prime non combustibili (+5.9%) e del greggio (+13.9%) nei primi quattro mesi successivi al fenomeno. Storicamente, i cicli di El Niño generano un impatto significativo sull’inflazione globale, con un aumento di 3,9 punti percentuali delle materie prime non energetiche e di 3,5 punti percentuali del petrolio, secondo i modelli forniti da Bloomberg Economics.
Un’analisi della Federal Reserve ha rilevato che dal 1998, El Niño ha “effetti economicamente importanti e statisticamente significativi sui prezzi reali delle materie prime”. Inoltre, ha concluso che una deviazione a sorpresa rispetto alle previsioni relative a un ciclo di El Niño aumenta l’inflazione dei prezzi reali delle materie prime di circa 3,5-4 punti percentuali. Secondo Bloomberg Economics, El Niño ha colpito anche la crescita del PIL in Brasile, Australia e India. L’impatto complessivo di un ciclo di El Niño dipende anche dal contesto macroeconomico e geopolitico. Ad esempio, il forte ciclo del 1972-1973 ha influenzato lo shock petrolifero della fine del 1973, facendo impennare i prezzi dell’energia e dei generi alimentari. Una forte intensità del fenomeno nel 2023/2024 potrebbe portare a una simile combinazione di molteplici trend interconnessi a livello globale, che risulterebbe particolarmente preoccupante in un periodo in cui l’inflazione è già al di sopra del target in molti Paesi.
Che rapporto esiste tra questo fenomeno e il cambiamento climatico?
L’aumento delle temperature causato dall’accumulo di gas serra nell’atmosfera rende difficile prevedere come il clima reagirà a questo ciclo di El Niño. Alcuni scienziati temono che quest’ultimo possa causare rischi ancora maggiori in diverse aree geografiche, in particolare dove le temperature sono già elevate. L’Organizzazione Metereologica Mondiale (WMO) ha dichiarato che la combinazione delle condizioni de El Niño e del riscaldamento antropogenico potrebbe spingere le temperature medie globali oltre l’obiettivo di Parigi di 1,5°C tra il 2023 e il 2027.
Alla luce di ciò, il modo in cui un’azienda prende in considerazione il fenomeno di El Niño potrebbe costituire un buon indicatore delle modalità in cui considera e gestisce i rischi legati al cambiamento climatico, in quanto quest’ultimo sta causando, e continuerà a farlo, un aumento dei fenomeni metereologici estremi in molte regioni del mondo. Nel corso degli ultimi progetti, in Columbia Threadneedle abbiamo notato che le aziende stanno inziando a considerare le conseguenze di El Niño, in particolare nelle economie dei mercati emergenti che dipendono fortemente dall’agricoltura. È possibile sfruttare questa opportunità per incoraggiare le aziende ad ampliare la riflessione oltre i cicli di El Niño, con la creazione di una reportistica trasparente riguardo le loro vulnerabilità ed esposizione ai rischi climatici fisici preesistenti e futuri. L’evoluzione degli standard di reporting, in particolare il CDP e la Task Force on Climate-related Financial Disclosures, ha già portato alcuni miglioramenti in queste aree. Tuttavia, la maggior parte delle informazioni fornite dalle aziende si è finora concentrata sui rischi di transizione derivanti dalla decarbonizzazione del sistema energetico. Il caso di El Niño ci ricorda quanto le singole aziende (e di fatto l’economia globale) siano vulnerabili ai cambiamenti climatici.
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