“Due donne e un delitto”, spettacolo che a dispetto del nome è comico, sarà al Teatro Martinitt di Milano lunedì 19 e martedì 20 dicembre.
Scritto dalla sceneggiatrice Valentina Capecci, la pièce è interpretata da Francesca Colombo e Martina Consoli, rispettivamente nei panni di Carla e Viola, che ne hanno curato anche la regia.
La trama
Carla è una donna intelligente, laureata brillantemente, la cui vita è stata caratterizzata da pesanti ingiustizie che l’hanno portata a svolgere lavori umili e sottopagati per riuscire ad arrancare fino a fine mese. Questo l’ha portata ad avere un carattere apparentemente duro, freddo e cinico. Viola è una donna non particolarmente astuta, ma bella, avvenente e capace di far perdere la testa agli uomini e questo l’ha portata ad essere la moglie di un uomo ricco e facoltoso.
Amiche di infanzia, una sera si ritrovano. Avranno da risolvere un grosso problema: qualcuno è stato ucciso ed entrambe sono coinvolte.
Vocenews.it ha intervistato le due attrici.
Portate avanti “Due donne e un delitto” ormai da qualche anno. Come vi siete conosciute e come siete arrivate a lavorare insieme?
Francesca: Io e Martina ci siamo conosciute da ragazzine in una scuola di musical: lei studiava già da diversi anni, io invece desideravo iniziare e qui ho trovato quella che è diventata la mia seconda famiglia. Abbiamo studiato insieme per diversi anni per poi prendere strade diverse: lei è andata a Milano a studiare alla Scuola di Musical, io invece a Roma.
Poi, ironia della sorte, quando io sono andata a vivere a Milano, lei si è trasferita a Roma, e non siamo riuscite ad incrociarci.
Le difficoltà del mestiere
Ho trascorso poi un periodo alle Canarie e al rientro in Italia sapevo di volermi dedicare al teatro. A Genova non conoscevo più nessuno essendo stata lontana diversi anni e quando stavo iniziando a scoraggiarmi è squillato il telefono: era Martina, che mi diceva di voler tornare a Genova e voler fare qualcosa insieme; per me è stato un po’ il segnale che dovevo fermarmi qui e ripartire.
Martina: Sì, io ero a Roma e un po’ scoraggiata a mia volta: in questo mondo, ma un po’ in tutti, con le conoscenze strategiche è più facile emergere e io non ne avevo. Per questo volevo tornare a Genova e mentre meditavo mi è venuta in mente Francesca, così l’ho chiamata e le ho chiesto di fare qualcosa insieme, con tutti i rischi del caso perché se è vero che da ragazzine avevamo una bella intesa artistica, ci siamo ritrovate donne, quindi cresciute, diverse, ma sapevo che il fuoco per il teatro che avevamo, bruciava con la stessa intensità.
La nostra amicizia si è intensificata e anche la nostra intesa artistica.
E lo spettacolo com’è nato?
Quando ci siamo dette: bello essersi ritrovate, ma ora cosa facciamo? Nessuna delle due aveva scritto prima. Non ce la sentivamo di cimentarci anche nella scrittura visto che già c’era il carico da 90 della regia e dell’autoproduzione, quindi abbiamo iniziato a cercare dei testi papabili e abbiamo trovato “Due donne e un delitto”, portato in scena diversi anni prima.
Ho contattato l’autrice Valentina Capecci che è stata entusiasta subito di prendere parte al progetto.
I personaggi di “Due Donne e un delitto”
Come è stato per voi entrare nei panni di questi personaggi?
M: Il personaggio che interpreto, Viola, è una fatalona svampita e parecchio sopra le righe. Quando abbiamo letto il copione la prima volta, pensavo che fosse perfetto per Francesca. Ma poi lei ha preferito interpretare Carla, che è un personaggio un po’ più concreto e anche incasinato.
Entrare nei panni di Viola è stato semplice, perché mi somiglia. Mi diverte, è un personaggio veramente simpatico che mi fa anche molta tenerezza.
F: Carla è personaggio un po’ più greve e pensavo mi avrebbe dato la possibilità di esprimere ciò che non avevo il coraggio di dire dire. Amo calarmi in altri personaggi perché questo mi permette di vivere più vite contemporaneamente, senza mai lasciare quella che sono.
Carla è una persona che ha sofferto, con pochi amici, ma da cui si sente capita, e tra questi c’è Viola.
Posso dire senza esitazioni che Carla è stata come la mia psicologa in questi anni.
Allora è proprio vero che il teatro terapeutico…
F: Assolutamente sì, perché permette davvero di entrare in mondi dove vediamo e tocchiamo le emozioni. Soprattutto durante la pandemia, mentre tutto il mondo era fermo e stava soffrendo, noi abbiamo avuto la grande opportunità di concentrarci su altro.
Ed è proprio questo fuoco per il teatro che ci accomuna che ci ha permesso di far andare bene le cose nonostante tutto, nonostante i 15 anni di pausa, nonostante la situazione intorno non fosse favorevole.
Abbiamo una grande rispetto per quest’arte, che ci porta a rispettarci l’una con l’altra e ad ascoltarci.
Lo spettacolo “Due donne e un delitto”
Perché venire a vedervi? Cosa ci dobbiamo aspettare?
F: Perché ci si fanno tante risate. Il problema è che dura troppo poco: quello che ci dicono tutti è che queste 2 ore volano.
M: Sì, bisogna venire a vederci se si ha voglia di ridere, ma con quel sottofondo dubbio, perché è vero che è una commedia ma è anche un giallo. Per tutto il tempo, tra una risata e l’altra ti chiedi: alla fine chi è stato?
“Due donne e delitto” è uno spettacolo di prosa molto asciutto, non ci sono balletti o coreografie, e prima di andare in scena avevamo il terrore che la gente si stufasse, invece è proprio il ritmo dei nostri dialoghi che tiene incollati gli spettatori alla sedia.
E comunque un plauso va a Valentina, l’autrice, che ha scritto davvero una commedia ricca, poi noi l’abbiamo impreziosita con la nostra regia e interpretazione.
F: Un altro motivo che potrà apparire secondario ma per me non lo è: per dare al teatro lo spazio che merita.
Si guarda molta TV, per poi criticarla, quindi vorrei invitare tutti a spegnere la TV e venire a teatro per apprezzare tanti artisti che calcano il palco con passione, come me e Martina: vi promettiamo che faremo di tutto per non farvi pentire di aver scelto una serata diversa.
Studio e dedizione
Se doveste dare un consiglio a un attore o un’attrice esordiente quale sarebbe?
F: Non è un gioco, è un lavoro vero e come tutti i lavori bisogna fare esperienza sul campo. Bisogna studiare e utilizzare gli strumenti a disposizione. Adesso stiamo vivendo un momento in cui i social ci permettono di farci conoscere, quindi bisogna utilizzarli, ma in maniera intelligente e consapevole.
M: Il mio consiglio suonerà un po’ antico ma è quello di studiare, studiare e studiare. Non improvvisatevi, il talento serve ma sul lungo periodo non basta.
Lo dico anche ai miei allievi: abbiate il coraggio di mettervi in gioco e di allenarvi.
Francesca De Sapio, un’insegnante con cui ho studiato per anni a Roma e a cui sono molto legata e, diceva che gli attori sono atleti del cuore, quindi come il pallavolista, il tennista, il calciatore, il nuotatore si deve allenare, la stessa cosa deve fare l’attore.
Lo studio da attore non può limitarsi all’accademia di due o tre anni.
Ho conosciuto attori anche famosi che fanno cinema e TV che continuano a studiare appena possono.
F: Questo è un lavoro che ti godi durante il viaggio, si impara continuamente, a scuola certamente, ma soprattutto dai colleghi, ed è importante avere buone basi su cui lavorare. È importante continuare a nutrire le nostre doti naturali.
“Due donne e un delitto” vi aspetta al Teatro Martinitt il 19 e il 20 dicembre.