Disordini alla Statale di Milano: aggressività e intolleranza

Dialogo o scontro alla Statale di Milano? Atteggiamenti di violenza verbale e fisici, inaccettabili, tra i giovani. Si attendono provvedimenti

Statale di milano

Le manifestazioni violente che hanno interrotto l’incontro organizzato alla Statale di Milano il 26 novembre scorso sono un segnale allarmante. Episodi simili non rappresentano soltanto un problema momentaneo, ma la spia di una crisi più profonda che riguarda il modo in cui affrontiamo il dissenso e il confronto nella società contemporanea, soprattutto tra i giovani.

Alcuni collettivi studenteschi, hanno causato l’interruzione di un incontro organizzato dalla lista Obiettivo Studenti dal titolo ‘Accogliere la vita-storia di libere scelte’.
In tale contesto “si sono verificati episodi di aggressività e intolleranza, episodi che non rappresentano l’identità della Statale – sottolinea la rettrice – e che, come espresso, non devono ripetersi”.

La rettrice Marina Brambilla, con il suo messaggio chiaro e deciso, ha ribadito un principio fondamentale: il dialogo è il fondamento di ogni comunità accademica, e ogni forma di censura, violenza o intolleranza è inaccettabile. Ma perché siamo arrivati ​​a questo punto? Perché il dissenso, che dovrebbe essere il motore di un confronto costruttivo, si trasforma sempre più spesso in scontro, impedendo qualsiasi possibilità di ascolto reciproco?

Statale di Milano: dissentire è legittimo, ma con etica

Viviamo in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione sono pressoché infiniti, eppure il dialogo sembra essere sempre più difficile. Si scambia troppo spesso il dissenso per una guerra da combattere, piuttosto che un’opportunità per arricchirsi di nuove prospettive. Come sottolinea la rettrice, dissentire è necessario, ma il modo in cui lo facciamo è cruciale.

Impedire l’espressione di idee contrarie alle proprie non è un atto di forza o coerenza: è un fallimento del dialogo. L’aggressività, fisica o verbale, non rappresenta solo una violazione delle regole etiche, ma un’ammissione di debolezza. Significa riconoscere implicitamente di non essere in grado di sostenere una posizione con argomentazioni e rispetto.

Il linguaggio violento alla Statale di Milano: una crisi culturale

L’aumento delle espressioni violente tra i giovani non è un fenomeno isolato. È il riflesso di un tessuto sociale che sembra sempre più incapace di gestire le differenze. L’esasperazione dei toni, amplificata dai social media, riduce ogni discussione a uno scontro: giusto contro sbagliato, buoni contro cattivi.

Questa polarizzazione ha un impatto devastante sui luoghi che dovrebbero essere il cuore del confronto e della crescita intellettuale, come le università. La comunità accademica dovrebbe essere un laboratorio di idee, un luogo dove imparare a mettere in discussione le proprie convinzioni senza paura, e dove il dissenso è uno stimolo per crescere, non un pretesto per attaccare chi la pensa diversamente.

La responsabilità degli adulti e delle istituzioni

Non possiamo ignorare il ruolo delle generazioni adulte in questa crisi. Il dialogo, il rispetto e la capacità di argomentare non sono qualità innate, ma abilità che si apprendono. Se i giovani non riescono ad esprimere il dissenso in modo costruttivo, come è accaduto alla Statale di Milano, forse è perché non hanno avuto modelli adeguati.

Gli adulti, in politica, nei media e nelle istituzioni, dovrebbero essere i primi a dimostrare che il confronto è possibile, che il rispetto delle opinioni altrui non è una concessione, ma un dovere civico. Invece, troppo spesso, assistiamo a dibattiti pubblici dove l’urlo prevale sull’argomentazione e l’insulto sostituisce il ragionamento.

Le università, come la Statale di Milano, hanno una responsabilità particolare. Devono essere non solo luoghi di formazione accademica, ma anche palestre di cittadinanza, dove si educa al rispetto reciproco e alla capacità di discutere senza prevaricare.

Ripartire dal dialogo

L’invito della rettrice Brambilla a riorganizzare l’evento e a promuovere un confronto con chi ha opinioni diverse è un esempio da seguire. È solo attraverso il dialogo che possiamo superare la tentazione della violenza e costruire una società più inclusiva e consapevole.

Riflettendo su quanto accaduto, dovremmo chiederci: cosa stiamo insegnando ai giovani sul valore della parola e sull’importanza del rispetto? Stiamo dando loro gli strumenti per esprimersi in modo costruttivo, o li stiamo abbandonando a un mondo in cui la forza e l’intolleranza sembrano le uniche strade per farsi sentire?

Ripartire dal dialogo significa riscoprire la potenza della parola come strumento di cambiamento. Non è un compito facile, ma è una sfida che dobbiamo raccogliere, come singoli e come comunità. Solo così potremo trasformare il dissenso in un motore di crescita, invece che in una miccia pronta ad esplodere.