Didio, napoletano di origine ma trapiantato a Milano, a meno di 40 anni, è stato chitarrista di alcuni tra i più importanti artisti italiani come Franco Battiato ed Eros Ramazzoti. In occasione dell’uscita del suo primo singolo “Mi gira la testa”, didio ha concesso a Voce News un’intervista esclusiva. Betty Tarantola, per la nostra redazione, ha chiacchierato a lungo con didio, attualmente impegnato nel tour “Storia di un impiegato” con Cristiano De André in qualità di direttore musicale, chitarrista e arrangiatore.
Da Napoli a Milano, l’avventura di didio. Quanto è importante il ruolo della famiglia nella scelta di partire alla ricerca del successo?
La famiglia mi ha decisamente molto sostenuto anche se, all’inizio, mi sono dovuto creare un alibi. Infatti, per poter andare a Milano mi sono iscritto alla Facoltà di Filosofia. Ho iniziato alla grande, ho dato 5 esami e pur studiando la metà di quanto previsto, avevo la media del 30. Il sogno è durato fino a quando mi è stata chiesta la metà del programma che avevo studiato. Quando hanno iniziato a chiedermi la metà mai studiata, le cose sono leggermente cambiate. Non ho più superato un esame. Fortunatamente il mio progetto musicale era già iniziato e quindi mi sono dedicato solo a quello. Del resto era il motivo per cui ero partito per Milano.
Perché hai scelto di suonare la chitarra?
In realtà ho suonato tutti gli strumenti, da ragazzino ero appassionato di tutti gli strumenti a fiato, poi crescendo sono passato al pianoforte per arrivare alla chitarra. Quasi un po’ per sfida. Tutti mi dicevano che era quasi impossibile far carriera suonando la chitarra ma un giorno è successa una cosa che mi ha motivato. Parlando proprio delle difficoltà a emergere suonando la chitarra una ragazza mi disse “Ma la chitarra è bella”. Si è accesa in me una lampadina, e mi sono detto “ma chi se ne frega se tutti suonano la chitarra. Se diventerò famoso ci sarà ancor più gusto”.
Perché hai scelto di chiamarti “didio”?
In realtà quello è il nome con cui mi ha sempre chiamato Franco (Battiato ndr) e, in omaggio alla nostra amicizia, ho deciso di farlo diventare il mio nome d’arte.
Nel tuo nuovo singolo “Mi gira la testa”, si avverte la presenza di Battiato
Quando sono entrato nella band di “Battiato-Alice” e sono sto con loro in tour, ho avuto modo di vivere a stretto contatto con questi due grandissimi artisti. Ho avuto la possibilità di ascoltarmi un’infinità di volte le loro tracce e di studiarle a fondo. Traccia dopo traccia sono riuscito a carpire tutta l’architettura musicale che c’è dietro a ogni brano e ho assimilato questo “modo” di fare musica. E proprio la musica di Battiato e di Alice degli anni ’80 è diventata l’ingrediente principale di “Mi gira la testa”.
Oltre alle esperienze con Battiato, hai avuto anche modo di lavorare con Cristiano De André
Una delle mie prime importanti esperienze, con sonorità tipiche degli anni 2000, per altro assimilate durante un mio lungo soggiorno a Londra, è stata quella con Cristiano de André. Cristiano voleva ri-arrangiare tutti i brani si suo padre, Fabrizio, e con lui ho lavorato quasi al limite dell’ossessione per la ricerca del particolare all’interno dell’arrangiamento e della scrittura.
Torniamo a “Mi gira la testa”. Si avverte la solitudine. E’ un po’ autobiografica?
Si, quando un uomo decide di seguire il cammino della musica sarà un uomo solo. E’ un cammino complesso, lungo, in cui si fa fatica a condividere tutte le difficoltà. Tutti noi musicisti siamo un po’ così.
Social e tempo, che importanza hanno in “Mi gira la testa”?
I social nascono come strumento per accorciare le distanze ma alla fine producono l’effetto esattamente contrario. Purtroppo usando i social si è sempre più soli. Non si coltivano più i rapporti umani, non si esce più, non si incontrano più le persone. Nel testo di “Mi gira la testa” cerco invece di occuparmi della parte umana, dei rapporti, del contatto reale con le persone. La stessa cosa succede con il cellulare. Oramai siamo tutti schiavi del cellulare. Ti chiamano sempre, a qualunque ora. Sarà capitato a tutti di non guardare il telefono per un po’ e poi ritrovarci decine di messaggi, email e chiamate. E se non si risponde nel giro di un quarto d’ora le persone si chiedono “perché non rispondi?”. Dobbiamo imparare a ritagliarci i nostri spazi, il nostro tempo. Dobbiamo imparare a fare ciò che vogliamo fare. Dobbiamo anche imparare a dire ogni tanto “no”.
Quanto è responsabile un artista di ciò che scrive?
Totalmente. Prima abbiamo citato Fabrizio De André. Cristiano più di una volta mi ha raccontato di come suo padre spostava l’uscita di un suo disco anche di mesi se non trovava “quella parola che gli mancava”. Invece oggi si avverte molta approssimazione. Testi un po’ banali. Non vale per tutti ovviamente. Però c’è un po’ la fretta per alcuni di confezionare il disco a tutti i costi. Invece, ad esempio nella musica leggera, come ha insegnato anche Franco (Battiato ndr) “si possono dire cose importanti con un linguaggio fruibile a tutti. Ci vuole una poetica, una ricerca.
Dopo “Mi gira la testa” uscirà un album?
No. A gennaio uscirà un altro singolo, poi un altro singolo e poi un altro singolo ancora. Usciranno prima 4 singoli e poi, dopo l’estate, l’album. Per il momento mi concentro sui nuovi singoli e sui video.
C’è una domanda che vorresti ti facessero i giornalisti quando ti intervistano?
Sono un po’ impreparato per questa domanda “Marzulliana”! Domande me ne sono state già fatte tante… facciamo che ci penso e ve lo dico nella prossima intervista!