Crollo di una miniera in Nigeria: 13 vittime tutte giovani

miniera nigeria

Il mondo ha assistito all’ennesima tragedia in Nigeria, nello Stato di Plateau, dove il crollo di una miniera ha spezzato la vita di almeno 13 persone, per lo più giovani tra i 18 e i 30 anni. Una scena straziante, che purtroppo si ripete con allarmante frequenza. Incidenti simili non sono rari in Nigeria: si consumano nell’ombra, spesso lontano dai riflettori, coinvolgendo minatori abusivi in condizioni di lavoro disumane.

La miniera illegale nella Nigeria in povertà estrema

Recentemente, 22 minatori sono morti a causa del crollo di un pozzo minerario in un sito illegale situato all’interno di una riserva nazionale di caccia che si estende tra l’area di governo locale di Gashaka nello Stato di Taraba e l’area di governo locale di Toungo nello Stato di Adamawa. In un’area nel nord del Paese, nello Stato di Zamfara, precisamente nel 2010, il veleno fuoriuscito da una miniera d’oro illegale in Nigeria ha ucciso 163 nigeriani, tra i quali 111 bambini.

Ma questa tragedia non è un caso isolato. È la punta di un iceberg fatto di sfruttamento, povertà e assenza di tutele. Ancora più sconvolgente è sapere che, in questo stesso momento, milioni di bambini nel mondo vivono e lavorano in condizioni altrettanto pericolose. Save the Children stima che siano 85 milioni i bambini coinvolti in lavori ad alto rischio. È un esercito silenzioso, invisibile agli occhi del mondo, ma le loro vite si infrangono con un rumore assordante ogni volta che accade una tragedia come quella di oggi. Non è plausibile che in Nigeria vengano utilizzati giovani uomini e bambini nei siti minerari, dove rischiano ogni giorno la vita.

“Non possiamo attendere che accada di nuovo,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, dopo l’ennesima tragedia che coinvolge minori in contesti lavorativi pericolosi. La morte di 28 bambini in una miniera è un monito crudele che dovrebbe scuotere le nostre coscienze.

Questo non è solo un problema della Nigeria. È un richiamo globale alla responsabilità: delle istituzioni, delle aziende e di ognuno di noi. Non possiamo più accettare che la miseria costringa giovani e bambini a scegliere tra la vita e la sopravvivenza.

Non voltiamoci dall’altra parte. Raccontare queste storie è un primo passo. Agire per cambiare il corso delle cose è il nostro dovere.