Cos’è l’Iran oggi. Dalla rivoluzione islamica alla guerra con Israele

UNA NAZIONE RIVOLUZIONARIA

L’Iran che abbiamo di fronte nasce dalla Rivoluzione che ha rovesciato lo Shah nel 1979. Una rivoluzione è un movimento cinetico ad alta intensità: rappresenta una sfida al mondo circostante, è una specie di “assalto al cielo” di tutto ciò che era precedente e riverbera in modo centrifugo le sue energie. Per comprendere come una rivoluzione riverberi – come un’esplosione – le sue energie verso l’esterno si pensi cosa è stata per l’Europa la Francia napoleonica figlia della Revolution e cosa ha significato per l’intero globo la Russia sovietica figlia della Rivoluzione d’Ottobre. Come tutte le rivoluzioni, la rivoluzione iraniana non nasce solo per cambiare l’Iran, nasce per cambiare il mondo: è una rivoluzione permanente con la quale il mondo deve fare i propri conti, ricordando che i Paesi rivoluzionari non seguono le dinamiche delle altre Nazioni e dunque non possono essere analizzati, né trattati, come queste ultime.

LA RIVOLUZIONE SI ALLARGA

La rivoluzione iraniana ha indubbiamente allargato i suoi orizzonti negli ultimi anni. Dopo aver preso in ostaggio il Libano con le milizie alleate di Hezbollah, dopo aver conquistato idealmente e finanziariamente gli Houti ribelli dello Yemen, con la complicità della sciaguratissima Seconda Guerra del Golfo del Presidente americano George W. Bush, ha incastonato tra i Paesi sotto il suo tutoraggio l’Iraq, potendo così finalmente contare tra gli alleati una Nazione molto ricca di materie prime; infine, l’aiuto fondamentale al regime di Bashar Assad durante la guerra civile, ha portato l’esercito dell’Iran anche in Siria. La potenza eversiva di Teheran non poteva che attrarre nella sua orbita Hamas; al di là delle diversità religiose i duri e i puri non potevano che incontrarsi sul comune obiettivo della distruzione totale dello Stato ebraico.

LO SPARTIACQUE

Il momento culminante della potenza rivoluzionaria iraniana si è mostrata plasticamente al mondo con il lancio di circa 180 missili sul territorio israeliano nella serata del primo ottobre 2024.

L’attacco iraniano del primo ottobre rappresenta uno spartiacque. Il primo ottobre Sauditi ed Emiratini hanno visto cosa molto probabilmente accadrà a loro se l’Iran continuerà a rafforzarsi; con una differenza: Arabia Saudita ed Emirati Arabi non hanno le difese antiaeree di Israele. I Paesi del Golfo ora dovranno scegliere se intimorirsi e cercare di venire a ulteriori patti con l’Iran, tramite la volonterosa mediazione cinese, oppure potranno decidere che gli estremisti sciti di Teheran sono un nemico mortale che prima o poi si scaglierà contro di loro.

Anche gli Stati Uniti dovranno decidere, i quasi quattro anni di moderazione e inviti alla calma dell’ultima Amministrazione americana hanno dato come risultato le stragi di Hamas, i 9.000 missili lanciati da Hezbollah e infine i missili iraniani del primo ottobre. L’ America dovrà fare a questo punto una valutazione e decidere “se un’attenta e infaticabile diplomazia” abbia ancora senso con la controparte iraniana o se non sia arrivato il momento della deterrenza attiva. Se così sarà, questo sarà un amaro boccone per il terzo Presidente americano di fila che aveva in programma di sfilarsi dal Medio Oriente.

Anche Israele dovrà decidere. L’Iran è un Paese sulla soglia nucleare. Non detiene armi nucleari ma ha sufficienti tecnologie e scorte di uranio arricchito per poter costruire in breve tempo un ordigno atomico. Il bombardamento missilistico iraniano potrebbe offrire l’occasione allo Stato ebraico di tagliare con la spada il nodo gordiano della questione nucleare iraniana. Gli Stati Uniti non sono in grado di fermarli, Hamas è assediata a Gaza, Hezbollah è decapitata e – incredibilmente – sembra non avere la forza per reagire, la Siria è sempre più silenziosa e nei Territori la Terza Intifada non è scoppiata; se a questo aggiungiamo gli scarsi risultati del bombardamento iraniano del primo ottobre, Israele potrebbe decidere che il momento buono per la resa dei conti è arrivato.

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