Cigni neri e giochi di potere: il 2025 tra sorprese e promesse disattese

Dalla vulnerabilità cibernetica alla crisi ucraina, passando per alleanze sorprendenti e tensioni globali: cosa ci riserva il futuro?

Il 2025 si preannuncia come un anno cruciale, segnato da eventi rari e potenzialmente dirompenti. La testata americana Politico ha evidenziato una serie di ‘cigni neri’, termine preso in prestito dalla teoria di Nassim Nicholas Taleb, che indica accadimenti straordinari e imprevedibili capaci di trasformare profondamente gli equilibri globali. Tra queste prospettive emergono scenari inquietanti che spaziano dalle vulnerabilità tecnologiche alle tensioni geopolitiche, fino a ipotesi di pandemie e alleanze inedite. In parallelo, l’intervista del presidente ucraino Vladimir Zelenskij al podcaster americano Lex Fridman – ex ricercatore presso il MIT specializzato in intelligenza artificiale e robotica – aggiunge uno sguardo disilluso sul panorama contemporaneo.

Tra le previsioni più inquietanti delineate da Politico spicca la possibilità di un massiccio cyberattacco capace di paralizzare infrastrutture chiave a livello globale. La combinazione tra l’avanzamento dell’intelligenza artificiale generativa e la vulnerabilità delle reti linguistiche potrebbe creare nuove opportunità per attacchi mirati. “La perdita di elettricità e di comunicazioni trasformerebbe radicalmente la società”, avverte la testata americana, sottolineando che molte infrastrutture statunitensi risalgono a oltre 25 anni fa, rendendole incapaci di rispondere alle sfide attuali. A rendere il mondo ancor più vulnerabile sarebbero politiche di deregolamentazione, come quelle ipotizzate dalla nuova amministrazione Trump, che ridurrebbero la capacità di risposta a queste minacce.

Questa fragilità tecnologica si intreccia inevitabilmente con l’instabilità geopolitica. Senza un robusto ancoraggio nella NATO e una difesa integrata, Paesi come l’Ucraina rischiano di essere esposti sia sul campo militare che digitale. Zelenskij stesso, nel podcast di Fridman, ha sottolineato l’importanza di un sostegno concreto da parte dell’Occidente: “Accetteremo un cessate il fuoco solo se riceveremo armi per respingere futuri attacchi. Se l’accordo funzionerà, nessuno userà quelle armi, ma dovranno restare nelle nostre mani”.

Non meno sorprendente sarebbe una possibile collaborazione tra Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping, finalizzata a negoziare una pace in Ucraina con il coinvolgimento di Vladimir Putin. Sebbene improbabile, questa alleanza potrebbe ricalibrare gli equilibri globali, ma rischierebbe di creare instabilità a lungo termine. Un simile accordo potrebbe avvantaggiare momentaneamente i protagonisti, ma lasciare gli attori minori, come l’Ucraina, in una posizione di ulteriore debolezza.

Nel cuore del conflitto ucraino, le forze russe hanno recentemente annunciato la conquista della città mineraria di Kurachove, nel Donbass sud-occidentale. Secondo il Ministero della Difesa russo, “le truppe hanno completamente liberato la città, il più grande insediamento della regione”. Questo evento rappresenta un duro colpo per Kiev, che nel frattempo ha intensificato l’offensiva nel Kursk, guadagnando terreno verso Bolšoe Soldatskoe. La conquista di Kurachove non è solo un simbolo del vantaggio tattico russo, ma un ulteriore segnale delle difficoltà che Kiev deve affrontare nel mantenere il controllo del territorio.

Zelenskij ha espresso il desiderio di rafforzare la posizione negoziale dell’Ucraina in vista dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, un momento che potrebbe rivelarsi cruciale per le trattative di pace. Tuttavia, il presidente ucraino non ha risparmiato critiche all’Occidente, accusandolo di non aver mantenuto le promesse: “Il Memorandum di Budapest prometteva sicurezza per l’Ucraina, ma quelle garanzie non valevano nulla”, ha dichiarato amaramente.

Le tensioni tra Ucraina e Russia non si limitano al campo di battaglia, ma si riflettono anche nella retorica politica. Maria Zacharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha duramente attaccato Zelenskij, definendo la sua intervista con Fridman come “un misto di neonazismo e terrorismo”. Zacharova ha accusato il presidente ucraino di “legami profondi con l’Occidente, basati su uno schema di rubare e uccidere”. Queste dichiarazioni sembrerebbero rivelare l’intensità della propaganda russa, che cerca di screditare Zelenskij mentre il conflitto continua a dividere il panorama geopolitico. Le accuse, tuttavia, trovano poco riscontro e sembrano mirate a minare la credibilità internazionale dell’Ucraina.

Un altro scenario ipotizzato da Politico riguarda la possibilità di una nuova epidemia originata in una comunità rurale americana scarsamente vaccinata. I primi sintomi, simili all’influenza, potrebbero rivelarsi appartenere a una malattia sconosciuta, diffondendosi rapidamente anche a causa della disinformazione sui social media. Divergenze burocratiche e ritardi nell’autorizzazione di un vaccino sperimentale potrebbero aggravare la situazione, portando a migliaia di vittime e a un nuovo crollo economico globale.

Questa eventualità evidenzia come le sfide tecnologiche e geopolitiche siano strettamente interconnesse. La capacità di rispondere a una crisi sanitaria dipenderà non solo da infrastrutture solide, ma anche dalla fiducia nelle istituzioni e nella scienza, un tema già messo a dura prova durante la pandemia di COVID-19.

Il 2025 si configura come un anno ricco di incertezze, in cui vulnerabilità strutturali e tensioni geopolitiche potrebbero convergere in eventi rivoluzionari. La lista di ‘cigni neri’ stilata da Politico non è solo un esercizio di previsione, ma un avvertimento sulla necessità di prepararsi all’imprevisto. Le connessioni tra sviluppi bellici, accuse politiche e rischi tecnologici rivelano un mondo sempre più interdipendente, dove ogni crisi diventa un’opportunità per riscrivere le regole del gioco globale.