Chi sono gli Houthi?

Chi scrive ha notato come un gran numero di testate giornalistiche stia in questi giorni pubblicando articoli intitolati: “Chi sono gli Houthi”, per informare i propri lettori su chi sia questa forza armata che spara contro le navi commerciali che provano ad attraversare gli Stretti di Bab el-Mandeb – all’imbocco meridionale del Mar Rosso –  e che quindi, rendendo inutilizzabile il passaggio dallo Stretto di Suez, sta obbligando il 10% circa del traffico mondiale su nave a circumnavigare l’Africa; con il conseguente aumento dei costi di ogni tipo di merce, che non mancherà di farsi sentire nelle tasche di qualsiasi cittadino europeo e non.

Gli Houti sono stati protagonisti di una guerra civile in Yemen durata otto anni (2014-2022) che ha fatto 400.000 morti ed ha portato la fame ed il colera a milioni di persone tra cui – ovviamente – moltissimi bambini, ma di cui la politica e la stampa europea ed occidentale si sono occupate pochissimo perché, a quanto pare, la sensibilità occidentale tra quando c’è una guerra interaraba e quando invece c’è una guerra arabo-israeliana cambia sostanzialmente. Dunque, e logicamente, la stampa si affanna ora a spiegare al proprio pubblico chi sono questi misteriosi Houthi di cui, fino ad oggi, non in molti hanno sentito parlare.

Siccome già in molti stanno spiegando “chi sono gli Houthi”, proviamo a spiegare come è stato possibile che questi Houthi (la cui formazione si è denominata: “Ansar Allah”) siano entrati in possesso degli Stretti che, dal Golfo di Aden, aprono alle navi la rotta per risalire il Mar Rosso verso l’Europa e viceversa. La guerra civile yemenita ha visto opporsi la formazione degli Houthi, finanziata ed armata dall’Iran, alle forze del Consiglio di Transizione Meridionale appoggiate da Arabia Saudita ed Emirati (il Consiglio si è successivamente diviso in due fazioni). Gli Houti hanno conquistato la ex-capitale dello ex-Yemen, Sanaa, tutto il nord dello Yemen sino al confine con l’Arabia Saudita e il fondamentale porto di Hodeida sul Mar Rosso con il territorio costiero a nord di questa città.

La battaglia per il porto di Hodeida è stata la più intensa e feroce, all’interno di un conflitto caratterizzato da grandi atrocità, della guerra civile yemenita. Nel gennaio del 2021, Il Presidente americano neoeletto, Joe Biden, nel tentativo di fermare la strage in corso, decise – tra i primi suoi atti – di sospendere i contratti per le forniture di armi all’Arabia Saudita ed agli Emirati Arabi Uniti, che il suo predecessore, Donald Trump, aveva sottoscritto. (Il che generò un gelo non indifferente tra gli Stati Uniti e, in particolare, l’Arabia Saudita). La comunità internazionale, sempre nel tentativo di arginare l’orrore che si stava svolgendo sotto gli occhi – peraltro non molto attenti – del mondo, fece poi grande pressione su Arabia Saudita ed Emirati perché arrestassero i loro tentativi di conquistare il Porto di Hodeida, con la motivazione che, senza l’agibilità di quel porto, non era possibile portare alcun sollievo alle popolazioni del nord yemenita, che stavano morendo di fame e di malattie. La Gran Bretagna fece passare una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che – semplificando – andava nella direzione di un sostanziale cessate il fuoco ad Hodeida. L’allora attivissimo Ministro degli Esteri (conservatore) inglese, Jeremy Hunt, andò dal Governo di Aden per trasmettere un “difficile messaggio, come lui lo definì: cessare ogni tentativo militare di conquistare agli Houti in Porto di Hodeida. Nel frattempo gli Houti si trincerarono nella Città e nel Porto di Hodeida e sulla costa a nord, continuando a ricevere armi, tra cui droni e missili balistici antinave, dall’Iran. Ed è così che oggi tengono il 10% del commercio mondiale per gli Stretti. Lo slogan degli Houthi (“Ansar Allah”) dice così: “Dio è il più grande, Morte all’America, Morte a Israele, Maledizione sugli Ebrei, Vittoria all’Islam”.

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