Che succede se le minacce nucleari di Putin fanno flop?

Sfide e conseguenze di un Cremlino in difficoltà: quando le minacce nucleari perdono il loro potere, cosa resta sul tavolo?

La questione del nucleare è tornata prepotentemente al centro della cronaca con il conflitto in Ucraina. L’uso dell’atomica come minaccia, infatti, sembra essere uno degli strumenti principali di cui si sta servendo il Cremlino per rafforzare la propria posizione in uno scenario internazionale sempre più complesso. Tuttavia, secondo il Washington Post, questa strategia minatoria sta perdendo la sua efficacia.

In uno dei suoi avvertimenti più recenti, Vladimir Putin ha affermato che il permesso concesso dall’Occidente all’Ucraina di attaccare in profondità il territorio russo equivale a dichiarare guerra alla NATO. In risposta, alcuni esponenti della propaganda russa hanno prontamente giocato la carta del nucleare. Aleksandr Michajlov, direttore del dipartimento di analisi politico-militare, ha persino suggerito di bombardare modelli in compensato di Londra e Washington, simulando attacchi nucleari contro Buckingham Palace, il Big Ben e la Casa Bianca, con l’obiettivo di spaventare il mondo intero. “Dovrebbero bruciare così intensamente da terrorizzare il mondo”, ha dichiarato.

Aleksandr Michajlov, direttore del dipartimento di analisi politico-militare, un’istituzione russa specializzata nello studio delle dinamiche politiche e militari a livello nazionale e internazionale. Il suo ruolo lo pone al centro delle analisi strategiche del Cremlino, in particolare riguardo alle relazioni geopolitiche e alle questioni di sicurezza militare.

Nonostante la retorica aggressiva, all’interno del Cremlino si sta diffondendo la consapevolezza sempre più chiara che le continue minacce nucleari stanno perdendo efficacia, mentre le “linee rosse” tracciate da Mosca vengono costantemente superate senza reali conseguenze. Analisti e funzionari russi vicini ai diplomatici del paese hanno sottolineato che Putin sta cercando una risposta più sfumata alle provocazioni occidentali. Un funzionario russo, in condizione di anonimato, ha dichiarato: “C’è stata un’esagerazione delle minacce nucleari… Ormai non spaventano più nessuno”.

Tatjana Stanovaja, politologa e analista russa di grande rilievo, nota per la sua esperienza nel campo delle dinamiche politiche del Cremlino e della politica interna russa. È la fondatrice di R-Politik, un think tank indipendente con sede in Francia che si occupa di analisi politica, con un focus particolare sulla Russia.

Ma la minaccia nucleare è ancora così credibile? Putin, pur essendo sotto pressione per rispondere alle incursioni ucraine, sembrerebbe essere alla ricerca di un’alternativa più efficace. Come osserva Tatjana Stanovaja, fondatrice del think tank R-Politik, “Putin vede le armi nucleari come l’opzione peggiore per tutti, compreso per se stesso”.

Il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg.

Le reazioni dell’Occidente non si sono fatte attendere. Il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha ribadito che gli attacchi ucraini in profondità nel territorio russo, pur utilizzando armi fornite dall’Occidente, non significano un coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto. Ha inoltre sottolineato come Putin abbia più volte delineato le sue “linee rosse” senza, tuttavia, passare a un’escalation definitiva.

Robert F. Kennedy Jr., avvocato, attivista ambientale e controverso politico statunitense, nonché figlio di Robert F. Kennedy, ex procuratore generale degli Stati Uniti, e nipote dell’ex presidente John F. Kennedy.

Se da un lato il ricorso alle minacce nucleari sta perdendo efficacia, dall’altro queste hanno una chiara funzione politica. Il Washington Post ha sottolineato come membri della campagna presidenziale di Donald Trump abbiano amplificato le minacce nucleari russe, facendole diventare un tema elettorale centrale negli Stati Uniti. In un editoriale pubblicato da The Hill, Trump e Robert F. Kennedy Jr. hanno avvertito che concedere all’Ucraina il permesso di usare missili a lungo raggio forniti “porterebbe il mondo al rischio di un’escalation nucleare senza precedenti, la più grave dai tempi della crisi dei missili di Cuba”.

Questo scenario getta una luce inquietante sul futuro. Stanovaja ha affermato che “nessuno sa davvero quali risposte Putin sceglierà di adottare per ogni singola azione” e che “nemmeno lui sembra avere chiara una strategia”.

Nonostante la retorica nucleare, è evidente che Putin preferisce esplorare altre opzioni per costringere l’Occidente a rispettare le sue “linee rosse”. Gli esperti suggeriscono che Mosca potrebbe optare per operazioni di sabotaggio contro obiettivi militari o infrastrutture occidentali, coinvolgendo magari gruppi di proxy come i ribelli Houthi in Yemen. Questo tipo di azioni avrebbe il vantaggio di essere difficilmente riconducibile direttamente alla Russia, mantenendo così il margine di ambiguità necessario per evitare una reazione immediata dell’Occidente.

Sergej Markov, politologo, commentatore politico e analista russo.

L’incertezza sulle imminenti strategie del Cremlino si riflette anche nelle parole del politologo russo Sergej Markov, secondo cui la Russia ha permesso all’Occidente di ignorare le sue linee rosse per troppo tempo. “Ad un certo punto, dovremo alzare il livello”, ha dichiarato Markov, suggerendo tra le possibili risposte la chiusura dell’ambasciata britannica a Mosca o attacchi alle basi aeree in Polonia e Romania, dove sono stazionati i caccia F-16 destinati all’Ucraina.

La guerra in Ucraina si è trasformata in un campo di battaglia geopolitico, dove ogni mossa viene scrupolosamente analizzata e ponderata. La speranza è che possa emergere una reale opportunità di dialogo, superando le scelte che rischiano di condurre a una vera escalation. Al momento, però, l’incertezza continua a essere il tratto dominante di questa pericolosa partita a scacchi.