Nella giornata di ieri, la Gazzetta dello Sport (subito dopo ripresa da innumerevoli altre testate giornalistiche), ha riportato che il difensore del Napoli, Juan Jesus, starebbe valutando l’ipotesi di sporgere una denuncia-querela nei confronti del giocatore dell’Inter, Francesco Acerbi, ritenendo (come da comunicato dallo stesso diramato) a dir poco errata ed ingiusta l’avvenuta “assoluzione” del calciatore nerazzurro rispetto all’insulto a contenuto razzista che il difensore partenopeo sostiene aver subito dal collega durante l’incontro tra Inter e Napoli.
La domanda a cui intendiamo rispondere in questa sede è la seguente: Juan Jesus potrebbe davvero adesso rivolgersi alla giustizia penale? Ed in caso affermativo, con quali esiti?
Per fornire una risposta in merito bisogna innanzitutto verificare la tipologia di reato di cui potrebbe essersi, nel caso, macchiato Acerbi. Come noto l’ingiuria (ovvero l’offesa o insulto diretto ad una persona in sua presenza) non costituisce più reato da alcuni anni (essendo tale fattispecie depenalizzata e “retrocessa” ad illecito civile). Juan Jesus non potrebbe quindi querelare Acerbi per l’offesa asseritamente subita, perché, come detto, l’ingiuria non costituisce più reato.
Tale calciatore potrebbe, semmai, intentare una causa civile nei confronti del collega per il risarcimento dei danni (morali) eventualmente subiti. Per fare ciò dovrebbe però ottenere una deroga dalla Federazione (possibile solo per gravi ragioni di opportunità) atteso che il c.d. “vincolo di giustizia sportiva” previsto dall’articolo 30 dello Statuto della FIGC (espressione della clausola compromissoria) vieta, in via generale, ai tesserati di agire contro altri tesserati al di fuori dell’ambito della giustizia sportiva (la violazione di tale “vincolo” comporterebbe per il calciatore una squalifica non inferiore a sei mesi). Per inciso, una causa del genere sarebbe peraltro difficile da vincere posta l’assenza di testimoni che nel processo civile risultano determinanti per il buon esito del processo.
Diverso il caso della diffamazione. Qui non occorrerebbe ottenere una deroga dalla FIGC atteso che il menzionato “vincolo di giustizia sportiva”, non sussiste nell’ipotesi in cui l’azione giudiziaria viene promossa per fattispecie aventi rilevanza penale. In tal senso, iI Collegio di Garanzia del CONI, con la decisione n. 26/20, ha chiarito che “la materia penale esula dalla giurisdizione sportiva non essendo quest’ultima in grado di garantire i diritti e le posizione di diritto soggettivo del soggetto leso” e il vincolo di giustizia “incontra un limite invalicabile con riferimento alla materia penale e, quindi, a reati che devono necessariamente richiedere l’intervento esclusivo del Giudice ordinario”.
Appurato che l’eventuale querela per diffamazione non lederebbe il vincolo di giustizia sportiva, va però osservato che, per integrare i presupposti del reato di diffamazione, occorre che l’offesa nei confronti della vittima venga percepita da almeno due persone (a prescindere dal destinatario dell’insulto diffamatorio). Nel caso di specie risulta già assodato dal giudice sportivo che nessuno, a parte Juan Jesus, ha udito l’offesa (a contenuto razzista) che costui afferma aver pronunciato Acerbi, ragion per cui una querela per tale reato sarebbe archiviata per manifesta carenza del suo elemento oggettivo. In conclusione, è possibile affermare che il paventato intento querelatorio del difensore del Napoli nei confronti del collega nerazzurro, laddove effettivamente posto in essere, non sortirebbe, in ogni caso, nei confronti di quest’ultimo, alcun effetto penalmente rilevante.
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