Analogie e differenze tra diritto penale e diritto sportivo
La recentissima notizia della perquisizione della sede della Sampdoria da parte della Guardia di Finanza di Genova, volta ad acquisire documentazione tendente a suffragare la tesi accusatoria della Procura della Repubblica circa reati di matrice finanziaria asseritamente commessi dalla precedente proprietà della squadra ligure (ovvero false comunicazioni sociali, emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, in relazione a compravendite di calciatori intervenute nel 2019 e nel 2020 tra Sampdoria e Juventus), ci proietta nuovamente nella dibattuta tematica della liceità o meno delle “plusvalenze” nella compravendita dei calciatori.
Innanzitutto, va osservato che le plusvalenze, di per sé, non costituiscono un illecito ma se vengono “pompate” alterando dolosamente l’effettiva correttezza del bilancio di una società (assurgendo al rango di “fittizie”), diventano un reato.
Tuttavia, se nell’ordinamento penale ciò risulta incontestabile (dando luogo ai reati suindicati) nell’ordinamento sportivo potrebbero però residuare delle incertezze alla luce del fatto che in effetti non vi sono delle regole specifiche sul tema.
Il caso “Juventus”, conclusosi (per il diritto sportivo) con il patteggiamento con la Procura Federale, non ha comunque dissipato i malumori della tifoseria della squadra bianconera, la quale ha contestato le sentenze della Corte d’Appello Federale (C.A.F.) e del Collegio di Garanzia del Coni (precedenti al citato patteggiamento) proprio sulla base dell’assunto che non vi sarebbe, nelle norme del Codice di Giustizia Sportivo, alcuna norma che punisca in modo specifico le plusvalenze fittizie.La questione che va quindi analizzata è capire se anche per l’ordinamento sportivo debba valere il c.d. principio “di legalità” (in base al quale nessuno può essere punito per un fatto che non sia già previsto dalla legge come reato, c.d. nullum crimen, nulla poena sine lege) oltre che quello di “tipicità” (o tassatività e determinatezza del fatto).
Questo tema è stato in realtà già affrontato dal Collegio di Garanzia del Coni, il quale ha sul punto avuto modo di pronunciare la seguente massima: “nell’ambito dell’ordinamento sportivo, pur trovando applicazione il principio generale penalistico del nullum crimen, nulla poena sine lege, che si traduce nell’impossibilità di adottare una sanzione per una condotta non prevista dai regolamenti, è escluso che un comportamento, seppur non specificatamente regolamentato, ma che comunque conduce all’impossibilità di disputare una gara, resti impunito” (decisione n. 26 datata 13.03.2019). In sostanza, nell’ordinamento sportivo il principio di legalità (che va pur sempre rispettato) può tuttavia subire un temperamento in relazione ad un comportamento che sia obiettivamente illegittimo, venendo così ugualmente sanzionato.È chiaro che per definire un comportamento come “illegittimo” occorre comunque pur sempre ricondurlo ad una norma presente nell’ordinamento di riferimento, altrimenti si rischia di sconfinare nell’arbitrio.
Nel caso “Juventus”, com’è noto, la norma in questione è stata individuata nell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva (CGS).
In base a tale norma del CGS, tutti i soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo «sono tenuti all’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva».
Sul tema in argomento, con la decisione n. 47/CFA/2020-2021/A, la CAF si è così espressa: “il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (cd “fair play”), ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (CFA, Sezione I, n. 38-2019/2020). In altri termini, la “lealtà sportiva” costituisce una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo. Proprio il carattere necessariamente ampio ed elastico della clausola generale in esame comporta, sul piano della fattispecie astratta, un’attenuazione dei principi di legalità e tipicità dell’illecito sportivo (cd “principio di indeterminatezza ” dell’illecito sportivo), che richiede l’ individuazione volta per volta, in base alle circostanze del caso concreto, del precetto specificatamente violato (CFA, Sezione I, n. 77/2019-2020), giuridicamente rilevante, al fine di ricostruire la regola comportamentale che si sarebbe dovuto tenere”.
Tale pronuncia della CAF, che appare assolutamente condivisibile, induce a ritenere come infondate le doglianze della tifoseria bianconera in quanto l’art. 4 lo possiamo tranquillamente equiparare a quella che nel diritto penale viene definita “norma penale in bianco”, cioè una norma che si caratterizza per il fatto di essere composta da un precetto indeterminato (nel caso di specie il dovere generico di lealtà sportiva) e da una sanzione che invece è determinata.
Tuttavia, la grande variabilità delle sanzioni applicabili (si va dall’ammonizione alla penalizzazione di uno o più punti in classifica) unitamente alla concomitante applicazione del principio di afflittività della sanzione sportiva, lasciano un’eccessiva discrezionalità al Giudice Sportivo, rispetto alla quale l’annunciata riforma della giustizia sportiva dovrebbe, a sommesso avviso di chi scrive, intervenire.
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