Nell’ultima settimana, l’Italia è stata testimone di tre terribili femminicidi che riaprono il dibattito sull’efficacia delle misure di protezione, in particolare l’uso del braccialetto antistalking. Questo dispositivo elettronico, pensato per monitorare gli aggressori e prevenire avvicinamenti non autorizzati, si è dimostrato spesso inefficace.
A mettere in luce i limiti del sistema è stata Alice Martinelli, giornalista de Le Iene, che ha indagato su alcuni gravi malfunzionamenti dei braccialetti antistalking. “Siamo sicuri che i braccialetti elettronici funzionano correttamente?”, ha chiesto durante il suo reportage, mostrando come in diversi casi i dispositivi non abbiano segnalato la violazione delle restrizioni, esponendo le vittime a rischi mortali. Le testimonianze raccolte evidenziano una drammatica realtà: la tecnologia, quando non monitorata e potenziata adeguatamente, può diventare inutile e persino pericolosa.
Anche Flaminia Bolzan, criminologa intervenuta a Tg2 Post, ha denunciato le falle del sistema di protezione, sottolineando come la mancanza di risorse e l’assenza di un monitoraggio tempestivo contribuiscano al fallimento del braccialetto antistalking nel prevenire le tragedie. Bolzan ha espressamente dichiarato che, nonostante le intenzioni, questi dispositivi non stanno proteggendo adeguatamente le donne a causa di malfunzionamenti e ritardi nella loro attivazione.
Le cifre parlano di un fallimento sistemico che non può più essere ignorato. Il braccialetto antistalking, concepito come strumento per dare sicurezza, in Italia non si sta rivelando un sistema poi così efficace.
Ma cosa accede nel resto d’Europa? L’esperienza di altri paesi europei offre spunti importanti. In Francia, il braccialetto elettronico anti-avvicinamento ha mostrato un notevole successo. Secondo Laetitia Dhervilly, funzionaria del Ministero della Giustizia, dal 2021 non si sono registrati femminicidi tra le donne che indossavano questo dispositivo. Il segreto del successo? Una tecnologia in continuo miglioramento e una formazione specializzata delle forze dell’ordine per reagire rapidamente in caso di violazione.
In Spagna, il braccialetto elettronico fa parte di un approccio più ampio che include tribunali specializzati e corsi scolastici sulla violenza di genere. Queste misure hanno contribuito a un aumento delle denunce e a una maggiore consapevolezza del problema, ma non sono sufficienti da sole a fermare la violenza. Il contesto familiare e sociale continua a giocare un ruolo fondamentale.
In Germania e nel Regno Unito, i dati mostrano che il braccialetto elettronico, senza un monitoraggio costante e una risposta pronta delle autorità, non sempre riesce a prevenire tragedie. In questi paesi, i malfunzionamenti e le risorse limitate evidenziano la necessità di migliorare i protocolli di utilizzo per evitare che simili dispositivi falliscano proprio nei momenti critici.
Questi esempi dimostrano inequivocabilmente che la lotta contro la violenza richiede un approccio più ampio, che va oltre la sola tecnologia di monitoraggio. In primo luogo, occorre assicurare risorse adeguate al monitoraggio costante dei dispositivi. La mancanza di personale specializzato può vanificare l’efficacia anche delle tecnologie più avanzate. Come dimostrano diversi casi in Germania e Regno Unito, l’assenza di una risposta tempestiva da parte delle forze dell’ordine può trasformare uno strumento preventivo in un fallimento, con conseguenze tragiche.
Inoltre, l’investimento nella prevenzione e sensibilizzazione è cruciale. Il modello spagnolo ha dimostrato che un impegno sistemico e trasversale può fare la differenza, diventando un faro per altri paesi che vogliono affrontare seriamente il problema della violenza sulle donne.Educare le nuove generazioni al rispetto e all’uguaglianza è fondamentale per ridurre i casi futuri di violenza domestica e di genere.
Non meno importante è la formazione delle forze dell’ordine. L’esperienza francese evidenzia come un addestramento mirato, che includa la comprensione delle dinamiche della violenza e l’uso corretto degli strumenti di protezione, sia essenziale per garantire interventi rapidi ed efficaci. Solo con una preparazione adeguata delle forze coinvolte si può sperare in una vera prevenzione.
Infine, la collaborazione tra le istituzioni è necessaria per costruire un sistema di protezione integrato. Il braccialetto antistalking deve essere solo uno degli strumenti a disposizione, accanto all’assistenza psicologica, al supporto economico e a strutture di accoglienza per le vittime. È attraverso un approccio coordinato che si può garantire alle donne una protezione concreta, accompagnandole in ogni fase del percorso per uscire dalla violenza.
Quante altre donne dovranno subire aggressioni, violenze o morire prima che si compia un vero cambiamento? Ogni femminicidio è una ferita aperta nella nostra società, una tragedia che grida all’inefficacia delle soluzioni finora adottate. Le promesse di protezione rimangono vuote se non accompagnate da un impegno concreto, da una rivoluzione nel modo di concepire la sicurezza delle vittime. Non possiamo più permetterci di contare vittime. Ogni donna uccisa è un fallimento collettivo, una sconfitta che coinvolge tutti noi.
Non basta la tecnologia, non bastano le parole. È il momento di agire, di investire in prevenzione, di formare chi deve intervenire e di costruire una rete di protezione vera, che sia all’altezza delle sfide attuali. Le vite delle donne non possono più dipendere dall’incertezza di strumenti che falliscono quando sono più necessari.