Sono al momento tre i palestinesi in carcere in seguito a un’ordinanza di custodia cautelare eseguita all’Aquila dalla Polizia di Stato con l’accusa di “associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”.
I soggetti in questione, tutti provenienti dalla Cisgiordania, sono membri della Brigata Tulkarem-Risposta Rapida, formazione delle Brigate al-Aqsa, braccio armato dell’organizzazione al-Fatah e sono stati identificati come Anan Kamal Afif Yaeesh (1987), Ali Saji Ribhi Irar (1994) e Mansour Doghmosh (1995). Gli arrestati avevano costituito e finanziato una struttura operativa terroristica che operava dall’Aquila, raccogliendo fondi per l’organizzazione e pianificando attentati contro obiettivi civili e militari in territorio israeliano.
Il capoluogo abruzzese risultava particolarmente utile in quanto a poca distanza da Roma ma in posizione defilata. L’attività organizzativa in territorio italiano risultava inoltre ottimale ai membri della cellula in quanto permetteva loro di sfuggire ai controlli delle forze di sicurezza israeliane. Oltre a concordare gli obiettivi e le modalità operative degli attentati, i palestinesi definivano i dettagli relativi alle rivendicazioni, anche mediante la preparazione di video e comunicati. Nei video di propaganda figuravano miliziani armati intenti in attività di addestramento militare e all’uso delle armi di giovani reclute e bambini.
Oltre a membri del governo israeliano, dell’esercito e del gabinetto di guerra, la cellula pianificava anche un attentato presso l’insediamento ebraico di Avnei Hefetz, con azione da filmare tramite telecamere installate su fucili e berretti, come già fatto da Hamas lo scorso 7 ottobre nel sud d’Israele: “Prepara qualcosa di forte per Avnei…”, “…Magari, o una macchina sulla strada come Hamzi…”; ed ancora: “…va bene, ti manderò il prezzo per il pacco dell’amore e me lo devi procurare domani appena arrivano i soldi…”; “…la settimana prossima ti arriveranno delle telecamere da installare sul fucile e sui berretti, più giubbotti di protezione…”; “…Arriveranno la settimana prossima, cosi ogni combattimento, ogni colpo viene filmato…”; “Se riesci a entrare con fortuna all’insediamento, sarà un fatto eccezionale”.
I tre arrestati erano inoltre in costante contatto con Mounir al-Maqdah, leader delle Brigate al-Aqsa e già al comando delle milizie presso il campo palestinese di al-Hilweh, in territorio libanese.Durante le perquisizioni nell’abitazione che Anan condivideva con Irar sono stati rinvenuti numerosi telefonini di varie marche, ma l’aspetto fore più interessante è quello legato agli accertamenti patrimoniali che hanno individuato ben otto conti correnti intestati al primo e nove al secondo; ciò nonostante il loro stato di disoccupazione.
In seguito alle indagini sono inoltre emersi collegamenti tra Anan e membri del Gruppo Risposta-Rapida uccisi in uno scontro a fuoco con l’esercito israeliano lo scorso novembre, identificati come Izz al-Din Raed Hussein Awad, Moamen Saed Mahmoud Balawi, Jihad Maharaj Ibrahim Shehadeh e Qasim Muhammad Rajab (gli ultimi due, peraltro, risultano indicati nel capo di imputazione come concorrenti nell’associazione ex art. 270 bis c.p. in esame). Foto dei soggetti venivano rinvenute sul profilo social di Anan, immortalati con la fascia bianca del Gruppo Risposta Rapida.Gli inquirenti, all’esito di un’analisi (ancora parziale) del contenuto dei dispositivi informatici sequestrati a Yaeesh Anan, individuavano anche conversazioni di particolare interesse dallo stesso intrattenute su Telegram con Jihad Maharaj Ibrahim Shehadeh, in relazione a finanziamenti, acquisto e distribuzione di armi ed attacchi da compiere ad Avnei Hefetz.
Il capo-cellula, Yaeesh Anan, era già stato arrestato lo scorso 29 gennaio in seguito alla richiesta di estradizione da parte di Israele in relazione al ruolo svolto dal soggetto in questione nelle Brigate al-Aqsa, organizzazione che è classificata come terrorista in UE, Stati Uniti e Canada. L’arresto aveva scatenato la reazione delle formazioni palestinesi attive in Italia nonché dei movimenti di estrema sinistra che si oppongono alla sua estradizione e ne chiedono la liberazione. Diversi appelli in suo favore erano apparsi sui siti “Ondarossa” e “Rivoluzione Anarchica”, ovviamente in nome della “Palestina libera”.
Tra i vari aderenti all’iniziativa: Unione Democratica arabo-palestinese, Giovani Palestinesi d’Italia, Yousef Salman (Presidente comunità palestinese Roma e Lazio), Raniero La Valle (Pace-Terra-Dignità), Usb Abruzzo/Molise, Cobas Abruzzo, CGIL Abruzzo/Molise, Sinistra Italiana, Potere al Popolo Abruzzo, Partito della rifondazione comunista, L’Aquila Coraggiosa, Anpi, Anppia, Circolo Arci Querencia L’Aquila, Associazione donne TerreMutate, solidali abruzzesi con Anan Yaeesh. Per quanto riguarda gli spostamenti di Yaeesh Anan, ci sono diversi aspetti da chiarire e a tal fine è utile fare un breve riassunto al riguardo.
In base a un interrogatorio della DIGOS dell’Aquila in data 31/10/2017 volta ad acquisire sommarie informazioni sull’ingresso di Anan in Italia e ad ulteriori approfondimenti emergono i seguenti elementi: Nel 2002 Anan entrava a far parte dei servizi segreti di al-Fatah ma nel 2005 veniva licenziato su pressioni israeliane in quanto indicato come precedentemente coinvolto in attacchi contro Israele.Nel settembre del 2005 Anan veniva arrestato dalla polizia palestinese affiancata da militari statunitensi e rinchiuso nel carcere di Gerico dove evadeva sei mesi dopo.In seguito all’evasione, il soggetto in questione restava nascosto a Tulkarem fino al dicembre 2006 quando veniva ferito in uno scontro a fuoco con l’esercito israeliano e arrestato. Anan restava in carcere in Israele fino all’aprile 2010 quando veniva scarcerato.
Nel settembre del 2013 ottiene un visto Shengen dal consolato norvegese di Ramallah e vola in Norvegia dove rimane per qualche anno prima che le autorità locali gli revocano il visto in seguito a una richiesta di estradizione da parte delle autorità israeliane. Ciò in quanto dei palestinesi arrestati lo avevano indicato come addestratore di miliziani e legato al traffico di armi.Gli viene rifiutato il permesso di soggiorno per protezione internazionale; Anan fa allora ricorso tramite avvocato ma perde e riceve foglio di via.
A quel punto si reca in Svezia per tre mesi nel tentativo di ottenerlo là, ma non ci riesce; torna dunque in Norvegia e da lì, nell’ottobre del 2017, prende un treno e arriva a Roma. Da tenere presente (come dichiarato dallo stesso Anan) che egli era allora privo di documenti ed aveva solo la foto che ritrae il passaporto e copia di documenti della Croce Rossa Internazionale in quanto tutti i documenti erano stati trattenuti dalle autorità norvegesi. A Roma conosce alcuni arabi in un ristorante gestito da un siriano nei pressi del Vaticano che gli suggeriscono di andare all’Aquila dove sarebbe stato più facile ottenere un permesso di soggiorno per protezione internazionale. Nel settembre del 2018 Anan ha un’audizione per la richiesta di protezione internazionale.
Secondo quanto emerso da un comunicato di Rivoluzione Anarchica, Anan avrebbe ottenuto il permesso di soggiorno per protezione speciale nel 2019, mentre le carte dell’indagine rivelano che nel settembre del 2022 il Tribunale di Bari aveva rigettato la richiesta di protezione internazionale avanzata da Anan proprio per motivi di sicurezza nazionale e ordine pubblico:“… dall’esame delle dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione non si evince alcuna rinnegazione di quel passato né ravvedimento a fronte dei crimini commessi e delle ideologie ad essi sottostanti, non venendo mai revocate in dubbio l’appartenenza e l’adesione e la consequenziale militanza nell’organizzazione terroristica”.
In aggiunta, è anche emersa un’attività commerciale a suo nome: un negozio di pizza/kebab, a Mestre in via Querini, con cessata attività nel settembre del 2022, stesso mese in cui gli viene rifiutata la protezione internazionale. Secondo altre informazioni, Yaeesh lavorava come traduttore all’Università La Sapienza di Roma. Eppure, Anan è riuscito ad ottenere dei documenti, non si sa bene di che forma, per viaggiare in vari Paesi tra cui la Malesia, gli Emirati, Malta, la Germania e la Giordania, dove si reca nel maggio 2023 per rimanervi fino a novembre. Tra l’altro nelle carte si legge che il permesso di soggiorno di Anan sarebbe scaduto l’11 novembre e non risulta presentata domanda di rinvio (tra l’altro si indica 11.11.24, probabile errore in quanto dovrebbe essere 23)?
Il 7 gennaio 2024 Anan prendeva un appartamento in affitto assieme a uno degli altri indagati, Irar Ali Saji Ribhi, entrambi risultanti disoccupati. Com’è possibile che Anan, nonostante il suo trascorso e nonostante i controlli della DIGOS, sia riuscito ad ottenere un permesso di soggiorno quando sia Norvegia che Svezia glieli avevano rifiutati? Le autorità italiane erano al corrente della particolare situazione di Anan? Difficile credere di no, considerati i controlli effettuati dalla DIGOS e il parere del Tribunale di Bari. Com’è possibile che le ingenti attività finanziarie dei soggetti in questione, disoccupati, non abbiano allertato da subito le autorità competenti? E’ bene ricordare nuovamente che le Brigate al-Aqsa sono classificate come organizzazione terrorista in Unione Europea. Le indagini fanno emergere come il territorio italiano era di fatto diventato luogo per pianificazione di attentati in Israele e raccolta di fondi per l’organizzazione; questo significa che i soggetti in questione si sentivano sicuri di poter operare dall’Italia e questo è un problema molto serio. Perché si sentivano sicuri? L’arresto di Anan è scattato su richiesta delle autorità israeliane che evidentemente sapevano cosa stesse accadendo. L’Italia sapeva?
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