Lunedì il Messico ha dichiarato di aver intercettato armi militari statunitensi in arrivo nel paese. Il ministro della Difesa messicano ha avvertito Washington dell’afflusso di armi che dovrebbero essere “ad uso esclusivo dell’esercito americano”.
Il traffico di armi è stato uno dei temi discussi dai due paesi venerdì a Washington durante la visita di funzionari messicani. Il Messico ha da tempo accusato gli Stati Uniti e le loro leggi permissive sulle armi per il flusso di armi ai suoi cartelli, che a loro volta sono spesso finanziati dalla vendita di farmaci ai consumatori statunitensi.
L’ambasciatore americano in Messico, Ken Salazar, ha detto lunedì che ridurre i flussi di armi dagli Stati Uniti al Messico è una priorità per il presidente Joe Biden.
Secondo le autorità messicane, ogni anno più di mezzo milione di armi vengono trafficate in Messico dagli Stati Uniti. Il Messico controlla strettamente le vendite di armi, rendendole praticamente impossibili da ottenere legalmente, ma la violenza legata alla droga che coinvolge armi da fuoco rimane diffusa.
Dal 2006, quando il governo messicano ha schierato l’esercito per combattere il traffico di droga, ci sono stati più di 420.000 omicidi, la maggior parte dei quali attribuiti a bande criminali.
Resta un grande punto interrogativo, quando a muovere le accuse contro gli Usa -in fibrillazione elettorale- è uno Stato dove la corruzione e il clientelismo sono passpartout: i risultati del Global Organized Crime Index collocano il Messico tra i quattro paesi più vulnerabili al crimine organizzato al mondo, con un punteggio di criminalità di 7,57 (la media globale è 4,88) e un punteggio di resilienza di 4,46, inferiore alla media globale.
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