Milano perde Andrea Acquarone, il grande giornalista di cronaca nera

Il "nerista" per eccellenza si è spento a Milano a soli 59 anni

Caro Andrea, a soli 59 anni te ne sei andato, eppure ci siamo visti solo qualche giorno fa. Tu eri seduto al bar con la sigaretta in mano e con i tuoi inseparabili occhiali da sole. Ogni volta che tornavo a casa, mi seguivi con lo sguardo mentre mi avvicinavo e mi aspettavi per scambiare le solite due parole. Malgrado i tanti anni passati nella stessa zona, pur frequentando le stesse vie, abbiamo iniziato a chiacchierare solo dopo la pandemia. Prima di allora, non sapevo che fossi un giornalista, non conoscevo la tua passione per la cronaca nera e tantomeno le battaglie che, nel frattempo, combattevi a muso duro per il tuo quartiere.

Mi rammarica molto aver sempre rimandato quel nostro incontro, che tanto mi chiedevi, per consegnarmi copie di alcuni documenti che avrebbero potuto regalare uno scoop al giornale. Io, presa sempre da mille impegni, ti promettevo che il tempo lo avrei trovato ma oggi, purtroppo, di tempo non ce n’è più. Tento di ripartire da qui, dall’articolo che spesso mi facevi vedere sul tuo cellulare per spiegarmi che dal 2018 a oggi, nulla era cambiato e che tu, come sempre, ci avevi visto lungo. Non so cosa riuscirò a fare ma ti prometto che cercherò di andare a fondo di quello che, a questo punto, voleva essere il tuo ultimo caso da  risolvere e scrivere. Cercherò una penna del giornalismo alla tua altezza.

 

 

Andrea Acquarone è stato uno dei giornalisti più apprezzati di Milano per la sua capacità di raccontare la “nera”. Ha seguito decine e decine di casi di omicidi documentandosi ed esponendosi sia attraverso le pagine dei quotidiani sia partecipando a trasmissioni televisive con tesi che, successivamente, si sono sempre rivelate fondate. Ha lavorato a Il Giornale con il direttore Montanelli e ha collaborato con diversi quotidiani nazionali. Negli ultimi anni aveva preso molto a cuore la sorte della zona nella quale viveva e non si dava pace per il degrado della “Milano da bere” che lo aveva visto crescere.