Al Summit della Piattaforma per la Crimea, tenutosi a Kiev ieri, mercoledì 11 settembre, il presidente ucraino Volodimir Zelenskij ha ricordato che la guerra attuale, che devasta l’Ucraina, ha avuto inizio con l’occupazione della Crimea da parte della Russia. Nel suo discorso, Zelenskij ha sottolineato che la liberazione della penisola è la chiave per garantire una pace duratura non solo per l’Ucraina, ma per tutta la regione. “Solo quando la Crimea sarà libera, potremo parlare di vera pace”, ha affermato con determinazione.
Questa dichiarazione ha assunto un significato ancora più rilevante nel contesto della quarta edizione della Piattaforma Crimea, un vertice istituito da Zelenskij nel 2021 per richiamare l’attenzione internazionale sulla situazione della Crimea occupata dai russi dal 2014. Il forum ha visto la partecipazione di circa sessanta leader internazionali, tra cui il Segretario di Stato Usa Antony Blinken e la Premier italiana Giorgia Meloni, che ha inviato un videomessaggio.
Meloni ha sottolineato che “dall’inizio dell’invasione russa, la Crimea è diventata anche una base per gli attacchi deliberati della Russia contro i civili e le infrastrutture critiche. Ma la Russia non è riuscita a piegare l’eroica resistenza dell’Ucraina”. La Premier, che aveva incontrato Zelenskij pochi giorni prima al Forum Ambrosetti, che si è tenuto dal 6 all’8 settembre 2024 presso la consueta sede di Cernobbio, sul Lago di Como, ha ribadito l’impegno dell’Italia verso la fine della guerra e ha ricordato che Roma ospiterà nel 2025 la Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina.
A Kiev, per l’occasione, è stato inaugurato un memoriale dedicato alle vittime del genocidio del popolo tartaro di Crimea, una ferita aperta nella storia del paese. Il leader dei tartari di Crimea, Mustafa Džemilev, e lo stesso Zelenskij hanno reso omaggio alle migliaia di persone che hanno sofferto durante la deportazione del 1944, un atto riconosciuto come genocidio non solo dall’Ucraina, ma anche da Paesi come Lituania, Lettonia, Canada e Polonia.
Questo memoriale non è solo un luogo di ricordo, ma un simbolo della lotta per la libertà, per la giustizia e per la dignità. La storia della Crimea non è stata mai dimenticata, e Zelenskij, con il supporto del popolo ucraino, ha ribadito l’impegno a riportare la pace nella penisola. “La nostra resistenza, il coraggio dei nostri soldati e il supporto dei nostri alleati dimostrano che non ci arrenderemo. Costringeremo la Russia a confrontarsi con la realtà e con il diritto internazionale”, ha dichiarato con forza.
Il Segretario di Stato americano Antony Blinken, il ministro della Difesa statunitense e il capo del Ministero degli Esteri britannico, David Lammy, giunti a Kiev, hanno portato un messaggio inequivocabile: il sostegno all’Ucraina non vacillerà. Anche Valerij Zalužnyj, comandante in capo delle forze armate ucraine, è tornato a Kiev per discutere del futuro degli aiuti militari, un gesto che ha fatto riflettere gli osservatori politici sul ruolo del controllo occidentale in questa guerra.
Al vertice, Blinken ha dichiarato: “La Crimea ci insegna il futuro che Putin cerca per tutta l’Ucraina”. Il Segretario di Stato ha spiegato che la Russia ha sradicato la stampa libera, imprigionato e fatto sparire difensori dei diritti umani, giornalisti e attivisti della società civile. Ha proseguito affermando che “la Crimea non è un caso isolato: è un modello. È così che la Russia governa ogni parte dell’Ucraina che occupa”.
L’attenzione, tuttavia, si è concentrata sulla possibilità che l’Ucraina possa presto ricevere armi a lungo raggio, come i missili americani MGM-140 Army Tactical Missile System (ATACMS) o i franco-britannici Storm Shadow, capaci di raggiungere obiettivi in profondità sul territorio russo. Questo rappresenta un enorme punto di svolta nel conflitto. Sebbene il numero di questi missili non sia ampio, il loro potenziale distruttivo è significativo. Tuttavia, l’uso di queste armi richiede competenze specifiche e il supporto tecnologico di satelliti, che l’Ucraina non possiede completamente. La domanda rimane: chi programmerà i bersagli e gestirà l’uso di questi missili? Si tratta di una questione delicata, che pone interrogativi sulla sovranità e sulla dipendenza dell’Ucraina dai suoi alleati occidentali.
Nel frattempo, i segnali provenienti da Washington sembrano chiari: il governo degli Stati Uniti potrebbe autorizzare l’uso di queste armi, ma a condizione che Kiev rispetti le “linee rosse” imposte dalla NATO. Blinken ha cercato di rassicurare gli alleati europei, affermando che, sebbene l’escalation sia possibile, non deve diventare la questione centrale per l’Unione Europea. Le decisioni, ha ribadito, verranno prese con prudenza e in accordo con le esigenze del campo di battaglia.
Non sono mancate, come prevedibile, le critiche provenienti dal governo russo, critiche che sembrano inserite in una chiara strategia volta a screditare e delegittimare sia lo sforzo ucraino sia il sostegno internazionale. Questa retorica negativa si inserisce in un contesto in cui la Russia cerca costantemente di ridimensionare la legittimità delle azioni di Kiev, denigrando ogni tentativo dell’Ucraina di difendere il proprio diritto alla sovranità e all’integrità territoriale. Mentre Kiev continua a rafforzare le proprie alleanze e a mantenere alta l’attenzione globale sulla propria causa, le dichiarazioni russe appaiono sempre più come tentativi di distrarre l’attenzione dalla realtà della guerra di aggressione e di giustificare la propria narrativa interna. Queste critiche si inseriscono in un quadro più ampio di propaganda, che tenta di dipingere l’Ucraina come un “quasi-stato” dipendente dall’aiuto occidentale, mentre ignora deliberatamente il forte sostegno internazionale e la determinazione di Kiev a difendere la propria indipendenza.
Il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha etichettato il Summit come una sorta di “stregoneria”, dove l’Occidente continua a coltivare “tendenze neonaziste e razziste” in Ucraina, sottolineando il divario tra la visione russa e quella internazionale riguardo alla Crimea, si legge su RIA Novosti. Inoltre, alcuni osservatori russi, hanno definito l’evento “solo un mezzo per ottenere un altro pacchetto di aiuti dagli Stati Uniti”. L’accusa principale è che tanto gli USA quanto Kiev sarebbero interessati al proseguimento del conflitto: gli Stati Uniti, per legittimare “l’ingiustificata spesa di denaro a favore del regime illegale di Kiev”, e il governo ucraino, per assicurarsi il proseguimento dei finanziamenti necessari alla propria sopravvivenza, poiché senza tali aiuti, “l’esistenza del quasi-stato Ucraina finirebbe in un mese”.
L’incertezza sul futuro è palpabile, ma una cosa è chiara: l’Ucraina non intende fermarsi. La liberazione della Crimea rimane un obiettivo non negoziabile, e finché la penisola non sarà libera, la lotta continuerà. Zelenskij ha detto chiaramente che nessuno ha il diritto di negoziare per conto dell’Ucraina, riaffermando il suo ruolo di leader indiscusso in questa battaglia per la sovranità.
La posta in gioco è alta. La Crimea non è solo un territorio strategico, ma rappresenta il simbolo della resistenza ucraina, della sofferenza e del desiderio di giustizia.