Poliziotto cinquantenne deluso dalla vita si ritrova a dover fare i conti con la morte della moglie. In un paesino sperduto dell’Islanda l’uomo prova a reagire dedicandosi alla nipotina e ai lavori di bricolage. Il caso lo metterà a conoscenza di un tradimento della consorte rivoluzionando tutta la sua precaria esistenza. Dopo un’indagine Ingimudur ( il protagonista) comincerà ad essere ossessionato dalla vicenda e farà di tutto per vederci chiaro.
Arriva in sala A white, white day del regista islandese Hlynur Palamason, un noir di confine dove le anime confondono i contorni con il paesaggio e le verità sono discutibili. Il film rappresenta uno dei più interessanti rivelatori di umanità visti di recente sul grande schermo. Totalmente inserito nella cultura e nel paesaggio islandese A white white è una vicenda a tinte fosche come la nebbia e come la nebbia non rivela mai se stesso. L’ossessione per la verità che pervade un uomo in lutto è il collante per una vicenda dove i dettagli diventano l’unica visione d’insieme.
Recitato in maniera sontuosa da Sigurdsson, in grado di confondersi totalmente con il suo personaggio, il film parla del valore di una memoria priva d’incertezze e acredine. Un giallo che fa dell’accettazione la vera rabbia attraverso un viaggio che il protagonista compie, suo malgrado, dentro la sua incapacità di fuggire davanti al reale. Il regista amplifica la deriva mentale attraverso una regia claustrofobica in grado di marcare una linea tra la mente delle persone e il paesaggio, da cui sembra impossibile fuggire.
Un uomo privo di sentimenti e spesso manipolatore con le donne ma capace di grande dolcezza verso la nipotina con cui può essere sentimentalmente libero. I dialoghi del film raccontano una nazione quasi quanto il paesaggio, parole malinconiche segno di un’accettazione che non sconfina nella rassegnazione.