Il fatto risale a luglio, ma le indagini sono iniziate ad agosto quando i familiari delle vittime hanno presentato una denuncia ai carabinieri. Al momento si sa che l’unico maggiorenne del branco è stato individuato e fermato
Non basta leggere di quello accaduto da poco a Palermo. Questo è l’ennesimo caso di violenza sessuale ai danni di due minorenni. Due cuginette, di appena 13 anni, sono state violentate da un gruppo di adolescenti coetanei al Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. Il fatto, come riferisce “il Mattino” è avvenuto a inizio dello scorso luglio. É il quotidiano a ricostruire la vicenda attraverso l’aiuto degli avvocati delle famiglie delle vittime che, ad agosto hanno denunciato l’accaduto.
Lo stupro commesso dal branco
Nella prima settimana di luglio, erano circa le sette di sera, quando le due ragazzine sarebbero state portate in un capannone abbandonato con la scusa che quel posto era perfetto per giocare senza essere disturbati. Quello che sarebbe successo da lì a poco non sarebbe stato sicuramente un gioco.Il branco che avrebbe abusato delle cuginette sarebbe stato composto da sei ragazzi, forse in gran parte loro coetanei, ma anche sul numero di persone coinvolte non si è certi. Intanto la procura avrebbe avviato le indagini attraverso le analisi dei cellulari sequestrati.
Le ragazzine avevano paura della banda
Il fratello più grande di una delle vittime ha scoperto, grazie ad un suo amico, cosa era successo alla sorella e alla cugina, informando subito i genitori. Da lì le ragazze, tramite gli assistenti sociali, sono riuscite a raccontare l’accaduto, liberandosi del grosso peso che si portavano dentro. Piccole e spaventate avevano preferito tacere perché temevano ripercussioni da parte della banda.
Sottoposte successivamente a visite mediche al Santobono di Napoli, c’è stata la conferma della violenza subita. Al momento si sà che l’unico maggiorenne del gruppo sarebbe già stato individuato e condotto nel carcere di Poggioreale. Le due ragazzine si troverebbero adesso in una casa famiglia fuori da Caivano così da essere più tutelate. Le indagini sono andate avanti, in queste ultime settimane, nel più assoluto riserbo ma è trapelato che si sta procedendo all’analisi di alcuni telefoni cellulari per cercare di ricostruire con esattezza la dinamica dei fatti come spostamenti, chiamate, messaggi ma anche la presenza di audio o video ‘rivelatori’.
Cosa sappiamo del Parco di Caivano
Nel 1980, uno dei terremoti più disastrosi che l’Italia ricordi provocò quasi 3.000 vittime in Campania, la maggior parte delle quali in Irpinia. L’anno dopo, la Legge 219 – cosiddetta “post-terremoto” – dispose, fra le altre cose, la costruzione di alloggi alternativi per gli oltre 280mila sfollati. Il Parco Verde di Caivano nasce infatti con una legge che stanziò 1.500 miliardi di lire fuori bilancio e che diede il via a una delle più grandi speculazioni edilizie che il Meridione ricordi.
Tant’è vero che, da sistemazione provvisoria, il Parco Verde si è trasformato in rione residenziale permanente. Un ghetto abitato da reclusi in casa, fisicamente separato dal resto della cittadina, segnato da stradoni perpendicolari di cui nessuno ricorda più il nome. Il Verde che definisce il Parco non è quello di aiuole o giardini, ma quello sbiadito dei palazzi che sorgono uno dopo l’altro in fila, con ampi cortili interni dove il narcotraffico è l’attività quotidiana più diffusa.
Il Parco Verde di Caivano, considerato da anni la “Nuova Scampia”, ovvero il luogo in cui si è spostato il supermarket dello spaccio di droghe attivo ad ogni ora del giorno e della notte, è da tempo sotto assedio dei carabinieri che con operazioni praticamente quotidiane hanno smantellato parte delle piazze di spaccio (altre invece resistono e prosperano). Una periferia nella periferia a nord di Napoli. «Un quartiere che è nato in modo sbagliato», ammette il sindaco di Caivano Enzo Falco. Seimila persone, nessun servizio, 12 piazze di spaccio, una scuola di trincea e i bambini che giocano in mezzo alle siringhe.
In questa zona le persone non entrano neanche per sbaglio, a meno che non ci vivano.
Il degrado umano della zona, per anni dimenticata dalle istituzioni, lì dove resiste l’attività meritoria di una scuola, la “Morano” che lavora in prima linea insieme agli insegnanti, con i ragazzi e con le famiglie. Non dimentichiamo l’attivismo e il coraggio di padre Maurizio Patriciello, il parroco anti-camorra della zona, attualmente sotto scorta. La sua è la prima delle tante reazioni che si sono susseguite, dal mondo della società civile a quello della politica. Patriciello commenta addolorato: “Di questa vicenda se ne parlerà per qualche giorno, forse per qualche settimana ma poi queste due povere ragazze si porteranno dentro questo trauma per tutta la vita, vivranno questo dolore con le loro famiglie. Se ci sono femminicidi, se ci sono casi di violenza brutale, che avvengono sia in quartieri degradati sia in quelli più agiati vuol dire che noi abbiamo sbagliato, abbiamo deciso di non educare.”
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