Nel sud della Tunisia è iniziata una vera e propria caccia al migrante con ronde di cittadini che si aggirano per la città di Sfax alla ricerca dei sub-sahariani. Il porto meridionale del paese mediterraneo è la base di partenza ideale per raggiungere l’isola di Lampedusa che dista soltanto 200 chilometri. Da una decina di giorni gli scontri sono durissimi fra tunisini e i migranti arrivati qui dalle confinanti Libia ed Algeria, scatenati dall’omicidio di un quarantenne tunisino accoltellato sembrerebbe da un migrante camerunense al termine di una lite. La polizia locale ha cercato di riportare la calma, ma gli abitanti di Sfax hanno organizzato delle spedizioni per andare casa per casa alla ricerca dei migranti.
Sale la tensione
Moltissimi sub-sahariani si sono allora radunati alla stazione della città per cercare di raggiungere Tunisi o comunque il nord del paese in treno, ma gruppi consistenti sono stati caricati su pullman e portati in zone desertiche al confine di Libia ed Algeria. La tensione è comunque palpabile in tutto la Tunisia dove il rapporto con i migranti provenienti dagli altri paesi africani è diventato molto difficile. Il presidente Kais Saied ad aprile aveva infatti parlato di un progetto internazionale per una “sostituzione etnica” della società tunisina per cercare di trasformarla in africana cancellando la sua cultura araba. Queste parole hanno scatenato la violenza verso i sub-sahariani presenti nel paese che hanno cercato di lasciare la Tunisia, sia dirigendosi verso l’Europa che tornando nelle nazioni di origine. La mossa di Saied sembra però soltanto dovuta all’estrema difficoltà in cui si trova il suo paese che ha urgente bisogno di prestiti internazionali per evitare il default economico.
Il presidente tunisino ha bollato i fatti di Sfax come propaganda di circoli coloniali occidentali, ribadendo che i migranti ricevono un trattamento umano derivante dai principi della società tunisina. L’organizzazione non- governativa Human Right Watch ha invece documentato uno scenario molto complicato per le centinaia di migranti trasportati nelle zone desertiche al confine con la Libia, dove risulta impossibile offrire assistenza umanitaria a chi ne avrebbe effettivamente bisogno.
Le difficoltà del governo tunisino
In questa situazione diventa sempre più difficile lavorare con il governo tunisino, soprattutto in vista del piano europeo di gestione dei flussi migratori. Tunisi infatti resta uno dei principali hub di partenza delle imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo e sono all’ordine del giorno le partenza soprattutto da Sfax. Il progetto europeo prevede di lavorare sulla cosiddetta “dimensione esterna” vale a dire i paesi di partenza o di transito. Vista la grande instabilità che ancora caratterizza la Libia dove esistono due governi, il primo a Tripoli appoggiato dalle Nazioni Unite e militarmente difeso dalla Turchia ed il secondo a Tobruch sostenuto da russi ed egiziani, la Tunisia sembrava l’unico vero interlocutore nel Mediterraneo centrale. Saied ha però più volte dichiarato che il suo paese non sarebbe diventato una piattaforma di esternalizzazione dei migranti che l’Europa non vuole accogliere. Un nodo cruciale per il piano europeo fortemente voluto dal governo italiano, che incontra già molti problemi per quanto riguarda la ridistribuzione in Europa, soprattutto da parte di Polonia ed Ungheria.
Il nodo del prestito dell’FMI
Ma il presidente tunisino sembra voler giocare su questa complessa situazione e continuerà ad alimentare lo scontro fino all’ottenimento dei prestiti. Italia e Francia si stanno dando molto da fare per sbloccare i quasi 2 miliardi del Fondo Monetario Internazionale che attiverebbero anche 900 milioni da parte dell’Unione Europea. Questo domino virtuoso farebbe scattare un altro presto di circa 5 miliardi dai Paesi del Golfo Persico, ma gli ultimi dati vedono i quasi 8 miliardi in arrivo sufficienti soltanto a pagare gli interessi sui debiti precedenti e la spesa corrente per il 2023, senza nessun investimento strutturale per la pericolante economia tunisina. Nel paese del Maghreb stanno iniziando a scarseggiare i beni di prima necessità e senza importazioni di carburante e generi alimentari la Tunisia rischia il collasso. Saied non è intenzionato a tagliare i sussidi che la sua amministrazione ha distribuito all’elettorato a lui fedele perché perderebbe l’appoggio popolare ancora piuttosto forte. In questa difficile situazione il popolo tunisino scarica rabbia e frustrazione sui migranti arrivati soprattutto dai paesi del Golfo di Guinea come Costa d’Avorio, Togo, Guinea e Mali che spesso preferiscono farsi rimpatriare che restare. Dopo diversi giorni di estrema violenza la situazione nel Governatorato di Sfax sembra essersi calmata anche per l’arrivo di imponenti forze militari, ma le partenze con imbarcazioni di fortuna restano all’ordine del giorno e dialogare con la Tunisia sembra una sfida davvero complessa per l’Europa.
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