Nel fine settimana del 30 giugno al 3 luglio si è svolto vicino a Parigi nella località di Auvers sur Oise “il Free Iran World Summit 2023 verso una repubblica democratica”. Un vertice cui hanno partecipato numerosi rappresentanti del parlamento italiano e della politica e delle istituzioni internazionali, del calibro di Mike Pence, Mike Pompeo e John Bolton per denunciare con forza la tirannide iraniana e tutti i regimi dittatoriali come Cuba, Russia e Cina. Il monito lanciato è stato chiaro: no al nucleare in mani di regimi corrotti, liberticidi ed esportatori di instabilità e terrorismo globalmente, no a politiche di appeasement con chi ha da sempre dimostrato di non avere alcun interesse o intenzione ad aperture democratiche.
Si è trattato del primo summit organizzato dai Mujahaeddin del Popolo Iraniano dopo le rivolte iniziate in Iran nel settembre 2022 dopo la barbara uccisione di Masha Amini.
Contemporaneamente, si teneva a Parigi una enorme manifestazione di piazza per un Iran libero e contro ogni dittatura, religiosa o monarchica, con la partecipazione di cica 100mila persone della diaspora iraniana giunte da tutto il mondo, manifestazione che il governo Macron aveva inizialmente cercato di bloccare per presunte difficoltà a garantirne la sicurezza e che invece si è tenuta con grande successo.
I presenti al Summit hanno sostenuto la posizione e la candidatura di Maryam Rajavi, la presidente del Consiglio Nazionale della resistenza iraniana, ad oggi la più importante forza di opposizione al regime degli Ayatollah.
Al grido di “No Shah no Mullah” di migliaia di partecipanti al summit, è stato presentato il Piano in 10 punti di Maryam Rajavi per un Iran libero, laico e democratico, un piano che prevede, fra le altre cose, la separazione del potere spirituale da quello temporale, la libertà di espressione, di movimento e di organizzazione, la libertà religiosa e lo stop alla Sh’ria come legge dello stato, la cessazione della tortura e della pena di morte. Maryam Rajavi ha più volte ripetuto, nel suo discorso al summit, l’obiettivo di una rivoluzione per la liberetà, la democrazia e l’uguaglianza, nonché di essere fortemente religiosa, ma di credere nella libertà di culto e anche in quella di non credere. Ha ribadito l’inevitabilità di un rovesciamento del regime attuale chiedendo il forte sostegno dell’Occidente e del mondo intero.
Massima attenzione si è data alla minaccia iraniana di utilizzare missili balistici Khorramshahar di lunga gittata, in grado di raggiungere e colpire non solo Israele ma anche l’Italia e l’area del mediterraneo, ai report israeliani secondo i quali in alcuni siti a sud di Teheran si sarebbero raggiunte soglie di purezza dell’uranio pari al’83% mentre IAEA ha ribadito che la soglia del 60% è già stata da tempo superata.
L’ex vicepresidente di Trump, Mike Pence ha chiaramente ribadito che “non si permetterà mai all’Iran di avere bombe atomiche”.
Il ricatto iraniano sul nucleare, che forza in favore del regime degli Ayatollah i rapporti con troppi governi occidentali, deve trovare una risposta urgente e non attraverso concessioni.
Messaggio chiaro anche alla presidenza Biden
Allarme e denuncia anche per la violazione della Risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza ONU con la continua fornitura alla Russia di droni e altra strumentazione militare, in una saldatura di interessi, che coinvolge anche la Cina, che rappresenta un gravissimo pericolo per il mondo intero.
Sarà Maryam Rajavi il cambiamento opportuno per l’Iran? Rappresenterà questo grande movimento che ha un così ampio sostegno internazionale la migliore soluzione per l’oppresso popolo iraniano? Oppure è più auspicabile un frattura interna al regime (quando non è dato sapere) magari spinta dai giovani ? Oppure potrebbe arrivare dall’esercito regolare? I prossimi mesi saranno cruciali per il regime di Teheran.
Cristina Franco @riproduzione riservata