Una coppia di ottantenni passeggia per le vie di Cracovia ricordando i luoghi della loro infanzia. Attraverso l’evocazione del passato, i due provano a ragionare sulla vita e sulle circostanze che li hanno portati lontano dalla Polonia. Uno si chiama Roman Polanski e l’altro Ryszard Horowitz. Testimoni diretti dell’olocausto sono sopravvissuti e hanno continuano la loro amicizia fino ad oggi. Di professione regista Roman ha evitato il campo di concentramento grazie a una coppia di contadini che l’ha ospitato fino alla liberazione.
Artista dell’immagine Horowitz ha conosciuto l’esistenza di Auschwitz fino a che Oscar Schindler non lo ha liberato. La passeggiata di questi due conoscenti è diventata un documentario dal titolo Hometown , la strada dei ricordi . I due cineasti Mateusz Kluda e Anna Kokoszka hanno riunito ore di girato per raccontare due anime sensibili. Attraverso uno scambio d’idee il film attraversa la storia europea del novecento direttamente dalla voce di chi c’era. Il punto di forza del lavoro è la sua leggerezza nell’affrontare atrocità e il sorriso con cui gli amici provano a ritrovare un tempo difficile.
Fotografo e regista si comportano in maniera normalissima divulgando con intensità le loro esperienze. Si ricordano la scuola, il cinema e la strada provando a trasmettere sensazioni passate ma soprattutto presenti. La regia è in sostanza invisibile e la scena è vera. Il compito dei filmmaker è di non preparare quasi nulla e lasciare campo libero alle narrazioni che sfociano dai due artisti . Guardando Hometown si pensa a qualcosa di vicino non a un film vero e proprio.
Le considerazioni in scena sono uno scambio di idee onesto e divertente , privo di retorica e di grande interesse. La dimensione che Polanski riesce a creare è da narratore sopraffino mentre Horowitz stupisce per il talento di rendere chiara un’immagine anche usando le parole. Hometown regala entusiasmo direttamente dalla saggezza e la freschezza mentale di due signori mai invecchiati.