Commissario di polizia siciliano conduce una guerra personale con un delinquente mascherato da imprenditore. Dopo aver provato di tutto lo sbirro, si decide ad agire con le stesse armi. Disincantato e deluso l’agente trova in un magistrato pignolo un ostacolo inaspettato. Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica è un film del 1971. Il lavoro diretto da Damiano Damiani è un atto d’accusa contro la latitanza di uno stato colluso con la criminalità. Le vicende proposte dal regista però vanno oltre la semplice denuncia descrivendo un mondo vero e proprio. Interpretato da Franco Nero e Martin Balsam Confessione, prova a indagare sulla condizione di un paese che ha smesso di sperare lasciando al silenzio e alla convenienza di pochi il campo libero.
La liberazione di un malvivente dal manicomio è il pretesto per parlare d’imprenditoria, di sindacati e dello zelo di alcuni uomini. Un quadro eccellente che Damiani descrive con dovizia presentando una coralità di personaggi interessanti. Centro della storia è un poliziotto stanco che ha capito quanto sia inutile applicare la legge quando calunnie e dubbio sono “scelte comuni”. In contrapposizione il magistrato, Franco Nero, fa del codice una stella polare inattaccabile.
Il film funziona grazie alla sua onestà intellettuale nel descrivere le istituzioni e gli uomini che ne fanno parte. Una storia di grande ritmo che il regista mantiene attraverso la tensione di un’epica urbana. La necessità di riscoprire titoli simili è direttamente proporzionale all’interesse storico psicologico degna testimonianza di un passato ancora attuale. Un film anzitutto sul coraggio e sull’approccio alla vita che si distingue per un finale malinconico. Il magistrato cambierà opinione e tutto rimarrà uguale.