I peggiori film del 2022

L’anno volge al termine. Quale migliore occasione per stilare una lista dei peggiori film usciti.

 

JURASSIC WORLD – Il dominio

Ultimo capitolo della trilogia giurassica diretta da Trevorrow. Questa volta i protagonisti dovranno vedersela con un’epidemia di locuste giganti geneticamente modificate e impedire lo scoppio di una carestia globale. Ennesimo patetico esperimento di sfruttamento del nome di una pellicola di successo fino allo sfinimento. Formula studiata ad hoc per dare in pasto al pubblico un prodotto sempre più ricco di azione che però manca di originalità e finisce per risultare caotico e ridondante. Nonostante la ricomparsa nel cast del terzetto Dern, Goldblum, Neil, iconici interpreti del primo Jurassic Park, il film fallisce anche nel tentativo di un salvataggio nostalgico. Quasi 3 ore di montagne russe ed esuberanze che perdono di vista la vera essenza del genere d’intrattenimento, mai più raggiunta dopo i primi due lavori di Spielberg. Un limone spremuto troppe volte che non rilascia più succo.

 

TICKET TO PARADISE

Il film narra la vicenda di una coppia divorziata unita nella missione comune di impedire alla figlia innamorata di commettere i loro stessi errori. Epilogo scontato colpevole di rendere superfluo il ruolo/piacere dello spoileratore. Il solito teatrino trito e ritrito che mette in scena l’eterno conflitto tra il maschio e la femmina che mamma Hollywood ci propina da oltre mezzo secolo, buttandola sulla comicità spicciola del battibecco. La rodata coppia Clooney-Roberts vacilla, intrappolata in una regia che strizza l’occhio all’ultimo Allen, il che non è certo un complimento.

Poltiglia emblematica dell’America finto perbenista da copertina che si perde in una lista di luoghi comuni. Si passa dall’immancabile riflessione sulla propria individualità e sulle scelte che prendiamo per il nostro futuro, a quella sulla la vita frenetica scandita dalle ore di lavoro contrapposta alla quiete paradisiaca del luogo, che tra templi e spiagge pare più un video promozionale dell’ufficio del turismo per mostrare le bellezze del territorio. Il tutto scandito da un’atmosfera di divertimento gratuito, composto da gag ed episodi di una banalità sconcertante. Perfetto esempio di cinema facilmente etichettabile all’interno della cosiddetta categoria “guilty pleasure” , ma in questo caso, senza il pleasure.

 

ASSASSINIO SUL NILO

Durante una crociera sul Nilo, il detective di fama mondiale Hercule Poirot si ritrova a dover indagare sull’omicidio di una giovane ereditiera. Secondo episodio della rilettura cinematografica dei racconti di Agatha Christie e remake dell’omonimo film del 1978 di Guillermy. Inevitabile tentare un paragone tra le due versioni, anche se inutile, vista la superiorità schiacciante della prima sotto ogni aspetto, a partire da un cast memorabile nel quale figurano stelle come Peter Ustinov, David Nieven, Mia Farrow e Bette Davis e una regia che a differenza di quella di Branagh non ha la pretesa di aggiungere, ma al contrario riesce nell’impresa di togliere, per lasciare spazio alla psicologia dei personaggi.

Il lungometraggio non aggiunge alcun elemento innovativo alla pima versione, se non quello di poter fare affidamento su una tecnologia di immagine e sonoro più evoluta, che però in molti casi non fa altro che accentuare la limitatezza di contenuto. Decisamente peggiore anche rispetto al titolo precedente “Assassinio sull’Orient Express”, sempre dello stesso autore, dove perlomeno la scelta del cast era più azzeccata e la figura regista-protagonista di Kenneth Branagh risultava meno sovrastante sullo schermo. E’ un film che non decolla, non riesce ad essere accattivante e manca completamente dell’elemento sinistro che caratterizza l’opera della Christie. Le aspettative per il terzo capitolo “Poirot e la strage degli inncenti” che come annunciato uscirà nel 2023, sono basse a dir poco.

 

BELLI CIAO

Pio e Amedeo sono due amici cresciuti in Puglia. Conseguita la maturità, intraprendono strade diverse. Il primo si trasferisce a Milano, mentre il secondo resta in terra natia. Entrambi si ritroveranno per occuparsi di un progetto di rilancio del loro paese natale, riscoprendo lentamente la passione che li lega alle loro radici. La coppia di comici fa ritorno sul grande schermo dopo una latitanza durata sette anni e affida la regia a Nunziante, reduce dalla fortunatissima collaborazione con Zalone.

I presupposti per una discreta commedia senza pretese ci sarebbero anche, se non fosse per diversi errori di fondo. Innanzitutto il duo, forte della propria vena d’improvvisazione, perde completamente la verve al cospetto del copione, costringendo la regia a far leva sull’aspetto più demenziale. Scene scontate prive di reale sarcasmo, frutto dell’unione infelice tra un cinepanettone e un video de “Il milanese imbruttito”. Battute superate e troppo incentrate sui cliché, anch’essi vecchi e senza mordente, colpevoli di traghettare il film in un limbo imbevuto di politically correct, nemico per definizione della comicità moderna. Il risultato è una versione pasticciata e monotona del popolarissimo “Giù al nord”, corredata da un messaggio fastidiosamente scontato. Come spesso accade di questi tempi, la smania di riuscire a portare a casa un buon incasso è superiore alla volontà stessa di creare un prodotto decente.