John Huston è uno dei più grandi registi americani di sempre. Personalità eclettica e aperta a qualsiasi sfida Huston sintetizza perfettamente lo spirito dell’artista in lotta. Sceneggiatore per la Warner Bros negli anni d’oro del cinema classico, passa alla regia collezionando una serie di pellicole che hanno attraversato quasi cinquant’anni di settima arte. Nato nel 1906 Huston è cresciuto con l’arte, suo padre era un attore di teatro, declinata in ogni sua forma e ha fatto della creatività la sua passione più grande.
Artista competo e poco prolifico, ha attraversato la ricerca della bellezza evitando di svendersi a qualsiasi peggior offerente ma fornendo prova di poter ricoprire ogni processo della macchina cinema. Ottimo sceneggiatore e regista, John si è cimentato a più riprese nella recitazione con risultati davvero notevoli. In questi tempi riscoprire il cinema classico americano vuol dire soprattutto seguire una strada che ha portato la settima arte a diventare quell’indispensabile fabbrica di sogni conosciuta.
Il mistero del falco 1941
Esordio alla regia per Huston che firma, da subito, uno dei suoi capolavori. Sam Speede detective privato viene ingaggiato per seguire le tracce di una misteriosa statuetta che nasconde maledizioni e tesori. Tratto da un soggetto dello scrittore Dashiell Hammett il film è il prototipo del noir anni 40. Un detective cinico e codardo si scontra con dei personaggi poco raccomandabili per guadagnare il suo salario e qualche bicchiere di pessimo whiskey . La sceneggiatura è divertente e incomprensibile al punto giusto mentre il bianco e nero della fotografia, cupo e maestoso. Valore aggiunto è uno straordinario manipolo di caratteristi su cui svetta Bogart, nel ruolo di Speede, un film senza tempo.
Il tesoro della sierra madre 1947
Capolavoro assoluto dove cinismo e romanticismo coesistono. Due cercatori d’oro si uniscono a un anziano collega per dare la caccia a un filone mitologico in grado di garantire ricchezza estrema. Durante il viaggio attraverso la frontiera, i caratteri degli uomini verranno a galla garantendo una sorte diversa a ognuno di loro. Huston mette in scena la forza e l’orgoglio, spesso pavido, di individui guidati dall’egoismo. Una natura che diventa la metafora della vita e si avvale di un carattere assolutamente negativo. Le continue scalate, soprattutto morali, e l’assenza di un personaggio positivo rendono la pellicola epica e riflessiva. Il film è un esempio di cinema classico rivisitato in chiave creativa da un regista che faceva dell’azzardo la sua miglior cifra stilistica.
The dead – Gente di Dublino 1987
Ultimo film del regista è una riflessione emozionante e colta sulla vita e sui legami umani. In una villa di Dublino s’intrecciano le vicende di una famiglia borghese durante una notte d’inverno. La vicenda si svolge ai primi del 900 e vede protagoniste le emozioni che più generazioni provano in maniera differente. Lo sguardo al passato della vecchia generazione si scontra con il desiderio di apertura al presente e ai tempi che cambiano. Il regista presenta diverse storie che, durante una semplice cena, si raccontano allo spettatore. Emozioni e rimpianti creano una narrazione degna di Joyce (da cui prende ispirazione il film). Lavoro breve e per questo molto intenso dove il regista riflette sull’arrivo della fine e sul valore di una vita passata a servizio dell’arte.
Gli spostati 1961
Una showgirl di seconda tacca arriva in Nevada per divorziare e incontra un anziano cowboy dai metodi spicci. La ragazza se ne innamora e lo segue a caccia di ronzini destinati al macello. Completano il gruppo, un pilota d’aereo e un campione di rodeo in disgrazia. Huston mette insieme una storia di sogni infranti e lo fa trasformando in immagini una sceneggiatura di Arthur Miller. Il gruppo di protagonisti è alla ricerca della libertà da un padrone che non esiste se non dentro di loro. Ultimo film della Monroe e di Clark Gable, straordinari interpreti di una disperazione comune. Una regia carica di sentimento accompagna i protagonisti, l’affetto di un occhio che non esprime giudizio, ma si limita a raccontare una deriva con profonda umanità.
Giungla d’asfalto 1950
Quando alla regia c’è John Huston le aspettative non possono che essere elevate e difficilmente verranno deluse. Un ladro di gioielli appena uscito dal carcere mette insieme una banda per il colpo che sogna da anni. L’operazione è pianificata nei minimi particolari, ma qualcosa non va per il verso giusto. Sicuramente uno dei noir più riusciti di sempre, il film sovverte le regole del genere creando una dimensione che fa da esempio ancora oggi. L’attenzione si concentra sulle personalità dei protagonisti e sulla loro propensione all’autodistruzione. Il regista mette in primo piano disonestà, un’avidità quasi scientifica e una disillusione che ogni elemento della banda esprime. Una sceneggiatura a orologeria si accompagna alla direzione asettica e onesta di Huston, favorendo un risultato pressoché perfetto. La città è una giungla di esigenze che non possono sopirsi .