Ogni azione ha delle conseguenze. Ogni parola, un peso. L’essere umano dovrebbe saperlo, valutare ogni suo atto con cautela, con cautela esprimersi. Specie se ricopre una posizione importante. Donald Trump non solo non lo ha fatto, ma del suo potere si è servito per infervorare gli animi dei suoi sostenitori. Spingerli, indiavolati, in prima linea di una battaglia tesa, poi, a salvare solamente se stesso.
Manipolandone i cervelli con il suo potere persuasivo, facendogli credere che era in nome del loro benessere e della democrazia, che avrebbero lottato. Mentre in gioco c’era esclusivamente una sconfitta troppo amara da accettare. Ha provato a ribaltarla fino alla fine, superando ogni limite. E adesso rischia di perderci la faccia. Anche se purtroppo, come spesso succede con gli uomini di grande potere, una vera punizione non arriverà mai.
Le invettive continue, il furore dei seguaci
Da quando, a novembre, a monte di un interminabile spoglio elettorale, la sua sconfitta è stata proclamata, Donald Trump non ha smesso un giorno di urlare alla frode, al furto delle elezioni. Ha riempito le sue pagine social di invettive, in violente accuse esasperate da maiuscole e punti esclamativi. Ha perso tempo e anima in innumerevoli cause mirate a recuperare i voti rubati, perdendole tutte. Ma neanche questo l’ha fatto desistere. Non si è fermato, il predicatore, anzi ha continuato a fomentare i suoi fedelissimi facendoli arrivare allo scoppio nella giornata di ieri.
Hanno fatto irruzione in un Palazzo del Congresso pronto per suggellare la vittoria di Joe Biden alle Presidenziali, rimpiazzando la seduta con violenti scontri con le forze dell’ordine. Sotto gli occhi attoniti del mondo intero, immagini di un triste attacco alla democrazia e insieme del definitivo declino di Trump come Presidente. E se la proclamazione del nuovo è poi avvenuta a tempesta finita, le 5 vite perse non potranno mai essere restituite.
Vi voglio bene, ma andate a casa
Dov’era il Presidente uscente durante gli scontri? Ci si chiede. Osservava silenzioso i suoi sostenitori accanirsi contro la Polizia? Battersi per una causa ormai più che persa? “I love you”, gli avrebbe twittato ore dopo, nello stesso messaggio in cui li esortava ad andare a casa. Facendosi sospendere temporaneamente dai social media. Sempre troppo tardi, quando il peggio era già avvenuto, scriveva su Facebook “Chiedo a tutti quelli che si trovano al Palazzo del Congresso di restare pacifici. No alla violenza! Ricordatevi che siamo il partito di Legge ed Ordine”.
“Capisco il vostro dolore, so che state male, abbiamo avuto un’elezione che ci è stata rubata”, aggiungeva comunque, imperterrito, in un video poco dopo rimosso, perché ritenuto suscettibile di incitare alla violenza, piuttosto che placarla. Degli ultimi, disperati tentativi di affermare la propria, simbolica, vittoria, a un punto in cui persino il suo vice, Mike Pence, l’aveva abbandonato, lasciandolo solo nella sua battaglia.
Bye Bye, Mr President
Per la prima volta, poche ore fa, Donald Trump ha ammesso la sua sconfitta ed ha dichiarato che la transizione del 20 gennaio sarà fatta in modo ordinato. L’ha fatto continuando comunque ad esprimere il suo disaccordo. Ed aggiungendo che “questa rappresenta la fine del più grande primo mandato nella storia presidenziale americana”. Una frase in pieno stile Trump, che suona un po’ amara, considerando che pochissimi altri Presidenti non sono stati rieletti dopo quel primo mandato, nella storia americana.
Si chiude così, rumorosamente, la parentesi presidenziale della fantasmagorica vita di Donald Trump. E nell’attesa di vedere se Joe Biden saprà guidare il Paese come merita e necessita, una certezza si fa strada. Che comunque vada, il 20 gennaio, gli Stati Uniti si saranno tolti di dosso un peso scomodo oltre ogni misura.