Milano è pronta a un lockdown di 2 settimane se aumetano i contagi. La situazione che si sta creando nella capitale lombarda è simile a quella di Lodi nel marzo scorso. A prevedere un lockdown imminente, magari di circa 2 settimane è il dott. Giampiero Russo, responsabile di Epidemiologia dell’Agenzia di tutela della salute di Milano. Secondo l’esperto, così come riportato da Rai News, con un Rt a 2,35 la soluzione non può essere che questa. Sempre secondo quanto riportato dal sito della Rai, il periodo di blocco potrebbe essere minore che in passato grazie alla consapevolezza che oggi si ha del Coronavirus e della conoscenza dei metodi di prevenzione.
Le vacanze sono responsabili dei contagi milanesi
Secondo gli esperti a far aumentare in modo così esponenziale i contagi nella metropoli meneghina serebbero state le vacanze all’estero. Le persone che sono state in Spagna, in Grecia, in Croazia, in Francia hanno riportato a casa il virus. Ad aiutare la diffusione del virus ha sicuramente contribuito la riapertura delle scuole, degli asili e la cattiva organizzazione dei mezzi di trasporto. Il virus oggi circola, anche in maniera totalmente asintomatica tra tanti giovani che si muovono per andare a scuola, per andare a casa dei nonni etc.
La soluzione potrebbe essere il “modello Cina”
La soluzione, o meglio, il sistema per arginare il contagio potrebbe essere quello di applicare il “modello Cina”. Brevi lockdown a fisarmonica e localizzati solo nelle zone con ampi focolai. ” Se Milano, come giustamente ha ricordato il dott. Russo nella sua intervista a Rai News, è veloce, è veloce anche il virus”. Chiudere tutto come fatto in passato (e per lungo tempo) sarebbe sicuramente la bastonata finale a un’economia già devastata dalla pandemia.
Anche i ricercatori della Fondazione Gimbe dichiarano che per prevenire il sovraccarico negli ospedali di pazienti affetti da Coronavirus, il conseguente sovraffollamente di terapie intensive e conseguente incremento della mortalità servono immediatamente misure di contenimento più rigorose nelle aree a maggior diffusione del contagio”
Contact tracing o network testing?
“Alcune aree metropolitane hanno numeri troppo alti per essere contenuti con il metodo tradizionale del testing e tracciamento” ha dichiarato il consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi. “E, come insegna la storia di precedenti epidemie, quando non riesci a contenere devi mitigare, ovvero devi bloccare la mobilità”.
Andrea Crisanti, professore di Microbiologia all’università di Padova, ha spiegato che il contact tracing è uno strumento utilissimo per la gestione della pandemia da Covid-19 ma presenta troppi limiti. Servono enormi risorse umane (che non sono disponibili) e servirebbe anche un’ottima memoria da parte di tutti gli intervistati per poter ricostruire tutti i contatti avuti da quest’ultimi nell’arco degli ultimi 5 giorni antecedenti la scoperta della positività al Covid-19. L’alternativa più efficace a questo punto diventerebbe il network testing.
Ma esattamente cos’è il network testing?
E’ il test a tappeto a famiglia, amici, compagni di scuola, vicini di casa, colleghi di lavoro. Grazie a questo tipo di screeningm si bloccano i potenziali positivi prima che possana contagiare altre persone. Il dott. Crisanti ha infatti dichiarato: “Ci sono diversi livelli di interazione delle persone: l’ambiente familiare, quello lavorativo o scolastico. Invece di basarci sul ricordo della singola persona per ricostruire ex post i possibili contatti, il network testing decide di testare a tappeto tutti gli appartenenti a questi spazi di interazione.In questo modo si possono isolare tempestivamente anche gli asintomatici, che abbiamo scoperto avere una carica virale assimilabile a quella del soggetto malato, isolarli e spegnere sul nascere la possibile trasmissione ulteriore”. Un po’ come usare la rete a strascico al posto della canna da pesca: un’identificazione precoce dei casi che ha consentito di ridurre l’R0 del 98%
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