Coronavirus, il rifugio del sonno, dove ego e social media sono banditi

Il solo luogo in cui la mente può riposarsi da tensione e pressione da troppa informazione è il letto, mentre dormiamo

Sonno

Nella perenne inquietudine che la tormenta durante il giorno, alla mente resta un solo rifugio: il sonno. L’unico momento in cui tutti i nostri organi sensoriali si disattivano e la realtà in cui ci troviamo svanisce. In cui medici e infermieri possono finalmente trovare un po’ di pace e ricaricarsi di energia per l’indomani. Per i più fortunati, in buona salute e capaci di concentrarsi su un pensiero positivo prima di addormentarsi, il virus non riesce nemmeno a insinuarsi nei sogni, dove il nostro ego – inteso come coscienza del proprio corpo – è invece presente. Nei sogni scappare dalla quarantena, o meglio ancora dalle corsie degli ospedali, è possibile. Le nozioni di spazio e tempo si dissolvono e siamo liberi di trasportarci dove vogliamo. Poi, ci si sveglia.

Coronavirus, protagonista incontrastato dei nostri pensieri

In pochi secondi, la mente prende coscienza della realtà, i sensi si riattivano. La vista ci suggerisce che siamo a casa. Se non dobbiamo subito scattare per andare a salvare vite, è qui che dobbiamo restare, cercando di occupare il tempo al meglio e di non farci prendere dallo sconforto. D’altronde anche i pochi minuti in cui ne usciremo hanno tutto meno che il sapore di serenità.

Li passiamo schivando quello che abbiamo di più prezioso, il contatto umano, chiedendoci se chi ci passa accanto al supermercato o per strada non abbia contratto il virus, se noi stessi non ce l’abbiamo già. Un senso di sfiducia che lotta con la nostra propensione naturale ad avvicinarci agli altri, con l’abitudine di farci spazio nei luoghi affollati, stringerci a sconosciuti a un concerto, ammassarci in metropolitana pur di non perderla. Abbracciare i nostri cari.

Bellezza e illusione della natura liberata

L’estasi provocata dai soli elementi che rappresentano oggi la “libertà” è una magra consolazione destinata a non durare. L’aria ripulita dalla polluzione, i fiori appena sbocciati sugli alberi, uccellini, pesci, animali di ogni genere increduli di essere lasciati in pace. La calma serafica di mare e montagne, le silhouettes dei palazzi, in mostra, quasi a chiederci una foto. Il vuoto delle strade, terapeutico come una sessione di meditazione. Tutto reale, ma allo stesso tempo solo un’illusione.

È reale nella sua bellezza, ma non può slegarsi nei nostri pensieri dalla tremenda ragione che lo ha provocato. È un’illusione, perché il solo modo di restare tale è essere lasciato in pace dall’uomo. Quando tutti potremo uscire e le dinamiche del mondo umano si rimetteranno in azione, niente di tutto questo resterà come lo vediamo oggi. Ritroveremo uffici, bar, negozi, metropolitane e spiagge affollate. Milioni di macchine e scarichi tossici di altro genere ricominceranno a sporcare l’aria e il mare. È inevitabile e inevitabilmente è quello che dobbiamo più sperare. Un rebus che non trova soluzione.

Bombardati dalle informazioni

La coscienza della quarantena si sveglia insieme a quella, insopportabile, delle vite che il virus ha già preso e delle migliaia che sta minacciando. Una valanga di informazioni invade rete e televisioni. Poi, ci sono i social. Li andiamo a guardare per istinto, per cercare di distrarci, perché ormai, chi più chi meno, li abbiamo inseriti nel nostro quotidiano. Ma la confusione che sono capaci di creare nelle nostre teste è inquietante.

L’emozione per un post commovente è scacciata subito dopo dalla risata per uno che fa intelligente ironia. Seguono, in ordine sparso, un’opinione più o meno discutibile, teorie complottiste, l’insostenibile post di chi crede che le proprie attività quotidiane siano interessanti o rilevanti per gli altri. O i ripetuti selfie presi dagli angoli migliori, peggio se in compagnia dei figli piccoli. Le loro immagini pericolosamente offerte alla rete.

Social media, dove genio e sciocchezze s’incontrano

A volte, sommersi tra i post più rilevanti e likati di chi passa la sua vita sui social, scoviamo articoli o scritti di menti brillanti. A premiarli, sì e no una decina di like. D’altronde intellettuali e pensatori della gloria se ne fregano. Come dei tanti che si fermano al titolo senza leggere l’articolo e magari commentano pure. Sospiro di sollievo, che un swipe up annienta in un secondo. Un regista famoso starebbe lavorando su un film sul Coronavirus. Che idea brillante, originale.

Un altro meno famoso, in occasione della quarantena, libera dalla password il link a tutti i suoi corto e lungometraggi. Se non è solidarietà questa. Un angelo posta il link a un bel film, un pezzo musicale, un libro, un paradiso terrestre, un’incredibile scoperta scientifica. Quello dopo consiglia in video dei libri da leggere in quarantena. Solo che invece della copertina dei libri in primo piano c’è la sua faccia. Senza contare che il video dura un’eternità che non abbiamo e che la persona in questione non è Umberto Eco.

Un potenziale sprecato

L’insaziabile ego e l’inseguimento di una popolarità del tutto effimera soffocano l’eppur immenso potenziale dei social. Uno strumento, sulla carta, ideale per intrattenere, arricchire di cultura e conoscenza, far ridere, viaggiare, evadere virtualmente dalle proprie vite. Che invece tende piuttosto a far uscire il peggio della gente e in questo particolare momento rischia di creare scompiglio con pericolose fake news. Paura, speranza o leggerezza spingono qualcuno a condividere la notizia di un fantomatico vaccino contro il Coronavirus, finalmente trovato. Una miriade di emoticon sostituisce le parole e purtroppo non solo per i più giovani, che non hanno conosciuto altro modo di esprimersi. La rete si riempie di esperti virologi, opinionisti, abili oratori in possesso di verità universali. Odio e cattiveria trovano libero sfogo nei commenti, in un meccanismo malato e fuori controllo.

Confusi come non mai, non ci resta che concentrarci sul lavoro, sui figli da intrattenere e proteggere, su una relazione da salvare dalla convivenza forzata. E nel tempo che resta aprire un bel libro, scoprire un maestro del cinema, ammirare un’opera d’arte o d’architettura, provare una nuova ricetta, telefonare a chi amiamo. Aspettando che il sonno ci riporti nel suo mondo incantato.

 

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