Nel pieno della battaglia ideologica e istituzionale che sta scuotendo l’Italia, il governo Meloni si scontra ancora una volta con la magistratura. L’ennesimo episodio di attrito tra il potere esecutivo e quello giudiziario esplode sul trasferimento dei migranti in Albania, un progetto fortemente voluto dall’esecutivo di centrodestra e osteggiato da più fronti.
La Corte d’Appello di Roma ha bloccato la convalida dei trattenimenti dei 43 migranti trasferiti a Gjader, costringendo l’Italia a riportarli indietro. Il governo, che ha cercato di aggirare le decisioni della magistratura spostando la competenza dai tribunali alle corti d’appello, si trova ora di fronte a una realtà ineludibile: la giustizia non può essere piegata alla propaganda. Questo ha riacceso il durissimo scontro tra la maggioranza e le toghe, con Fratelli d’Italia che grida al complotto e denuncia l’ostruzionismo giudiziario.
Un governo ostaggio della magistratura o un esecutivo che ignora le leggi?
Il governo Meloni, in preda a una narrazione vittimistica, accusa parte della magistratura di remare contro i suoi provvedimenti sull’immigrazione. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, ha definito la decisione della Corte d’Appello di Roma come una “resistenza politica” da parte dei giudici, insinuando che esista un sabotaggio istituzionale ai danni dell’azione di governo.
Ma la realtà è un’altra, il piano migranti in Albania, studiato per aggirare la normativa europea e creare una zona di detenzione fuori dai confini italiani, si sta rivelando un fallimento tecnico, giuridico e politico. La magistratura ha semplicemente applicato la legge, rispettando i diritti fondamentali dei migranti, che hanno fatto richiesta di asilo. Non è un atto di sabotaggio, ma il normale funzionamento della giustizia. Se il governo si trova di fronte a ostacoli legali, è perché le sue scelte non rispettano pienamente le norme nazionali e internazionali.
Il centro in Albania: una cattedrale nel deserto che il governo non riesce a riempire
Oltre alla guerra istituzionale, il governo deve fare i conti con il paradosso del centro per migranti in Albania, un progetto nato sotto i riflettori mediatici con la promessa di decongestionare il sistema italiano, ma che, a oggi, si sta rivelando un costosissimo flop.
Nonostante le rassicurazioni e i proclami della premier Meloni, la struttura di Gjader è rimasta perlopiù vuota. I migranti che vi sono stati trasferiti sono già stati riportati indietro per via della mancata convalida dei loro trattenimenti. Il risultato? Un centro finanziato con soldi pubblici, sorvegliato dalle forze dell’ordine italiane, ma di fatto inutilizzabile. Un monumento allo spreco di denaro e all’incapacità dell’esecutivo di gestire la questione migratoria con pragmatismo anziché con propaganda.
Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha attaccato duramente il governo, sottolineando come i soldi degli italiani vengano “buttati” in un piano fallimentare, che poteva invece essere utilizzato per assumere infermieri e medici nella sanità pubblica. Anche il Movimento 5 Stelle ha paragonato il piano migranti in Albania a un gioco dell’oca a spese dei contribuenti, con i migranti trasferiti e rispediti in Italia senza alcun risultato concreto. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha rincarato la dose, affermando che Giorgia Meloni dovrebbe pagare di tasca propria per questa “assurda” operazione.
Un governo che persevera nell’errore
Il problema non è solo il fallimento pratico del centro in Albania, ma il fatto che il governo continui a insistere su una strada inefficace e giuridicamente discutibile. Dopo la mancata convalida dei trattenimenti da parte della magistratura, Palazzo Chigi ha assicurato che è “al lavoro per superare anche questo ostacolo”, ma la verità è che ogni tentativo di aggirare la giustizia sta miseramente fallendo.
Questa vicenda non è solo una figuraccia internazionale, ma rappresenta un chiaro segnale di come la strategia securitaria del governo stia crollando sotto il peso delle sue contraddizioni. Meloni ha provato a fare dell’Albania un simbolo della sua battaglia contro l’immigrazione irregolare, ma si ritrova con un centro vuoto, milioni di euro sprecati e uno scontro istituzionale che rischia di trasformarsi in un boomerang politico.