Economia russa: è davvero la fine della resilienza?

Le sanzioni US e il blocco delle petroliere affondano l'economia russa, mentre l'inflazione e la crisi del rublo spingono Mosca verso un futuro incerto

Declino economia russa

Per mesi, l’economia russa ha dato l’impressione di resistere a ogni colpo, smentendo analisti e previsioni che ne annunciavano il declino. Tuttavia, dietro questa facciata di resilienza, si celano crepe sempre più profonde. Le ultime sanzioni americane, unite alle fragilità strutturali di un sistema economico sotto pressione, stanno facendo vacillare quella che sembrava un’apparente solidità. Come già sottolineato, Gazprom, emblema dell’industria energetica russa e leader nei settori del gas naturale e del petrolio, si trova ora a fronteggiare una delle crisi più drammatiche della sua storia.

Il nuovo pacchetto di restrizioni, introdotto il 10 gennaio dagli Stati Uniti, ha colpito duramente anche Gazprom Neft, Surgutneftegaz e 183 navi della cosiddetta “flotta ombra russa”, nel tentativo di limitare i flussi finanziari destinati a sostenere la guerra in Ucraina. Le conseguenze non si sono fatte attendere: almeno 65 petroliere risultano bloccate in diverse aree del mondo, come riportano i dati di MarineTraffic e LSEG.

Cinque di queste navi si trovano al largo dei porti cinesi, sette vicino a Singapore, e altre sono ancorate nel Mar Baltico e in Estremo Oriente. Anche Cina e India, tradizionali acquirenti di petrolio russo, hanno rifiutato di accogliere petroliere colpite dalle nuove sanzioni. “Le restrizioni renderanno molto più difficile il trasporto di petrolio e la gestione delle petroliere stesse”, sottolinea l’analisi di Reuters.

Le problematiche legate alla flotta ombra russa non si limitano alle sanzioni. Il mese scorso, una collisione nello stretto di Kerč’ ha causato una fuoriuscita di prodotti petroliferi, innescando un disastro ambientale che ha colpito fauna e flora marina. Olga Kurnosova, analista politica e voce dissidente russa, ha evidenziato come l’età avanzata di molte petroliere rappresenti un rischio costante: “Il Mar Nero e il Mar Baltico sono estremamente vulnerabili. Una fuoriuscita in queste aree avrebbe conseguenze devastanti per tutta l’Europa settentrionale”.

La situazione è resa ancora più critica dall’uso di petroliere obsolete, definite dalla Kurnosova “rottami metallici da cui bisogna liberarsi”. Queste navi non solo rappresentano una minaccia ambientale, ma rendono più difficoltoso il trasporto marittimo senza un’adeguata assicurazione. “In alcuni Paesi ci sono persone che si occupano dello smantellamento delle vecchie navi. Dovrebbero essere inviate lì”, ha aggiunto.

Mentre il commercio petrolifero subisce rallentamenti, l’economia interna russa si trova di fronte a una crescente pressione inflazionistica. Nel 2024, l’inflazione ha raggiunto il doppio del target fissato al 4%, nonostante gli sforzi della Banca di Russia. Il dollaro statunitense, da sempre termometro delle aspettative economiche, ha toccato oggi quota 102,706 rubli in pochi giorni, segnando un rapido indebolimento della valuta russa e alimentando un clima di crescente tensione sui mercati. Le politiche monetarie restrittive adottate dalla Banca Centrale, con tassi di interesse tra i più alti della storia recente, stanno avendo un impatto severo su imprese e cittadini. Con oltre 50 milioni di mutuatari nel Paese, molti dovranno presto rifinanziare i loro prestiti a tassi più elevati. Nel frattempo, le aziende altamente indebitate, soprattutto nel settore delle costruzioni, stanno affrontando difficoltà crescenti.

La Russia sta vivendo una “battaglia epocale”, come viene definita dai media statunitensi, tra le sue politiche fiscali e monetarie. Il governo spinge per aumentare la spesa pubblica, mentre la Banca di Russia cerca di contenere la domanda. Questo dualismo sta aggravando gli squilibri economici, spingendo l’inflazione verso l’alto e aumentando la probabilità di errori politici.

Secondo Dmitrij Belousov, esperto del Centro di analisi macroeconomica e previsioni a breve termine, una “rivoluzione salariale” potrebbe rappresentare un punto di svolta per l’economia russa, portando non solo a un aumento significativo dei salari, ma anche a una modernizzazione e robotizzazione dei processi produttivi. Tale trasformazione potrebbe rendere l’industria russa più competitiva a livello globale, migliorandone l’efficienza e riducendo la dipendenza da manodopera tradizionale.

Tuttavia, questo ambizioso obiettivo si scontra con una realtà complessa: per raggiungere tale livello di innovazione è necessaria una rivoluzione tecnologica, ovvero un massiccio investimento in infrastrutture avanzate, macchinari e formazione tecnica. Tale progresso, però, è gravemente limitato dalle sanzioni internazionali, che restringono l’accesso della Russia a tecnologie d’avanguardia e materiali essenziali per l’ammodernamento.

Le restrizioni colpiscono anche le partnership con aziende straniere, limitando il trasferimento di conoscenze e innovazioni che sarebbero cruciali per spingere la produzione verso l’automazione. Senza questo supporto, la “rivoluzione salariale” rischia di rimanere un ideale lontano, aggravando ulteriormente gli squilibri tra le ambizioni del governo e le possibilità concrete dell’economia russa.

Anche le sanzioni contro le compagnie assicurative che collaborano con la Russia stanno giocando un ruolo fondamentale. Senza copertura assicurativa, il trasporto marittimo diventa significativamente più difficile e rischioso. Questo ostacolo, unito all’obsolescenza della flotta russa, sta aggravando i problemi economici interni. “Nuove sanzioni accelereranno solo il processo di collasso, e l’aumento degli ordini militari porterà l’economia russa in una spirale discendente. Allora Vladimir Putin non avrà più soldi, non solo per la produzione di munizioni, ma nemmeno per acquistarle”, ha sottolineato l’analista politica Olga Kurnosova.

Con l’imminente insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, previsto per il 20 gennaio, si moltiplicano dunque le ipotesi su come la nuova amministrazione potrebbe riformulare o inasprire il regime sanzionatorio, con possibili conseguenze di grande rilievo per l’economia russa. “È chiaro che il processo sanzionatorio continuerà, ma il signor Trump aggiungerà un tocco di piccantezza, e il grado di questa piccantezza potrebbe arrivare al livello di un peperoncino molto piccante”, hanno osservato alcuni analisti russi. Questa prospettiva intensifica i timori che ulteriori provvedimenti o strategie possano aggravare ancora di più il declino economico.

Nonostante il governo russo mantenga una retorica ottimista, la situazione appare sempre più fragile. Sanzioni crescenti, inflazione in aumento e un sistema finanziario in difficoltà lasciano presagire che il 2025 sarà un anno cruciale. La narrativa di una resilienza economica solida appare ora vacillante, lasciando il Paese a confrontarsi con sfide sempre più complesse e un futuro economico, e di riflesso sociale, ancora più incerto.