Torino, la città delle luci e delle ombre, ha vissuto una notte di caos e tensione. La manifestazione in memoria di Ramy Elgaml, il giovane diciannovenne di origini egiziane morto durante un inseguimento con i carabinieri a Milano, è degenerata in violenza, trasformando le vie del capoluogo piemontese in un teatro di guerriglia urbana.
Partito da Piazza della Repubblica, il corteo di circa 400 manifestanti ha attraversato Corso Giulio Cesare e altre arterie cittadine con rabbia crescente. Lungo il tragitto, l’indignazione si è trasformata in vere e proprie ostilità: uova, vernice e spranghe sono diventati strumenti di protesta fuori controllo. Il culmine è stato raggiunto presso il commissariato di Porta Palatina, dove sono esplosi petardi e le porte sono state colpite senza sosta.
Le camionette dei carabinieri, giunte per contenere i disordini, sono state prese d’assalto. Una scena che pare uscita da un film: transenne, bottiglie, sassi e fumogeni si sono riversati contro i militari, costretti a ritirarsi per l’inferiorità numerica. Il corteo ha poi proseguito il suo cammino, toccando altre zone di Torino, tra cui Dora Vanchiglia e Piazza Carlina, dove la rabbia si è nuovamente scatenata contro le caserme.
In un clima surreale, emerge una domanda cruciale: fino a che punto la rabbia può giustificare azioni che mettono a rischio l’ordine pubblico? Tra le macerie emotive di una città colpita dalla violenza e destabilizzata, le dichiarazioni politiche hanno ulteriormente alimentato il dibattito. Elena Chiorino (FdI), vicepresidente della Regione Piemonte, ha ribadito il pieno sostegno alle Forze dell’Ordine, affermando: “Chi attacca un commissariato o aggredisce un carabiniere è un criminale. Non esistono altre parole per descrivere chi si macchia di simili azioni”.
Una delle voci più decise è quella di Alessandra Binzoni, vicecapogruppo di FdI in Consiglio Regionale, la quale ha dichiarato: “L’assalto al commissariato Dora-Vanchiglia e alla caserma Bergia dei Carabinieri rappresenta un atto gravissimo. Centri sociali ed autonomi continuano a sfruttare ogni occasione per scatenare violenza e disordini. Torino e i suoi cittadini meritano sicurezza e sono stufi dei continui cortei che puntualmente trascendono in inaccettabili occasioni di guerriglia urbana”. Binzoni ha inoltre esortato l’amministrazione cittadina e gli esponenti di sinistra a riconoscere l’impossibilità di dialogo con chi attacca commissariati e caserme, definendoli presidi inviolabili di legalità e sicurezza sul territorio.
Il vicecapogruppo di FdI in Regione Piemonte, Roberto Ravello, ha denunciato il crescente rischio legato alla glorificazione dell’illegalità, puntando il dito contro il giustificazionismo attribuito ad alcuni esponenti della sinistra. Ravello ha sottolineato: “L’incolumità delle persone per bene è un valore supremo, da difendere a ogni costo”.
Valter Mazzetti, Segretario generale Fsp Polizia di Stato, ha sottolineato come gli attacchi alle forze dell’ordine rappresentino evidentemente un’espressione di odio verso le istituzioni, lontano dalla tragedia della morte di Ramy, che merita rispetto e chiarezza.
Anche Roberto Rosso e Marco Fontana di Forza Italia hanno puntato il dito contro l’amministrazione cittadina, invitando il sindaco Stefano Lo Russo a prendere misure più decise per proteggere i cittadini dai continui disordini.
Sotto accusa, Lo Russo ha voluto esprimere una ferma condanna: “Quanto accaduto è intollerabile: la violenza è da condannare, sempre, e non ha nulla a che vedere con il diritto di manifestare pacificamente. Confidiamo che venga fatta chiarezza sulla terribile morte del giovane Ramy. Piena solidarietà e vicinanza vanno al personale delle forze dell’ordine coinvolte negli scontri”.
Dietro le barricate delle emozioni e dei fatti, si cela un quesito più profondo: fino a che punto la rabbia può giustificare azioni che compromettono la sicurezza pubblica? E soprattutto, quale realtà più complessa alimenta questo odio? Torino si risveglia divisa, spalancando una finestra su uno scenario nazionale che richiede risposte ben oltre la cronaca immediata.
Da un lato, il dolore per una morte che ha acceso scintille di indignazione; dall’altro, la consapevolezza che la violenza non può essere la risposta. Ramy Elgaml, un nome che avrebbe dovuto unire nel ricordo e nella richiesta di chiarezza, si è trasformato nel simbolo di una frattura sociale profonda. Le bombe carta, le transenne lanciate e le camionette danneggiate raccontano una protesta che, pur nata da un sentimento di giustizia, ha finito per tradire il proprio scopo, lasciando la città in cerca di risposte oltre le accuse reciproche.