Un episodio recente ha riacceso il dibattito sugli effetti della legge Nordio. Un 37enne tunisino, accusato di gestire un traffico di eroina nelle Marche, è riuscito a lasciare l’Italia. Perché aveva ricevuto un avviso di arresto, come previsto dalla nuova normativa. Era considerato un elemento centrale nel trasporto di stupefacenti tra Roma, Castel Volturno (Napoli) e le Marche. L’uomo era destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari (GIP) di Ascoli Piceno.
Tuttavia, l’esecuzione dell’arresto non è stata possibile. La legge, entrata in vigore lo scorso agosto, richiede infatti che gli indagati per reati non violenti siano convocati per un interrogatorio preventivo prima di essere sottoposti a misure cautelari. Questo meccanismo, pensato per garantire il diritto alla difesa, ha permesso al presunto narcotrafficante di sfruttare il tempo a disposizione per fuggire, presumibilmente in Tunisia, rendendosi irreperibile.
Legge Nordio: il caso
Secondo quanto comunicato dalla Procura di Ascoli Piceno, l’uomo aveva ricevuto il 25 novembre scorso la notifica dell’avviso, con l’interrogatorio fissato per l’11 dicembre. Tuttavia, pochi giorni dopo aver ricevuto l’atto, aveva già lasciato il Paese. La stessa ordinanza comprendeva altre cinque misure cautelari per reati di detenzione e cessione di droga: tre custodie in carcere, una agli arresti domiciliari e due obblighi di firma.
Due custodie in carcere erano state eseguite con successo. Del resto si trovavano già privati della libertà. Uno in carcere e l’altro in un centro di permanenza per il rimpatrio.
La riforma e le criticità della riforma Nordio
La normativa sull’interrogatorio preventivo si applica nei casi in cui la misura cautelare viene disposta unicamente per il rischio di reiterazione del reato. Escluderebbe però, situazioni in cui sussistono pericoli di fuga o di inquinamento delle prove. Questo punto critico era stato già evidenziato da diversi addetti ai lavori. Infatti, avevano avvertito del rischio di fuga per gli indagati avvisati dell’arresto.
Nel comunicato della Procura di Ascoli, il procuratore capo Umberto Monti ha riassunto le modalità previste dalla legge: “Prima di emettere un’ordinanza di misura cautelare, il giudice deve avvertire gli indagati della richiesta avanzata dalla Procura, concedendo loro la possibilità di consultare gli atti e presentare elementi a propria difesa, con un termine minimo di cinque giorni tra la notifica e l’interrogatorio”.
Le conseguenze
La fuga del 37enne tunisino rappresenta un caso emblematico delle lacune della riforma. Pur introducendo una maggiore tutela per i diritti degli indagati, la norma non sembra prevedere strumenti adeguati per impedire che chi riceve l’avviso di arresto possa sottrarsi alle autorità. Questo viene dimostrato dai casi già verificatisi in diverse parti d’Italia.
Questo episodio solleva interrogativi sulla necessità di bilanciare il diritto alla difesa con misure che garantiscano l’effettiva esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, evitando che la legge venga sfruttata per aggirare la giustizia.