Palermo: badante si appropria di oltre 2 milioni di euro

Le indagini della Guardia di Finanza portano alla confisca dei beni, nei confronti di una badante, a Palermo, con la condanna per autoriciclaggio

Palermo badante

Una storia di inganno e avidità emerge dalla cronaca siciliana, a Palermo, dove una badante, è stata condannata per autoriciclaggio. Accusata di appropriazione indebita dell’eredità di un ricco imprenditore italo-americano. L’uomo, era titolare di una catena di lavanderie negli Stati Uniti e aveva affidato alla donna, originaria di Misilmeri, la cura del figlio disabile, designato come erede universale.

I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno eseguito un provvedimento di confisca per un valore di 2 milioni e 150 mila euro. Provvedimento emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Palermo. Per la badante l’accusa di circonvenzione di incapace risulta in prescizione prescrizione.

Palermo: badante strappa l’eredità con l’inganno

L’imprenditore, tornato in Sicilia a Palermo, con il figlio affetto da una grave patologia, aveva redatto un testamento che assegnava alla badante la cura del giovane per tutta la vita. In cambio, le aveva lasciato 31 proprietà – tra terreni e appartamenti nell’entroterra palermitano – con usufrutto garantito al figlio. Inoltre, il testamento destinava al giovane polizze assicurative per un valore complessivo superiore ai 2 milioni di euro.

Alla morte dell’imprenditore nel 2014, però, la badante ha avviato una serie di operazioni per sottrarre al giovane erede il controllo dei beni.

Il raggiro della badante: le indagini a Palermo

Le indagini, condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Bagheria tra il 2015 e il 2018, hanno svelato dettagli inquietanti. Il consulente nominato dal Tribunale per valutare le capacità del figlio disabile ha presentato numerose denunce. Il consulente ha sostenuto che il giovane non fosse in grado di comprendere il valore dei beni ereditati. La badante avrebbe approfittato della condizione del ragazzo, sfruttando la sua dipendenza affettiva e ponendolo in uno stato di soggezione psicologica.

Consapevole di essere sotto indagine, la donna avrebbe addestrato il giovane. Assicurandosi che rispondesse in modo da far apparire le donazioni come consapevoli e volontarie, cercando così di coprire il raggiro.

Le intercettazioni smascherano la truffa

Determinanti per il caso sono state le intercettazioni, che hanno rivelato come la badante avesse trasferito le polizze assicurative dell’imprenditore sui propri conti correnti subito dopo la sua morte. Successivamente, la donna aveva creato una società in Ungheria per nascondere l’origine dei fondi. Poi parte del denaro è stato dirottato verso Paesi extracomunitari. Modalità che ha reso difficile il tracciamento da parte delle autorità.

La confisca e le conseguenze legali

A conclusione delle indagini, la badante è stata condannata per autoriciclaggio, con una confisca di beni per oltre 2 milioni di euro. L’accusa di circonvenzione di incapacità risulterebbe caduta in prescrizione, ma il provvedimento di confisca è stato accolto.

Questo caso mette in luce non solo la fragilità delle persone in condizioni di vulnerabilità, ma anche l’importanza delle attività investigative per smascherare operazioni complesse di riciclaggio internazionale.

Conclusioni: una storia di fiducia tradita

La vicenda dell’imprenditore e del suo giovane erede è un esempio di cronaca drammatico. Prendersi cura di chi è più fragile non dovrebbe darti il diritto di approfittare di chi ha necessità e dovrebbe essere tutelato. Un esempio di come la fiducia possa essere tradita. L’impegno delle autorità e il lavoro della Guardia di Finanza hanno permesso di fare luce su un caso che ha destato grande indignazione e che rappresenta un monitor sulla necessità di maggiore tutela per le persone vulnerabili.

La Sicilia, ancora una volta, si trova a fare i conti con storie di avidità e sfruttamento che non risparmiano nemmeno i legami più personali e delicati.