Nabil sognava una nuova vita. Con la prospettiva di un impiego ben retribuito in Russia, immaginava di guadagnare abbastanza per completare i suoi studi e sostenere la sua famiglia. La realtà, però, è stata un incubo: poche settimane dopo il suo arrivo a Mosca, si è ritrovato in una foresta ucraina, sotto i bombardamenti, con indosso una divisa militare russa che non aveva mai chiesto di indossare.
Come lui, centinaia di uomini yemeniti sono stati attratti da promesse di lavori prestigiosi, stipendi generosi e, per molti, la speranza di ottenere la cittadinanza russa. La verità era ben diversa: contratti in russo che non potevano leggere, minacce armate e un viaggio senza ritorno verso i campi di battaglia in Ucraina.
Dietro questa operazione si cela una rete intricata e inquietante, che collega il Cremlino ai ribelli Houthi in Yemen, sostenuti dall’Iran. Secondo il Financial Times, compagnie apparentemente legittime, come la Al Jabri General Trading & Investment Co., agiscono come copertura per traffici umani che alimentano il bisogno di manodopera del Cremlino in guerra.
Tra luglio e settembre 2024, numerosi yemeniti sono stati convinti a viaggiare verso la Russia con promesse di lavori in settori come la sicurezza o l’ingegneria. Una volta arrivati, la loro scelta era una sola: firmare contratti che li avrebbero legati all’esercito russo o affrontare minacce di morte.
Uno di loro, Abdullah, ha raccontato ai media di essere stato portato con la forza in un centro vicino Mosca, dove un uomo armato ha sparato sopra le teste del gruppo per costringerli a firmare. “L’ho fatto perché avevo paura”, ha detto.
“Siamo carne da macello”, confessa con voce spezzata Nabil, parlando di sé e dei suoi compagni, gettati in Ucraina senza un vero addestramento, privi di equipaggiamento adeguato ad affrontare il rigido inverno e con nessuna possibilità di fuga. “Non ci concedono nemmeno cinque minuti di riposo. Siamo esausti, sfiniti”, racconta in un video inviato alla sua famiglia. La disperazione è così profonda che uno dei suoi compagni ha tentato il suicidio, incapace di sopportare l’angoscia di una situazione insostenibile.
Molti, come Nabil, non hanno mai avuto esperienza militare, eppure vengono mandati al fronte come carne da macello. Tra le trincee ucraine, le vittime si moltiplicano e il sogno di una vita migliore si spezza tragicamente.
Il coinvolgimento della Russia con gli Houthi non è solo una questione militare. Questo legame segnala un nuovo capitolo nella strategia del Cremlino di estendere la sua influenza nel Medio Oriente, approfittando di alleati antioccidentali come l’Iran e le sue reti militari.
Gli Stati Uniti osservano con preoccupazione il crescente sostegno russo agli Houthi, che potrebbe includere il trasferimento di armamenti avanzati come missili antinave. Questi potrebbero minacciare non solo le navi nel Mar Rosso, ma anche la sicurezza globale.
L’uso di mercenari yemeniti, insieme a soldati di altre nazionalità reclutati in condizioni simili, riflette la disperazione del Cremlino nel sostenere il suo sforzo bellico senza ricorrere a una mobilitazione generale. Tuttavia, questa strategia lascia dietro di sé una scia di vite distrutte e famiglie spezzate.
Organizzazioni come la Federazione Internazionale dei Migranti Yemeniti stanno cercando di portare alla luce queste atrocità e di riportare a casa i sopravvissuti. Ma, come sottolinea il loro presidente Ali Al-Subahi, “centinaia di yemeniti sono ancora intrappolati in Russia, vittime di una guerra che non hanno scelto”. Le storie di Nabil, Abdullah e degli altri mercenari yemeniti ci ricordano che dietro ogni conflitto ci sono vite umane sacrificate sull’altare delle ambizioni geopolitiche.