A Rio de Janeiro, il 18 e 19 novembre scorso, si è tenuto il vertice del G20, ospitato per la prima volta dal Brasile. Con il motto “Costruire un mondo giusto e un pianeta sostenibile”, i leader delle principali economie mondiali si sono confrontati su questioni cruciali come il conflitto in Ucraina, la crisi climatica, la povertà globale e il ruolo della governance internazionale. Tuttavia, dietro le dichiarazioni ufficiali, il summit ha rivelato profonde divisioni geopolitiche e difficoltà nel trovare soluzioni condivise.
Nonostante le speranze di una posizione più netta, la dichiarazione finale del G20 non ha condannato esplicitamente la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Al contrario, il documento si è limitato a menzionare il conflitto una sola volta, riaffermando la necessità di una pace giusta e duratura.
Come sottolineato dal Financial Times, “le principali economie del mondo hanno segnalato un indebolimento del sostegno all’Ucraina, emettendo una dichiarazione congiunta che ha attenuato le precedenti critiche alla guerra della Russia contro il paese, includendo solo un generico riferimento alla ‘sofferenza umana’ causata dall’invasione”. La testata ha inoltre evidenziato che il documento del G20 ha dedicato un solo paragrafo alla guerra in Ucraina, a differenza dei sette presenti nella dichiarazione del vertice di Nuova Delhi dello scorso anno. Un diplomatico europeo ha commentato: “Le formulazioni sono state annacquate per evitare uno scontro, ma ciò ha reso il documento meno incisivo”.
La decisione degli Stati Uniti di autorizzare l’uso dei missili ATACMS da parte dell’Ucraina ha rappresentato uno dei temi più discussi. Il presidente francese Emmanuel Macron ha difeso questa scelta come: “Una risposta proporzionata alle azioni russe, che hanno intensificato il conflitto impiegando truppe nordcoreane”. Ciononostante, l’incontro tra il presidente francese Emmanuel Macron e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, conclusosi con una stretta di mano, è stato interpretato come un gesto diplomatico simbolico.
La partecipazione del Presidente russo Vladimir Putin al vertice del G20 a Rio de Janeiro nel novembre 2024 è stata oggetto di intense speculazioni, principalmente a causa del mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) nei suoi confronti. Questo mandato, emesso nel marzo 2023, accusa Putin di crimini di guerra legati alla deportazione di bambini durante l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Inizialmente, il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva aveva dichiarato che Putin avrebbe potuto partecipare al summit senza timore di arresto. Tuttavia, successivamente Lula ha chiarito che la decisione finale sarebbe spettata alle autorità giudiziarie brasiliane, sottolineando l’indipendenza del sistema giudiziario del paese.
Come riportato dalla Reuters, di fronte a queste circostanze, il 18 ottobre 2024, Putin aveva annunciato la sua decisione di non partecipare al vertice, affermando: “La mia possibile visita pregiudicherebbe il lavoro del gruppo”. Questa scelta ha permesso alla Russia di partecipare alle deliberazioni senza le complicazioni derivanti dalla presenza personale di Putin, mantenendo al contempo la continuità della rappresentanza russa nel forum internazionale.
“Non voglio monopolizzare il summit con la mia presenza. Ho piena fiducia nei rappresentanti russi”, aveva commentato il presidente russo. Lavrov, infatti, ha avuto incontri bilaterali con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, sottolineando il rafforzamento delle relazioni tra i due Paesi.
D’altro canto, l’assenza di Vladimir Zelenskij è stata accolta con disappunto da diversi leader europei. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha espresso rammarico: “L’esclusione di Zelenskij evidenzia quanto sia complessa la situazione internazionale”.
Uno dei risultati più concreti del summit è stato l’annuncio dell’Alleanza Globale contro la Fame e la Povertà, un’iniziativa del presidente brasiliano. L’obiettivo è raccogliere fondi per sostenere 500 milioni di persone entro il 2030. Lula ha dichiarato: “La fame e la povertà non sono inevitabili; sono il risultato di scelte politiche sbagliate. Dobbiamo invertire questa tendenza”.
Nonostante le grandi aspettative, il summit ha deluso sul fronte climatico. Sebbene i leader abbiano riconosciuto la necessità di aumentare i finanziamenti per la transizione energetica, non sono stati definiti impegni concreti. La dichiarazione finale si è limitata a vaghe promesse, lasciando irrisolti i nodi legati al finanziamento delle energie rinnovabili. Questo ha intensificato il timore di un nuovo stallo, alimentato in particolare dalle posizioni anti-ambientali di Donald Trump, in procinto di fare ritorno alla Casa Bianca.
Cina e Brasile hanno presentato un piano di pace per l’Ucraina, invitando tutte le parti a negoziare. Tuttavia, Kiev ha respinto la proposta, definendola “distruttiva” e favorevole agli interessi russi. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha ribadito: “Il nostro obiettivo è una soluzione pacifica che tenga conto degli interessi di tutte le parti”.
La dichiarazione finale del G20, articolata in 22 pagine, è il risultato di estenuanti negoziazioni che hanno riflesso le tensioni di un mondo sempre più multipolare. Da un lato, i Paesi occidentali spingevano per una condanna più netta nei confronti della Russia; dall’altro, le nazioni emergenti hanno insistito per un linguaggio più equilibrato, evidenziando la crescente frammentazione geopolitica.
Come ha sottolineato il presidente Lula: “Il nostro compito è costruire ponti, non muri. Ma senza un impegno reale, non possiamo aspettarci risultati duraturi”. Una riflessione che suona come un monito, lasciando in sospeso il quesito su quanto le grandi potenze siano realmente disposte a trovare un terreno comune per affrontare le sfide globali.