Khan, Funduk, Wakāla, Kārvānsarāy… Sì, insomma: “caravanserraglio”; antichi luoghi di accoglienza delle carovane che attraversavano i deserti, dove sostavano mandrie, cammelli e cammellieri, merci di ogni tipo, uomini d’affari in trasferta. Nel nostro linguaggio figurativo: “luogo dove domina il disordine e la confusione”. Chi scrive è cresciuto tra De Gaulle e Willy Brandt, Berlinguer e Aldo Moro, Giorgio Almirante e Lucio Libertini. Come dire? Altri tempi. Non stupirà dunque se allo scrivente alcune delle nomine di Donald Trump alle alte cariche del prossimo governo appaiono più inerenti alla creazione di un caravanserraglio che alla formazione di un’Amministrazione degli Stati Uniti. Ma tralasciamo i casi più eclatanti: da chi ha dichiarato di aver ucciso a sangue freddo il suo cane da caccia a quello che ha spiegato che, per far ridere gli amici, ha abbandonato il cadavere di un orso a Central Park, da quello che si è fatto tatuare a caratteri cubitali la Croce dei Templari sull’ipertrofico muscolo pettorale al “solito” accusato di praticare sesso fuori regola a livelli agonistici… ecco, appunto, tralasciamo questa lista di futuri Ministri – e la parte agrodolce di questo articolo – per cercare di capire meglio chi è una persona che dovrebbe avere un ruolo significativo nella politica estera della prossima Amministrazione, visto che Trump ha scelto di collocarla alla guida della National Intelligence: Tulsi Gabbard.
Tulsi Gabbard, hawaiana, 43 anni. Una laurea in economia aziendale, induista, sposata. È stata eletta alla Camera dei Rappresentanti nel 2013 con il Partito Democratico, vi è rimasta fino al 2021. Nel 2022 ha lasciato il Partito schierandosi come indipendente, nel 2024 è passata al Partito Repubblicano. Tulsi Gabbard in passato ha criticato tutte le scelte di Trump in politica estera. Quando Trump si ritirò dall’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) e iniziò il duro regime sanzionatorio contro l’Iran, lo marchiò come “un guerrafondaio”; quando Trump cercò di implementare l’alleanza diplomatica con l’Arabia Saudita lo accusò di aver trasformato l’America nella “prostituta dei sauditi”. Lo ha poi attaccato per aver ordinato l’uccisione dello stratega iraniano, il Generale Kassem Suleimani, ed ha spinto perché gli Stati Uniti non sostenessero i sauditi nella guerra dello Yemen contro gli Houti. Nel 2017 è andata a farsi una foto con Bashar Assad mentre il dittatore massacrava i manifestanti e si è detta dubbiosa sul fatto che Assad avesse dato ordine di usare le armi chimiche che avevano ucciso indiscriminatamente la sua popolazione civile.
Quando Putin ha invaso l’Ucraina ha subito dichiarato che la colpa era da attribuire all’allargamento della NATO. Si potrebbe continuare ma ci fermiamo qui. La Tulsi Gabbard democratica che abbiamo conosciuto fino a poco tempo fa era questo: una pacifista della sinistra del Partito Democratico – sulla linea di Bernie Sanders – disposta a tutto (dal suo punto di vista) pur di evitare una Terza Guerra Mondiale sempre in agguato dietro l’angolo. Possiamo immaginare che ad agosto di quest’anno la Sig.ra Gabbard abbia avuto una “Conversione sulla via di Donald Trump” da far rizzare i capelli e non ci mettiamo certo a inseguire complottismi del tipo: “Gabbard è una spia di Putin” o cose simili, ma resta il fatto che la National Intelligence supervisiona il lavoro di 18 diverse Agenzie di spionaggio e che chi la dirige ha un ruolo delicatissimo: è la National Intelligence che seleziona e riassume le informazioni sulla sicurezza nazionale che il Presidente vede arrivare sulla sua scrivania. La persona che dirige un tale servizio dovrebbe necessariamente farlo con il massimo distacco possibile dalle proprie opinioni personali, come peraltro è richiesto a qualsiasi analista che si rispetti. È ragionevole domandarsi se Tulsi Gabbard sia la persona giusta per questo tipo di lavoro.
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