L’incessante furia della tempesta ha stretto la Comunità di Valencia in una morsa letale, portando devastazione, sofferenza e morte. Il violento temporale, alimentato da una depressione isolata in quota, nota come DANA, ha riversato tonnellate d’acqua sulle città, lasciando un bilancio tragico di 202 vittime accertate, oltre a tre morti in Castilla-La Mancha e Andalusia. Non è solo una catastrofe naturale: è il peso insopportabile di perdite umane, famiglie spezzate, case distrutte e vite travolte in pochi istanti.
Le sirene non smettono di suonare, i soccorritori lavorano senza tregua, mentre centinaia di volontari affollano le strade, tentando di rimediare alla furia della natura e al terrore che ha colpito il cuore della Spagna. A Valencia, a Castellón e a Tarragona sono ancora attivi avvisi meteo di allerta rossa e arancione per il rischio di ulteriori piogge. La ministra della Difesa, Margherita Robles, ha promesso il dispiegamento di “tutti i mezzi necessari”, mobilitando oltre 1.700 militari della Unidad Militar de Emergencias (UME) che da giorni operano tra il fango, cercando tra i detriti i segni delle vite perdute.
Ciò che resta ora sono storie di vite sospese e volti segnati dalla paura. Nicolás, spagnolo di origini italiane, al telefono fatica a parlare della propria esperienza, ma riesce a raccontarci il dramma vissuto da un amico, la cui vita è stata completamente sconvolta dall’alluvione: “È stato terribile”, dice, con la voce ancora incrinata dall’angoscia. “L’acqua l’ha travolto insieme a suo cognato mentre cercavano di tornare a casa. Non riusciva a contattare la moglie, rimasta sola con i loro cinque figli. Bloccato in una caserma dei pompieri, ha passato la notte ascoltando centinaia di richieste disperate di aiuto, tra cui quelle di anziani e bambini. All’alba – prosegue Nicolás – ha intrapreso un viaggio di chilometri tra cammino e nuoto, solo per scoprire che la casa non c’era più, inghiottita dal fiume. Per fortuna, una vicina gli ha riferito che la moglie e i bambini erano riusciti a salire sul tetto e che erano stati salvati dall’esercito poco prima che l’abitazione crollasse. Alla fine, si sono ritrovati tutti nella parrocchia di un altro cognato, un prete. Hanno perso tutto, ma sono vivi. Noi siamo stati più fortunati”, conclude in lacrime.
La stessa notte, i ventisettenni William e Azul, in una delle zone più devastate di Massanassa, osservano sconvolti ciò che resta del loro appartamento. “Abbiamo perso tutto, ma siamo vivi”, sussurra Azul a El País. Il loro edificio è stato il primo a essere travolto dall’ondata di piena. “Siamo saliti di corsa al piano di sopra con i vicini, senza tempo per salvare nulla. È stato come essere in mezzo all’oceano”, ricorda William, descrivendo il boato dell’acqua contro le mura, un mostro inarrestabile. Dalla finestra hanno visto un uomo aggrapparsi per ore a una recinzione, sfidando la furia delle acque. Solo all’alba lo hanno visto, stremato ma vivo. Anche per loro la sopravvivenza è stata un soffio di fortuna, ma il trauma lascia una ferita che non si chiuderà.
Il caos ha portato non solo soccorritori ma anche saccheggiatori. Le forze dell’ordine hanno già arrestato 64 persone, molte delle quali accusate di razzie in gioiellerie e di furti nelle auto distrutte. “Questa devastazione non basta? C’è chi approfitta della sofferenza altrui”, lamenta un residente di Torrent, dove i negozi sono stati svuotati e le strade deserte sono oggi uno scenario di paura.
Le autorità hanno dovuto sottrarre risorse ai soccorsi per rafforzare il controllo nelle aree commerciali, mentre la popolazione cerca di raccogliere i cocci di una normalità ormai perduta. Il governo valenciano ha chiesto alla popolazione di rimanere a casa per non intralciare le operazioni, mentre anche il traffico ferroviario e viario continua a subire interruzioni.
Intanto, a Chiva, in provincia di Valencia, una delle aree più isolate e devastate, la sindaca Amparo Fort ha rivolto un appello disperato: “Abbiamo bisogno di acqua potabile, latte per bambini, cibo per gli anziani”. La città è senza elettricità, senza collegamenti telefonici, senza possibilità di comunicare con il resto del Paese, immersa in un buio che dura da giorni. “Ogni volta che un cane da soccorso entra in azione, speriamo che trovi sopravvissuti, ma sempre più spesso scopriamo solo corpi”, dichiara ai media locali. I vicini si sostengono a vicenda, nel tentativo di far fronte all’angoscia crescente per i dispersi, mentre le strade, una volta vivaci, sono ora sommerse di fango e desolazione.
Anche le isole Baleari hanno subito forti ritardi nei voli e gravi allagamenti, mentre l’aeroporto di Palma, in queste ore di festività, ha registrato oltre 2.000 voli in difficoltà. A Ibiza e Mallorca sono caduti oltre 100 litri di pioggia per metro quadro in un’ora, provocando frane e sfollamenti forzati.
Lo scontro tra le istituzioni non si è fatto attendere. Come riporta Pùblico, il governo valenciano e quello centrale si sono accusati reciprocamente di ritardi nella gestione dell’emergenza. Il presidente della Comunità di Valencia, Carlos Mazón, è stato criticato per aver rifiutato l’intervento di alcune unità militari all’inizio dell’emergenza. La ministra della Difesa, Margarita Robles, ha affermato: “Avremmo voluto intervenire subito ovunque, ma ci hanno limitati. Solo ora ci è permesso lavorare in tutti i comuni colpiti”. La tensione politica cresce mentre Mazón, finalmente, ha accettato l’aiuto dei pompieri dalla Catalogna e di oltre 70 veicoli da altre comunità.
Di fronte a una tragedia senza precedenti, tra le case allagate e le vite spezzate, giovani, anziani, famiglie intere si sono riversati nelle strade armati di secchi, pale e voglia di aiutare. Si incrociano sguardi solidali, mani che si stringono, in una comunità che non vuole piegarsi alla devastazione. Anche se l’acqua ha sommerso ricordi e beni materiali, ciò che non è andato perso è la volontà di rialzarsi e ricominciare.
E così, mentre i soccorritori continuano la loro corsa contro il tempo per cercare i dispersi e ripristinare una parvenza di normalità, Valencia si riscopre più unita che mai. Ogni gesto di solidarietà, ogni casa spalancata per accogliere chi non ha più un rifugio, racconta la storia di una forza che va oltre la distruzione. Questa tragedia ha lasciato ferite profonde, ma ha anche mostrato al mondo le immagini di una popolazione che, pur stremata, non si arrende e promette di risorgere dalle proprie ceneri.