Turetta in tribunale per la prima volta

Turetta confessa e deposita una memoria di una quarantina di pagine. Presente in aula anche Gino Cecchettin

Turetta

Il clima nella sala della Corte d’Assise di Venezia era palpabile, intriso di tensione e dolore. Filippo Turetta, accusato dell’omicidio della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin, ha fatto il suo ingresso nell’aula per la prima volta dopo un anno di detenzione. Scortato dalla polizia penitenziaria e vestito di nero, con una felpa grigia che non riusciva a nascondere la gravità della situazione.

Turetta si è trovato faccia a faccia con il papà di Giulia, Gino Cecchettin.

La presenza di Gino, testimone di un dolore incommensurabile, ha aggiunto un peso emotivo all’atmosfera già carica di angoscia. Mentre Turetta si sedeva accanto ai suoi avvocati, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, il suo sguardo ha attraversato l’aula. Non sembra aver incrociato quello del padre della vittima, un segnale che parla di una realtà che travalica il semplice processo legale.

Turetta di fronte alla realtà delle sue azioni

L’interrogatorio si preannuncia come un momento cruciale. Non solo per la ricerca della verità, ma anche per il confronto tra due mondi: quello di un giovane accusato di un crimine atroce e quello di un padre che ha perso una figlia.

Le testimonianze, le prove e le parole che saranno scambiate in aula non saranno solo un mero scambio di informazioni. Si preannuncia un viaggio doloroso nelle vite di tutti coinvolti.

Questo processo rappresenta una ferita aperta nella comunità, un’istantanea di una tragedia che continua a suscitare emozioni forti e contrastanti. Sarà un confronto non solo di evidenze, ma anche di sentimenti, un momento in cui la giustizia cercherà di rispondere a un’assenza impossibile da colmare.

Turetta conferma la premeditazione

Durante l’interrogatorio, Filippo Turetta ha ammesso di aver detto “una serie di bugie” nel primo confronto con il pm Andrea Petroni. Oggi, alla luce di nuovi documenti, ha riconosciuto di aver premeditato l’omicidio, confermando così le accuse della procura. Ha rivelato di aver stilato una “lista delle cose da fare” nei giorni precedenti al delitto, inclusi dettagli inquietanti come prelevare contante per disperdere le proprie tracce e ricerche online su come evitare che la propria auto fosse rintracciata durante la fuga.

Le ammissioni di Turetta hanno messo in luce un quadro sempre più preoccupante. Inizialmente, aveva giustificato l’acquisto di scotch e coltelli con motivazioni evasive, affermando che lo scotch era per “appendere manifesti” e i coltelli perché “pensava di suicidarsi”. Tuttavia, è emerso che il nastro adesivo era stato utilizzato per legare Giulia e che i coltelli erano stati messi in auto giorni prima dell’11 novembre, giorno del delitto.

Il processo non è solo un confronto legale, ma un viaggio doloroso nel cuore di una tragedia che ha segnato profondamente la comunità. Mentre le parole di Turetta riecheggiano nell’aula, il dolore di Gino Cecchettin si fa sempre più evidente, rendendo chiaro che la ricerca della giustizia è un cammino irto di emozioni e sofferenze.

Ho pensato di rapire Giulia

Turetta ha spiegato di aver redatto una memoria di circa 40 pagine, depositata oggi al processo e lettere nel corso del tempo per cercare di mettere ordine nei suoi pensieri, un processo che ha avuto inizio a febbraio-marzo e si è protratto fino a oggi. “Prima ho scritto di getto, poi ho riletto e messo in ordine,” ha aggiunto, evidenziando la complessità dei suoi stati d’animo e la confusione che lo ha portato a elaborare un piano tanto tragico.

Emerge da questa serie di ammissioni la conferma delle tesi dell’accusa riguardo ai preparativi dell’omicidio, mostrando che non si trattava di un gesto impulsivo ma di un piano ben congegnato. Ogni dettaglio, ogni atto preparatorio, ha tracciato il profilo di un giovane che, nonostante le sue iniziali negazioni, aveva pianificato con fredda lucidità.

Queste ammissioni offrono anche uno sguardo inquietante nella mente di un giovane tormentato, in preda a emozioni intense e distruttive. L’omicidio della studentessa avvenne solo tre giorni dopo l’inizio dei suoi appunti, l’11 novembre, un tragico culmine di pensieri che si erano trasformati in un atto irreversibile.