Il Disegno di Legge sulla Sicurezza è uno dei provvedimenti più discussi e divisivi degli ultimi mesi. Nato con l’intento di rispondere a esigenze di maggiore controllo su vari fronti – dalla gestione dell’ordine pubblico, alla lotta contro il terrorismo, all’immigrazione irregolare e al crimine – ha suscitato un acceso dibattito in Parlamento e nella società civile. Proprio per questo, come ha dichiarato Valter Mazzetti, Segretario generale della Fsp Polizia di Stato, è “un valido strumento a sostegno degli operatori in divisa”, che spesso devono far fronte a sfide enormi nel contesto investigativo e di sicurezza pubblica.
Molti degli articoli presenti nel DDL si propongono di rafforzare le misure già esistenti, inasprendo le pene per reati considerati sempre più critici nella società contemporanea. Tra questi, la stretta sulle schede telefoniche SIM, che richiede maggiori controlli nell’identificazione degli acquirenti. Tale misura, secondo Mazzetti, è essenziale: “Chi domanda in maniera provocatoria se una SIM può essere un problema di sicurezza, volendo intendere di no, dimostra tutta la propria incompetenza in materia di sicurezza”. Infatti, la facilità con cui SIM vengono acquistate con identità false rappresenta una seria minaccia, in quanto spesso tali strumenti finiscono nelle mani di criminali o terroristi, rendendo difficile il loro tracciamento.
Un altro esempio è la gestione delle carceri, dove l’articolo 26 introduce nuove pene per la resistenza attiva o passiva all’interno degli istituti penitenziari. Anche se questa norma ha suscitato molte polemiche – con chi la vede come una criminalizzazione eccessiva di comportamenti di dissenso – il governo ritiene che sia una misura necessaria per riportare l’ordine in strutture sovraffollate e spesso teatro di rivolte.
Oltre che dai banchi dell’opposizione, critiche aspre sono state sollevate anche dalla CISL e dall’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI), che accusano il governo di voler limitare i diritti di protesta. Secondo queste voci, il DDL non mira a tutelare la sicurezza nazionale, ma a reprimere la libertà di espressione. Lo slogan della CISL durante il sit-in a Roma, “Manifestare è un diritto, non un crimine!”, riflette proprio la preoccupazione che le nuove norme possano colpire duramente i movimenti sociali, le manifestazioni sindacali e ambientaliste.
Tuttavia, il DDL introduce anche pene più severe per atti di violenza nelle manifestazioni, riconoscendo il bisogno di bilanciare il diritto di espressione con la sicurezza pubblica.
Le nuove norme introdotte, sebbene possano apparire dure, rispondono a un’esigenza reale: gestire una crescente instabilità sociale. Gli ultimi anni hanno visto un aumento esponenziale delle proteste, non solo per questioni sindacali o ambientali, ma anche per l’opposizione a leggi nazionali e internazionali. Questo ha messo a dura prova le forze dell’ordine, che devono mantenere l’ordine pubblico senza violare i diritti costituzionali. L’articolo 12 del DDL, che prevede sanzioni per chi ostacola la circolazione stradale durante le manifestazioni, non mira a colpire la libertà di parola, ma piuttosto a evitare che le proteste degenerino in atti che mettano a rischio la sicurezza dei cittadini.
Uno dei punti cardine del DDL riguarda la lotta al terrorismo. L’articolo 1 prevede pene severe per chi divulga istruzioni finalizzate alla preparazione di esplosivi o sostanze tossiche. In un’epoca in cui le tecnologie digitali rendono più facile la diffusione di contenuti pericolosi, queste misure appaiono cruciali per prevenire attentati e atti di violenza di massa.
Parallelamente, l’articolo 27 introduce pene più rigide per chi si ribella all’interno dei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio), strutture dove gli immigrati irregolari attendono il rimpatrio. Secondo molti critici, questa norma criminalizza gli stranieri e accentua un processo di “crimmigration”, dove la legislazione penale si sovrappone al diritto dell’immigrazione. Tuttavia, è importante considerare che tali misure servono a garantire la sicurezza all’interno di strutture che spesso sono teatro di tensioni e violenze.
Dalle audizioni programmate per il prossimo 8 ottobre emergeranno ulteriori spunti di riflessione. La maggioranza ha già fatto sapere che il testo non è blindato e che potrebbero esserci delle modifiche, come la possibilità di rivedere la stretta sulla cannabis light. Come riportato da fonti governative, “alcuni spunti potrebbero arrivare dal ciclo di audizioni”. Il ciclo di audizioni potrebbe quindi rappresentare un momento chiave per introdurre correttivi, mantenendo però intatta la volontà di garantire maggiore sicurezza senza pregiudicare i diritti fondamentali.
Il DDL Sicurezza rappresenta una risposta forte e decisa a un bisogno sempre più urgente di controllo e ordine. Nonostante le critiche mosse dai movimenti sociali e da alcune forze politiche, è chiaro che molte delle norme previste si allineano con le necessità di un contesto nazionale e internazionale sempre più complesso. Come sottolineato dalle dichiarazioni di Mazzetti, “la sostanza deve prevalere sugli spot”, e il DDL sembra proprio voler andare in questa direzione: meno populismo, più sicurezza.