La fine del Campo Largo, tra vincitori e vinti

Giorni fa (leggi qui) scrivevamo come le parole Centro e «Campo Largo» andrebbero abolite dal vocabolario politico italiano. fa piacere constatare che anche uno dei principali direttori interessati, Giuseppe Conte, abbia ammesso da Bruno Vespa che il «Campo Largo non esiste». Al di là del fatto di avere ragione (soddisfazione che dura il tempo di un battito di ciglia) la decisione del leader del Movimento 5 Stelle ha tre conseguenze politiche da non sottovalutare.
La prima è la sconfitta di Elly Schlein, da sempre favorevole a quell’alleanza contro la destra che avrebbe dovuto raccogliere tutto ciò che non fa parte della coalizione di maggioranza; in poche parole: Renzi, Calenda, il Pd, i grillini per finire con Alleanza verdi e Sinistra. Un minestrone basato su un semplice ragionamento matematico: se il centrodestra ha circa il 48% significa che il resto ha il 52%, cioè la maggioranza; sui programmi poi l’invito del segretario Dem è semplice, «partire dalle cose che ci uniscono…» (quali?). Ecco. Il progetto politico di Schlein è finito ieri e dalla vittoria sicura nelle prossime tornate regionali in Liguria, Emilia Romagna e Umbria dove la sinistra puntava al «cappotto» oggi, senza Renzi e anche diversi uomini di Calenda, tutto si complica.

Il secondo sconfitto è Matteo Renzi. L’ex sindaco di Firenze e premier era stato il primo, mesi fa, a sparigliare le carte e lanciare la proposta della Santa Alleanza contro la destra. Decisione che sorprese molti visto il suo arcinoto astio verso il Movimento 5 Stelle. Un azzardo, un jolly messo sul tavolo, che altre volte aveva funzionato. Nel bene e nel male Renzi è sempre stato l’uomo che, seppur con pochi voti, aveva costruito piccole grandi manovre, ultima la fine del governo Conte-Bis e la nascita dell’esecutivo di Mario Draghi (cosa che il leader di Italia Viva ricorda ogni volta che fa una dichiarazione). Questa volta però il gioco non ha funzionato e Italia Viva si è trovata costretta a partecipare alle regionali con liste proprie (destinate a un risultato numerico poco brillante).

Se ci sono due sconfitti devono per forza esserci dei vincitori.
Il primo è il centrodestra, spettatore felice dell’ennesimo atto di auto lesionismo degli avversari. Ma soprattutto gioisce Giuseppe Conte, per nulla indebolito dalle lotte interne con Beppe Grillo, che con il suo No a Renzi conferma di essere lui a decidere nel bene o nel male le sorti dell’opposizione. Conte che va contro il Pd e scende a patti con il centrodestra per le nomine Rai; Conte che dice no ad Italia Viva… La verità è che la superiorità dei grillini sul Pd è il non aver nulla da perdere. Se da una parte infatti Schlein non può permettersi (tra tre anni) una nuova sconfitta alle politiche, il Movimento 5 Stelle è pronto a mettersi all’opposizione per un altro quinquennio, alla ricerca di consensi su posizioni pacifiste, ambientaliste, stataliste e populiste. L’Avvocato del Popolo ha vinto le ultime mani di poker contro la sua prima rivale, il segretario del Pd.

@riproduzione riservata