Il Campo Largo affonda nella Rai

Ci sono due terminologie da proibire nel mondo politico: la prima è la parola Centro, il secondo è Campo Largo. La ragione della loro abolizione è semplice: non esistono. Guardate ad esempio cos’è successo oggi alla presunta Grande Coalizione che il mondo dell’opposizione sta sbandierando da tempo come nuova arma per sconfiggere la Destra di governo. È evidente a tutti la fragilità politica di una coalizione in cui dovrebbero convivere Calenda, Renzi, Schlein, Conte e sinistra estrema. Persone e partiti che se ne sono dette di tutti i colori per anni; pensiamo ad esempio a quel pezzo di Partito democratico per cui ad esempio l’ex sindaco di Firenze, il «Rottamatore», è visto come il Diavolo in persona, peggio di una Meloni qualunque. Per non parlare del povero Calenda, costretto a dare il suo assenso a un’alleanza con i grillini e con i seguaci di Ilaria Salis; un tradimento delle ragioni fondanti di Azione da cui sono immediatamente usciti gli ex di Forza Italia (Gelmini, Costa, Carfagna).

A dare un altro colpo alla scarsa credibilità di questo Campo Largo ci hanno pensato oggi le nomine Rai. La scelta dei nuovi membri del cda hanno infatti visto l’alleanza anti-Meloni sciogliersi come neve al sole. Se il Pd e Renzi hanno deciso di non partecipare al voto il Movimento 5 Stelle ed Alleanza Verdi e Sinistra hanno non solo votato ma anche portato a casa una bella poltrona, frutto di un accordo (uguale a tutti quelli del passato, da quando la Rai esiste). Oltre a Federica Frangi, la carta del centrodestra, la camera ha scelto Roberto Natali, uomo voluto dai grillini (oltre a essere ex portavoce di Laura Boldrini e candidato con il partito di Niki Vendola nel 2013). E non è la prima volta che riguardo alle vicende di Viale Mazzini Conte e i suoi lasciano i Dem al loro destino, accordandosi con il centrodestra. Il Campo Largo è questo, unito oggi, come nelle regionali, diviso sulla Rai, sulla guerra in Ucraina, sulle armi, sul Medio Oriente, sul Reddito di cittadinanza. Unito solo dall’idea di frenare il centrodestra.

Un ultimo pensiero va al centro. Dalla fine di Tangentopoli e di un sistema politico pluridecennale dove la Democrazia Cristiana era perno centrale, il Centro è sempre stato nominato, sognato, ricordato ma mai più tornato. Ci hanno provato in tanti, da Monti a Berlusconi, con risultati alterni, soprattutto dal punto di vista elettorale. La verità è che oggi funziona il bipolarismo (guardate in Gran Bretagna o negli Stati Uniti) mentre nei paesi dalla politica più frazionata non è tempo per i centristi; non lo è un Francia e nemmeno in Germania. La gente vuole posizioni certe: o di qui oppure di là, esasperata dai continui cambiamenti e giochi di potere di palazzo. Nel 2018 esplosero non a caso Lega ed un giovanissimo M5S. Oggi il vento in poppa è tutto della premier e di Fratelli d’Italia. I partiti di Centro oggi sognano l’arrivo a Palazzo Chigi di una maggioranza Ursula, come quella in essere a Bruxelles, fatta con l’ingresso del Pd. Utopia, per una semplice questione di numeri: messi assieme Forza Italia, Azione e Italia Viva, gli schieramenti centristi del nostro mondo politico, arriverebbero al 13%, meno della metà dei voti di Fratelli d’Italia.
Per questo, fateci una cortesia, abolite i termini Centro e Campo Largo. E anche le relative idee.

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