Armenia tra complotti, nuove alleanze e fratture con Mosca

La nazione caucasica, da sempre al centro di giochi geopolitici complessi, sfida apertamente la Russia e cerca nuove alleanze tra Occidente e Iran. Riuscirà Erevan a mantenere l’equilibrio in uno scenario internazionale sempre più imprevedibile?

Nikol Pashinyan, il primo ministro armeno.

L’Armenia si trova al centro di un preoccupante tentativo di destabilizzazione orchestrato dall’esterno. Le autorità locali hanno sventato un complotto che, secondo le loro indagini, sarebbe stato orchestrato da Mosca per rovesciare l’attuale governo filoccidentale. Un gruppo di insorti, reclutati e addestrati in Russia, era pronto a usare la forza per prendere il controllo del Paese. Secondo i procuratori, cinque cittadini armeni e due ex residenti del Nagorno-Karabakh, in collaborazione con altre persone la cui identità non è ancora stata stabilita, hanno reclutato alcuni connazionali nel corso del 2024, offrendo un compenso mensile di circa 220.000 rubli russi, secondo quanto riportato dal Comitato Investigativo Armeno.

Nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, situata tra Armenia e Azerbaigian, è evidenziato il conflitto armato in corso. Le fiamme e i simboli militari rappresentano le operazioni belliche nella zona, una delle aree più calde e instabili del Caucaso meridionale.

Il gruppo attirava le persone “con il pretesto di una preparazione di tre mesi in Russia, mirata a familiarizzare con nuovi tipi di armi pesanti, acquisire abilità nel loro utilizzo e, al ritorno in Armenia, svolgere servizio di combattimento”. Dall’indagine è emerso che i reclutati sono stati inviati a Rostov-sul-Don, nella parte sud-occidentale della Russia, vicino alla costa settentrionale del Mar d’Azov, e successivamente trasferiti in una base militare, dove hanno ricevuto addestramento all’uso delle armi.

La notizia, sebbene inquietante, non è un fulmine a ciel sereno. Le relazioni tra Russia e Armenia si sonologorate rapidamente negli ultimi anni, specialmente dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Un tempo fedele alleata di Mosca, l’Armenia ha iniziato a distanziarsi, frustrata dalla passività russa durante l’assalto dell’Azerbaigian alla regione del Nagorno-Karabakh nel 2020 e in successive aggressioni. Nonostante la presenza di truppe di pace russe, Mosca non ha mantenuto le promesse di protezione, lasciando l’Armenia vulnerabile e costretta a cercare nuove alleanze.

I membri del Collective Security Treaty Organization (CSTO), l’alleanza militare tra stati ex sovietici, durante il loro ultimo incontro ufficiale a Minsk, in Bielorussia, il 23 novembre 2023. Durante l’incontro, i leader degli altri membri del CSTO (Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan) hanno discusso questioni di sicurezza regionale, ma l’assenza dell’Armenia ha evidenziato le crescenti difficoltà nei rapporti tra Erevan e l’alleanza, soprattutto a seguito del conflitto nel Nagorno-Karabakh e delle accuse di inattività rivolte al CSTO da parte armena.​

Il deterioramento delle relazioni tra Armenia e la CSTO (Collective Security Treaty Organization) ha portato il primo ministro Nikol Pashinyan a compiere scelte cruciali: non solo l’Armenia ha sospeso la sua partecipazione all’alleanza militare, ma ha anche avviato esercitazioni congiunte con le forze statunitensi, irritando ulteriormente la Russia. La CSTO, fondata nel 2002, è composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, come erede del Trattato di Sicurezza Collettiva del 1992, riunisce vari stati ex sovietici con l’obiettivo di garantire la difesa collettiva e la cooperazione nella sicurezza e la lotta al terrorismo internazionale. Negli ultimi anni, tuttavia, l’alleanza è stata criticata, in particolare dall’Armenia, per l’inefficacia dimostrata durante i conflitti nel Nagorno-Karabakh, dove si è percepita una mancanza di supporto da parte della CSTO​.

La risposta del Ministero degli Affari Esteri della Russia alla decisione del Parlamento armeno di ratificare lo Statuto di Roma: “[…] avrà le conseguenze più negative per le relazioni bilaterali”.

La recente ratifica dello Statuto di Roma da parte dell’Armenia, che estende la giurisdizione della Corte Penale Internazionale (CPI), rappresenta un messaggio inequivocabile: in caso di visita nel Paese, Vladimir Putin potrebbe essere arrestato. Nell’ottobre 2023, l’Assemblea Nazionale armena ha approvato la ratifica, divenuta effettiva il primo febbraio 2024. Questa decisione, giustificata da Erevan come una misura di protezione contro i crimini di guerra azeri, ha però acuito le tensioni con la Russia, storico alleato, che ha definito la scelta “ostile” e preannunciato “gravi ripercussioni” sulle relazioni bilaterali. Nel tentativo di alleviare la crisi diplomatica, l’Armenia ha proposto nuovi accordi che mirano a evitare l’arresto di Putin, cercando così di rassicurare Mosca e mantenere un fragile equilibrio nei rapporti tra i due paesi.

Sul fronte opposto, l’Azerbaigian, storico nemico dell’Armenia, ha consolidato i rapporti con il Cremlino. In questo contesto, l’Armenia sembra orientarsi sempre di più verso l’Occidente, con Pashinyan che ha dichiarato apertamente l’intenzione di perseguire l’integrazione nell’Unione Europea. Questo spostamento geopolitico potrebbe cambiare radicalmente gli equilibri nel Caucaso, ma comporta anche rischi.

Le guardie di frontiera russe, presenti in Armenia fin dalla caduta dell’Unione Sovietica, sono state invitate a ritirarsi all’inizio di quest’anno. Questa decisione riflette il progressivo distanziamento dell’Armenia dalla Russia, in un contesto di crescenti tensioni regionali e diplomatiche.

Le guardie di frontiera russe, presenti in Armenia dalla caduta dell’Unione Sovietica, sono state invitate a ritirarsi all’inizio di quest’anno. È il segno tangibile di una frattura profonda e probabilmente irreparabile. Le accuse di Mosca di “invasione” della sfera d’influenza russa da parte dell’Unione Europea e le manovre diplomatiche tese del Cremlino riflettono un nervosismo crescente, mentre l’Armenia cerca nuovi alleati, come l’Iran, che rappresenta uno dei pochi punti di accesso verso il mondo esterno, nel tentativo di ridurre la sua dipendenza dalla Russia.

il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il vicepresidente del parlamento iraniano Masoud Pezeshkian, figure cruciali nelle sfide geopolitiche nella regione, dove gli interessi di Mosca e Teheran spesso si scontrano.

Sebbene l’Iran e la Russia siano alleati, le loro posizioni divergono su questioni chiave, soprattutto nella regione del Caucaso. La Russia ha forti legami con l’Azerbaigian, mentre ‘’Iran, preoccupato dall’influenza azera e turca, mantiene una stretta vicinanza con l’Armenia per bilanciare il potere regionale di Baku, storicamente alleato della Turchia e sostenuto da Israele. Questa dinamica porta l’Iran a coltivare relazioni con Erevan, anche in un contesto di crescente apertura armena verso l’Occidente. L’Armenia, nel frattempo, potrebbe sfruttare i suoi legami con Teheran per gestire le pressioni internazionali e mitigare le tensioni regionali, specialmente nell’atavico conflitto del Nagorno-Karabakh.

Il futuro di questo piccolo ma strategico Paese resta incerto. Il tradimento di Mosca ha lasciato ferite profonde, ma ha anche aperto la strada a nuove possibilità. Come ha dichiarato Pashinyan su Politico: “Se vediamo una possibilità più o meno realistica di diventare un membro a pieno titolo dell’Unione Europea, non ci lasceremo sfuggire quel momento”. L’Armenia è in un crocevia storico, con il peso del passato russo alle spalle e lo sguardo rivolto a un futuro più occidentale.

Riuscirà l’Armenia a bilanciare l’avvicinamento all’Occidente senza compromettere i suoi rapporti con l’Iran? La chiave sarà la sua abilità diplomatica nel destreggiarsi tra mondi diversi, ma paradossalmente legati da interessi comuni. Nonostante le loro divergenze, questi attori condividono obiettivi strategici che, se ben sfruttati, potranno consentire all’Armenia di mantenere un equilibrio delicato, preservando sia i rapporti con l’Occidente sia quelli con i partner regionali.

Un rafforzamento dei legami con l’Unione Europea potrebbe acuire ulteriormente la pressione da parte di Mosca, mentre un’eccessiva vicinanza all’Iran rischierebbe di compromettere le relazioni con l’UE e gli Stati Uniti, alimentando tensioni diplomatiche su entrambi i fronti. Riuscirà Erevan a mantenere l’equilibrio tra forze così contrastanti, evitando che le tensioni si trasformino in rotture irreparabili? Potrà salvaguardare la sua autonomia strategica in un contesto così instabile e ricco di rischi?

Al momento, in un quadro regionale sempre più instabile e difficile da gestire, l’unico segnale inequivocabile sembrerebbe il progressivo allontanamento dell’Armenia da Mosca, Un cambiamento che illumina la crescente complessità della politica estera armena, tesa in un delicato equilibrio tra pressioni geopolitiche contrapposte.