La guerra sul fronte nord, tra Israele e le milizie di Hezbollah, in questo momento è molto vicina. La pioggia quotidiana di missili lanciata da Hezbollah sul nord di Israele all’indomani delle stragi di Hamas del 7 ottobre 2023 ha spopolato i paesi israeliani a ridosso del confine con il Libano, provocando lo sfollamento di circa 68.500 persone, e ha distrutto l’economia dell’intera area.
Il Gabinetto di Sicurezza israeliano ha votato oggi per aggiungere “il rientro in sicurezza alle loro case delle persone evacuate dal nord di Israele” agli obiettivi di guerra che si era già dato (distruzione del potere di Hamas a Gaza e ritorno degli ostaggi). Dunque, la guerra in Libano – in assenza di un accordo tra le parti a oggi non ipotizzabile – è stata ora decisa politicamente in modo ufficiale.
Il mese di settembre come periodo probabile per un attacco israeliano in Libano era già stato indicato da alcuni analisti nella primavera scorsa. Due motivi concorrevano a questa previsione: entro l’estate la forza militare di Hamas a Gaza sarebbe stata ridimensionata, rendendo così disponibile parte delle truppe di Israele sul fronte nord, inoltre il clima invernale sul confine libanese-israeliano – assai diverso da quello dei deserti intorno a Gaza – sconsigliava un’operazione militare nella brutta stagione. Con l’attuale stallo degli accordi con Hamas per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco l’ipotesi di un necessario attacco israeliano nel sud libanese si rafforza. A questo proposito non appare un caso l’arrivo di ieri in Israele di Amos Hochstein, inviato speciale del Presidente Biden per il Medio Oriente. Se ora dovesse scatenarsi una guerra in Libano, che potrebbe anche allargarsi all’intera regione, per l’Amministrazione Biden sarebbe un danno grave. Per il Partito Democratico non sarebbe certo una situazione ottimale il ritrovarsi a ridosso delle elezioni con Trump che urla: “Se io fossi stato Presidente non sarebbe mai accaduto!” e un’opinione pubblica che osserva l’incapacità del Presidente a raffreddare la situazione in Medio Oriente. Questo porta ragionevolmente a pensare – al di là delle solite “indiscrezioni” – che gli Stati Uniti stiano facendo carte false per scongiurare un conflitto in Libano in questo momento.
I “pro” e i “contro” all’attacco
Hezbollah ha un’artiglieria missilistica di gran lunga più forte e numerosa di quella di Hamas, può avere la capacità di compiere attacchi di saturazione per diversi giorni consecutivi sull’intero territorio dello Stato Ebraico e questo potrebbe portare a danni significativi alle infrastrutture israeliane e la probabile morte di alcune centinaia (o migliaia) di suoi cittadini. Per converso, nella guerra con Hezbollah Israele ha fin qui dimostrato di essere dotata di un gran numero di accurate informazioni sullo schieramento avversario. La cosa è stata evidente il 25 agosto scorso, quando Israele è stata in grado di compiere un attacco preventivo un istante prima che Hezbollah lanciasse la sua ondata di missili sul suo territorio. È vero che Hezbollah ha poi sparato più di 300 ordigni su Israele, i quali sono stati in massima parte intercettati, ma sarebbe dirimente capire qual era la vera quantità di missili che Hezbollah aveva in previsione di lanciare prima di subire l’attacco preventivo israeliano. Una fonte informativa autorevole come Yonah Jeremy Bob ha dichiarato che Hezbollah contava di lanciare quel giorno migliaia di missili su Israele, ma che la maggior parte di loro è stata distrutta al suolo dall’aviazione con la Stella di Davide. Se questa capacità difensiva e di intelligence israeliana fosse davvero tale, allora i danni che il suo territorio ed i suoi cittadini potrebbero subire in un conflitto con Hezbollah sarebbero molto meno impattanti del previsto e questo renderebbe più probabile una guerra nel sud del Libano ora.
Per contro è arrivato nel centro di Israele un missile lanciato dagli Houti che non dice niente di buono. L’Iran ha dato agli Houti un missile a lunga gittata (circa 2.000 km), il missile ha ragionevolmente impiegato una dozzina di minuti nel viaggio tra lo Yemen e lo Stato Ebraico; un tempo largamente sufficiente per individuare la rotta balistica di un oggetto rotante. Perché il sistema Arrow3 (presumiamo) non è riuscito a colpirlo al di fuori dello spazio aereo israeliano? Perché – almeno a sentire i primi commenti dell’IDF – si è dovuto successivamente usare più di un altro missile per colpirlo? Perché il missile israeliano non è riuscito a distruggere interamente l’intrusore rotante iraniano? Perché l’antiaerea israeliana non è quindi intervenuta ancora? Se le schegge metalliche incandescenti penetrate nella piattaforma 4 della stazione Paatei Modin alle 6,10 di domenica mattina fossero cadute lì una o due ore dopo cosa sarebbe accaduto ai passeggeri dei treni? In attesa di risposte, quanto è avvenuto mostra alcune fragilità della difesa antiaerea israeliana che non possono essere sottovalutate.
Il punto debole di Israele
Israele è un Paese piccolo, praticamente senza alcuna profondità strategica, con una piccola popolazione e un piccolo esercito. Tutto quanto sta accadendo dal 7 ottobre 2023 a oggi è l’applicazione pratica – preventivata e concertata a tavolino da tutti i nemici di Israele, secondo chi scrive – di ciò che il fu generale iraniano Qasem Soleimani definiva: “L’anello di fuoco”; cioè dissanguare Israele in una lunghissima guerra d’attrito su sette fronti: Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Iraq, Yemen e Iran. Israele ha invece un esercito settato per combattere battaglie brevi ad altissima intensità. Nell’affrontare questa lunga guerra che si profila lo Stato Ebraico deve essere previdente. Riempire i magazzini, non solo di armi, ma anche di tonnellate di pezzi di ricambio, benzina, acqua, sacche di sangue, abbigliamento e razioni militari. Dovrà rafforzare la rete energetica, aumentare il numero di vigili del fuoco, attivare un servizio civile di sussistenza per i cittadini, proteggere ponti e ferrovie, eccetera…e dovrà affrontare difficoltà economiche: le piccole e medie imprese avranno difficoltà a funzionare se il proprietario, il sistemista, l’ingegnere sono stati chiamati al fronte come riservisti. Dovrà aumentare la produzione in proprio delle armi. Dovrà trovare soluzioni innovative ed economiche per contrastare i droni, perché i Sistemi Iron Dome, Fionda di Davide e Arrow non sono ottimali per la guerra ai droni. Dovrà assicurarsi di avere gli Stati Uniti come stabile alleato. Israele dovrà essere previdente e quindi paziente, in questo è compresa la riflessione se andare ora a una guerra aperta in Libano.
Le stragi del 7 ottobre sono state dovute al fatto che Israele ha sovrastimato le proprie capacità difensive. L’errore non deve ripetersi.
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