Il 27 luglio scorso un missile di Hezbollah colpiva un campo da calcio uccidendo 12 bambini nel villaggio druso di Majdal Shams, un insediamento posto sulle colline del Golan inglobate da Israele. Tre giorni dopo un attacco aereo israeliano, probabilmente con l’uso di un drone, colpiva un appartamento alla periferia di Beirut uccidendo Fuad Shukr, uno dei fondatori dell’ala militare di Hamas, che Israele aveva indicato come il responsabile della strage dei bambini drusi di Majdan Shams.
Hezbollah promise allora immediata vendetta per l’eliminazione di un suo capo militare storico, nonché consigliere per gli affari di guerra del proprio leader politico Hassan Nasrallah.
La vendetta di Hezbollah si è manifestata il 25 agosto scorso. Malgrado sia stata preceduta da un attacco preventivo israeliano, l’artiglieria di Hezbollah è comunque riuscita a lanciare un paio di centinaia di razzi e droni su Israele. Secondo la nostra analisi il risultato è stato minimo. Ormai non c’è quasi più posto al mondo, soprattutto nei Paesi liberi, dove un avvenimento importante non venga registrato da un cittadino armato di telefono ed immediatamente gettato in pasto al web. Anche a non volersi fidare delle fonti ufficiali israeliane, non si è trovata alcuna traccia visiva di distruzioni significative sul territorio dello Stato ebraico.
Ma siccome non è importante ciò che davvero accade ma ciò che viene raccontato, ecco che oggi il quotidiano libanese “Al Akhbar” – legato ad Hezbollah – sforna i seguenti titoli: “Sei droni colpiscono un centro di intelligence israeliano” – “La guerra totale è congelata fino a nuovo avviso”. Non importa che nessun centro di intelligence israeliano sia mai stato colpito da sei droni, con questa narrazione Hezbollah può chiudere la pratica della “terribile vendetta per l’eliminazione di Fuad Shukr” ed evitare così di doversi misurare con Israele in campo aperto. Se Hamas sperava nell’apertura di un secondo fronte di guerra nel nord che potesse alleggerire la pressione che sta subendo a Gaza è rimasto ancora una volta deluso.
Tutto questo sembra dimostrare come l’Iran e la sua emanazione libanese, rappresentata da Hezbollah, non sia disposto a scatenare una guerra aperta nella regione. I motivi possono essere più di uno. La crisi economica che colpisce l’Iran e devasta il Libano, dove probabilmente le due popolazioni vedono una guerra come la peggior disgrazia possibile; il fatto che, a differenza di Hamas, Hezbollah e Teheran non possono vantare alcuna alleanza né amicizia tra i Paesi sunniti del medio-oriente; la determinazione di questa Amministrazione americana, che schiera due portaerei con i relativi gruppi d’attacco nell’area a costo di lasciare attualmente scoperto il Mar Cinese Meridionale (cosa che negli Stati Uniti sta scatenando feroci polemiche tra gli addetti ai lavori). In fondo alla lista, ma non ultima per importanza, c’è la postura di Israele. Dopo la guerra del Libano del 2006 – che per Tsahal non andò proprio benissimo – Israele ha dimostrato di aver “fatto i compiti” ed ha acquisito ora un’accuratissima intelligence sulle strutture ed i comandanti di Hezbollah, probabilmente con infiltrazioni ad alto livello. Da ieri è arrivato l’ordine ai miliziani del gruppo di non usare più i telefoni.
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