Nelle cronache e nei commenti giornalistici viene spesso usato l’aggettivo “realismo” o “realista” quando si scrive dell’atteggiamento o delle scelte di questo o quel Paese, o leader, nell’affrontare le questioni internazionali. Il più delle volte i giornali confondono il “realismo” con la “realpolitik”. “Realpolitik” è un termine generico, che indica il modo di affrontare le relazioni internazionali partendo da quanto si pensa sia possibile fare e non da quanto si desidera fare; la realpolitik si costruisce a partire dai mezzi che si crede di avere a disposizione e non in base ai principi od ai valori che si professano. Il “Realismo” invece è una scuola di pensiero che ha l’ambizione di produrre una descrizione su come funzionano i rapporti tra le nazioni del mondo una volta per tutte, indipendentemente dalla natura di queste nazioni – democratiche o autoritarie non importa – e dalle diverse epoche storiche che il mondo attraversa. Per spiegare questa confusione tra “realismo” e “realpolitik” facciamo un esempio: Henry Kissinger viene spesso definito come un Realista. No, Kissinger ha praticato la realpolitik ma Kissinger non era un “Realist”: dopo l’inizio della Guerra del Vietnam Kissinger ed alcuni “Realisti” hanno smesso di salutarsi.
Come legge il mondo la dottrina realista?
Carlyle diceva che “la democrazia è l’anarchia più un poliziotto”. Cosa intendeva per “anarchia”? In democrazia si dà per scontato che non dobbiamo avere tutti la stessa idea su come dovrebbe funzionare il mondo. Io socialista, tu liberale, lui autoritario, ciascuno di noi può liberamente esprimere il proprio pensiero – ed è questa libertà di vedere diversamente il mondo che Carlyle chiama “anarchia” – ma questa libertà può essere esercitata soltanto entro un limite: molti esempi storici ci dimostrano come gli esseri umani siano dispostissimi ad ammazzarsi per le proprie idee, in democrazia ci è però vietato di affermare le nostre idee con la violenza ed è qui che interviene “il poliziotto” di Carlyle. Il “poliziotto di Carlyle” è la rappresentazione del potere superiore dello Stato, il quale ha il monopolio della violenza ed impone ai suoi cittadini il suo volere, per così dire, pacificatore. Cosa differenzia il sistema che regola i rapporti all’interno di uno Stato dal sistema che regola le relazioni tra gli Stati? Nelle relazioni tra gli Stati manca “il poliziotto di Carlyle”. Non c’è un potere superiore a quello delle Nazioni. Se un cittadino di un qualsiasi Paese del mondo viene torturato a morte e gettato in un fosso dalla polizia segreta di un altro Stato, il Paese che aveva il dovere di proteggere quel suo cittadino non può chiamare la Polizia del Mondo e fare arrestare il Capo dello Stato dove quel cittadino è stato brutalmente ucciso, per il semplice motivo che una Polizia che controlla gli Stati del Mondo non esiste. Il pensiero realista definisce quindi le relazioni internazionali come dominate dall’anarchia, il sistema è definito come “anarchico” perché mancante di un potere superiore che possa controllare il comportamento delle varie Nazioni.
Dunque, secondo il pensiero realista, nelle relazioni internazionali vige lo stato di natura, vale la legge del più forte.
Per fare un esempio di come i realisti leggono la differenza di rapporto tra i cittadini di uno stesso Stato ed i rapporti degli Stati tra loro proviamo a immaginare il bar dove andiamo a prendere il caffè nella nostra città e paragoniamolo con il saloon di un qualsiasi film western che abbiamo visto. Notiamo subito una differenza: c’è un accessorio che nel nostro bar nessuno sembra portare e che nel saloon del film western tutti indossano: la pistola; perché nella nostra città gira la polizia ma nel Selvaggio West la legge è assente, lo sceriffo in città non c’è e ognuno deve difendersi per conto proprio. In una situazione in cui chiunque potrebbe aggredirti da un momento all’altro e farla franca si crea un clima di circospezione, di tensione, e questa tensione può generare equivoci; una persona che ti sembra ti stia guardando male viene immediatamente letta come una minaccia e se ti senti sotto minaccia armata la cosa preferibile da fare è sparare per primo, eccetera. Il comportamento degli attori di un sistema è insomma il risultato di come è organizzato il sistema stesso.
Al di là degli incontri diplomatici, delle dichiarazioni distensive, degli abbracci, delle strette di mano, delle alleanze senza limiti e dei fraterni rapporti di cui sono piene le dichiarazioni ufficiali, per il pensiero realista le relazioni internazionali tra gli Stati sono come quelle che si svolgono nel saloon del film western che abbiamo provato a immaginare. Il Realismo viene a dirci che il mondo è una maledetta jungla senza speranza.
Abbiamo avuto qui la pretesa di descrivere a grandi linee la sostanza del pensiero realista, forse chi legge potrà così orientarsi nell’interpretare (e diffidare) quando incontrerà questo aggettivo nel prossimo articolo di giornale. Inutile aggiungere che la scuola di pensiero Realista si articola poi in sotto-scuole (realismo-natura umana, realismo difensivo, realismo offensivo). Si tiene a precisare che qui è stato preso in esame l’aspetto descrittivo del pensiero realista e non l’aspetto prescrittivo, anche perché i Realisti non sono un partito e studiosi realisti diversi arrivano poi a conclusioni diverse quando provano ad applicare gli stessi principi ad una situazione pratica. Esiste forse una prescrizione che accomuna tutti gli studiosi realisti? Sì: in questa jungla rappresentata dalle relazioni internazionali la deterrenza è fondamentale: quando si affrontano i rapporti con le altre nazioni i Realisti prescrivono di portarsi dietro un bastone, possibilmente da non usare, però – vista la situazione – non si sa mai.
La maggior parte dei Realisti (non tutti) pensa che siccome questa jungla chiamata mondo è molto grande nessuno Stato può pretendere di governarla interamente e, per evitare di distruggere il mondo con tutti i suoi abitanti, prescrivono che le Grandi Potenze accettino di controllarne ognuna una parte, possibilmente mettendosi d’accordo sulle varie zone di competenza. Comunque sia il Realismo getta uno sguardo disincantato, ma anche adulto e consapevole, sul male che affligge il mondo; il solo gridare: “Poverini!!” tutte le volte che una bomba ammazza qualcuno ci lascia rinchiusi in un giardino di infanzia dove possiamo rimirare la nostra sublime bontà, ma non ci fa fare un solo passo avanti nel tentativo di controllare e ridurre – quantomeno – il male che ci circonda.
@riproduzione riservata