Finanziamenti climatici: i paesi ricchi guadagnano da quelli in via di sviluppo

Finanziamenti climatici: come i Paesi ricchi guadagnano da quelli in via di sviluppo

Negli ultimi anni, i paesi ricchi hanno inviato ingenti finanziamenti ai paesi in via di sviluppo per affrontare il cambiamento climatico. Troppo spesso con tassi di interesse elevati o vincoli che hanno avvantaggiato i finanziatori stessi. Una recente inchiesta condotta da Reuters ha rivelato come nazioni come Giappone, Francia, Germania e Stati Uniti hanno guadagnato miliardi di dollari attraverso tali programmi. In questo modo si stanno arricchendo i ricchi e impoverendo i poveri. Occorre fare chiarezza.

I prestiti condizionali dei Paesi sviluppati

L’impegno delle nazioni sviluppate, stabilito nel 2009 e riaffermato nell’Accordo di Parigi del 2015, era di inviare 100 miliardi di dollari all’anno ai paesi più poveri per aiutarli a ridurre le emissioni e affrontare gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, lo studio ha mostrato che gran parte di questi fondi viene erogata sotto forma di prestiti con tassi di interesse di mercato o con condizioni che impongono ai beneficiari di assumere aziende dei paesi donatori. Questa pratica contraddice il principio di giustizia climatica, secondo cui i paesi sviluppati dovrebbero compensare quelli in via di sviluppo per il contributo storico alle emissioni di gas serra.

Tra il 2015 e il 2020, le nazioni ricche hanno prestato almeno 18 miliardi di dollari a tassi di interesse di mercato, dei quali 10,2 miliardi di dollari dal Giappone, 3,6 miliardi dalla Francia, 1,9 miliardi dalla Germania e 1,5 miliardi dagli Stati Uniti. Inoltre, altri 11 miliardi di dollari di prestiti, principalmente giapponesi, richiedevano ai beneficiari di acquistare materiali da aziende dei paesi prestatori. Anche le sovvenzioni, che ammontavano a 10,6 miliardi di dollari, spesso imponevano condizioni simili, favorendo le economie dei donatori.

Ostacoli allo sviluppo e disuguaglianza globale

Questi finanziamenti condizionali non solo rimandano denaro ai paesi ricchi, ma ostacolano anche lo sviluppo sostenibile delle economie dei beneficiari. “Dal punto di vista della giustizia, questo è profondamente riprovevole,” ha affermato Liane Schalatek della Fondazione Heinrich-Boll. Gli esperti sottolineano che tali pratiche minano l’obiettivo di rafforzare la resilienza e la capacità tecnologica dei paesi in via di sviluppo di fronte ai cambiamenti climatici. I paesi donatori giustificano l’uso di prestiti affermando che consentono di mobilitare maggiori risorse per progetti climatici. Tuttavia, molti rappresentanti dei paesi in via di sviluppo ritengono che non dovrebbero contrarre debiti per risolvere problemi climatici causati principalmente dai paesi sviluppati.

Ripensare i finanziamenti climatici in modo equo e sostenibile

Gli analisti chiedono maggiore trasparenza e condizioni più favorevoli nei finanziamenti climatici. Rachel Kyte dell’Università di Oxford ha affermato che il sistema finanziario internazionale dovrebbe essere riformato per evitare di aggravare ulteriormente i debiti dei paesi vulnerabili. Inoltre, l’Accordo di Parigi richiede che i paesi sviluppati supportino il trasferimento tecnologico e il rafforzamento delle capacità nei paesi in via di sviluppo, obiettivi che sono spesso compromessi dai prestiti condizionali.

L’inchiesta di Reuters mette in luce una seria discrepanza tra gli impegni dichiarati dai paesi ricchi e le pratiche effettive di finanziamento del clima. Sembra quindi evidente un cambio di paradigma per garantire che i finanziamenti climatici siano davvero efficaci e giusti. Un’inversione che privilegi sovvenzioni senza condizioni e prestiti agevolati, promuovendo un reale sviluppo sostenibile anche nei paesi in via di sviluppo.

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