Nella serata di sabato 14 aprile l’Iran ha aperto le ostilità nei confronti di Israele. Stando a fonti interne all’esercito israeliano, circa trecento tra droni e missili balistici e da crociera sono stati lanciati dagli ayatollah verso lo Stato ebraico. Un bombardamento composito, realizzato appositamente per confondere le difese aeree di Tel Aviv. Per la quantità di razzi coinvolti in sincrono, si tratta di un attacco senza precedenti nella storia di Israele.
Il male viene dal cielo
I droni lanciati da Teheran hanno impiegato circa 7 ore a raggiungere le frontiere di Israele, i missili da crociera più o meno un’ora e i missili balistici poche decine di minuti. A causa della chiusura dello spazio aereo del Regno di Giordania, le Guardie rivoluzionarie hanno deciso di far transitare ordigni e razzi per la Siria, paese alleato dell’Iran. Dove erano diretti? Nelle prime ore di questa mattina si è scoperto che i bersagli scelti dagli ayatollah erano le basi militari nel Golan e nel Negev.
Israele ha saputo però difendersi. Il 99 per cento dei droni e dei missili lanciati è stato abbattuto prima di varcare i confini dello Stato ebraico, grazie al sistema antimissile “Iron Dome” e all’utilizzo di aerei da guerra israeliani, americani e francesi. Danni di piccola entità hanno interessato una base aerea nel sud di Israele. L’offensiva non ha peraltro recato danni cospicui alla popolazione. Nell’attacco di questa notte undici persone hanno riportato ferite lievi. In condizioni gravi, invece, una bambina beduina di dieci anni, vittima di una scheggia proveniente dall’esplosione di un drone.
Al termine della missione, la Guida suprema iraniana Ali Khamenei si è rivolto con un appello alle Nazioni Unite: «Per noi la questione è chiusa». Sponda Israele, invece, domenica mattina è in programma una riunione del gabinetto di guerra per pianificare o meno una risposta.
La festa nella capitale
Migliaia di persone a Teheran hanno accolto con giubilo la notizia del raid notturno su Israele. Diversi capannelli hanno affollato le vie del centro per festeggiare la rappresaglia ai danni dello Stato ebraico. Molti di loro si sono dati appuntamento in piazza Palestina. I cori “Morte a Israele” e “Morte all’America” sono risuonati nella capitale iraniana a poche ore dal bombardamento.
I media iraniani vicini alla Repubblica islamica hanno celebrato l’operazione Promessa Mantenuta come un grande successo. Nonostante il sistema di difesa israeliano abbia intercettato la quasi totalità dei proiettili inviati prima che questi potessero varcare la frontiera, i massimi comandanti militari hanno commentato positivamente l’esito dell’attacco.
In particolare, il capo di stato maggiore delle forze armate, Mohammad Bagheri, ha detto che l’operazione, eseguita come ritorsione in seguito al bombardamento aereo sul consolato iraniano a Damasco, «ha raggiunto gli obiettivi prestabiliti». All’entusiasmo del generale maggiore si è unito anche il comandante in capo della Guardia rivoluzionaria iraniana, Hossein Salami. Il pasdaran ha definito il raid «una vittoria oltre le aspettative».
Attorno alle 10 di domenica 14 aprile, Hamas ha omaggiato l’alleato islamico con un video su Telegram: «Consideriamo l’operazione militare dell’Iran contro l’occupante sionista come un diritto naturale e una risposta meritata al crimine di aver preso di mira il consolato iraniano a Damasco e di aver assassinato lì diversi leader delle Guardie Rivoluzionarie».